La Corte europea di giustizia ha confermato, con una sentenza emessa ieri a Lussemburgo, la legittimità delle misure drastiche ordinate dall’Ue per cercare di contenere la diffusione della Xylella, il batterio ritenuto responsabile del disseccamento degli ulivi, in Puglia.
Secondo la Corte, anche la rimozione delle piante sane ma potenziali ospiti della Xylella entro un raggio di centro metri attorno agli ulivi malati è giustificabile in applicazione dei principi di proporzionalità e di precauzione. Questa misura era stata chiesta, in particolare, dall’Ue per i focolai di infezione al di fuori della provincia di Lecce – dichiarata interamente “zona infetta” in cui l’eradicazione del batterio non è più possibile – e, inizialmente, anche in una fascia di venti chilometri della stessa provincia di Lecce a ridosso dei confini con le province di Brindisi e Taranto. Nell’ultima revisione delle misure decise dall’Ue per combattere la Xylella, tuttavia, la rimozione delle piante ospiti, anche non infette, nel raggio di centro metri attorno agli ulivi malati, è stata confermata solo per gli eventuali focolai all’esterno della provincia di Lecce.
La Corte Ue riconosce che i pareri scientifici non hanno finora dimostrato “un nesso causale sicuro” fra la presenza della Xylella e i sintomi della malattia del disseccamento rapido degli ulivi, ma, aggiunge, gli stessi pareri hanno comunque stabilito che esiste “una correlazione significativa”. “Quand’anche sussistano incertezze scientifiche”, il principio di precauzione giustifica le azioni intraprese”, prosegue la sentenza. Le misure in questione sono dunque, secondo i giudici comunitari, “appropriate e necessarie per evitare la diffusione” del batterio oltre che “rigorosamente proporzionate” all’obiettivo fitosanitario perseguito. La Corte sottolinea che “misure meno gravose” non erano possibili “perché non esiste alcun trattamento in campo aperto” efficace per guarire le piante malate. Tuttavia, i giudici comunitari evidenziano che “se la situazione dovesse evolvere nel senso che, sulla scorta di nuovi dati scientifici pertinenti, l’eradicazione del batterio non richiedesse più la rimozione di tutte le piante ospiti in prossimità delle piante infette, la Commissione dovrebbe modificare la propria decisione al fine di tenerne conto.
Infine la Corte nega che “il semplice fatto che né la direttiva Ue né la decisione della Commissione” sulla rimozione delle piante ospiti “prevedano un regime di indennizzo dei proprietari” obbligati ad abbattere gli ulivi infetti e le piante ospiti, non basta a invalidare le misure. “Una giusta indennità” potrebbe sempre essere decisa successivamente, anche in base alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, conclude la Corte.