«Ci si adoperi, nel più breve tempo possibile, sia in ambito comunitario che in quello nazionale, per eliminare l’obbligo della procedura straordinaria di trattamento in acqua calda delle barbatelle.» È la richiesta del senatore Dario Stefàno in una interrogazione al Ministro delle politiche agricole, Maurizio Martina.
«Gli ulteriori studi – aggiunge il senatore salentino – confermano la non trasmissibilità della Xylella fastidiosa alla vitis vinifera. Occorre consentire di superare questo ulteriore, dispendioso e inutile aggravio nel processo produttivo. Dopo la decisione Ue del 2015 sulle misure per impedire l’introduzione e la diffusione della Xylella fastidiosa il settore del vivaismo viticolo salentino ha subito il severo e stringente blocco di qualsiasi attività. A settembre 2015 le risultanze scientifiche dei test di patogenicità condotti dal CNR di Bari riferivano della non trasmissibilità del patogeno alla vitis vinifera. L’UE ha conseguentemente rimosso il blocco al commercio delle barbatelle provenienti dalle zone colpite, ma, per il principio della precauzionalità, ha imposto il trattamento in acqua calda di tutto il materiale vivaistico salentino.
Un processo – sottolinea Stefàno – che vessa, sotto molteplici e gravi profili, l’attività degli operatori, costretti ad attivare ulteriori procedure straordinarie, dispendiose economicamente e che producono una dilatazione dei tempi di lavorazione delle piante. Lo scorso 29 marzo, l’EFSA ha pubblicato lo studio delle indagini condotte per suo conto dal Centro Nazionale delle Ricerche in base alle quali la causa dell’epidemia fitosanitaria che sta causando il disseccamento degli olivi salentini è attribuita al batterio della Xylella fastidiosa. Lo studio riporta che gli agrumi, la vite e il leccio non soccombono al ceppo pugliese del batterio. Gli esperimenti condotti su campo hanno dimostrato, infatti, che nessuna pianta di agrumi, vite o leccio è risultata positiva per X. Fastidiosa dopo esposizione alla sputacchina infetta. Analogamente le stesse piante non si sono infettate in modo sistemico né hanno sviluppato sintomi sospetti, se inoculate sperimentalmente.
Non c’è ragione scientifica quindi – conclude Stefàno – per proseguire con il trattamento in acqua calda. Ridiamo fiato al settore, colpito sin qui ingiustamente»