Non sono un Santo. Io sono un Conte… La pietà non paga…Quando l’odio, la gelosia, la violenza avanza solo la vendetta ci potrà salvare? Certamente sì. Altrimenti non faremmo studiare Omero e Dante. Cosa è il tempo della pace e cosa sono i giorni della guerra? Gli uomini sono civiltà che cercano di capire i conflitto. In un tempo di guerra e di di guerre la letteratura non dimentica Omero, Ulisse, la vendetta, la ricerca della Patria. Un tema da sviluppare. Gli scrittori e la guerra. È un tema “affascinante” ma anche complesso e delicato.
Fu Omero a sancire un “protocollo” tra l’idea della guerra e la poesia nel mondo Occidentale. Omero fu il primo poeta che raccontò lo scontro tra l’Occidente e il mondo dell’Oriente, siglando l’idea del mito come superamento della storia. Non si tratta, comunque, della tanto decantata Odissea ma dell’Eliade. “L’Iliade rimarrebbe un capolavoro della letteratura, anche se la guerra di Troia non avesse mai avuto luogo”. Scrive Joachim Latacz in Omero Il primo poeta dell’Occidente (Laterza). Perché la letteratura non opera in un campo storico ma in un luogo della metafora che va oltre i riferimenti cronologici stessi. I paesaggi della memoria sono di più dei paesaggi della geografia.
La metafora del “canto di Troia” si intreccia nella ricerca di una letteratura che ha come modelli espressivi l’idea del viaggio e la decodificazione dei miti. Troia e Itaca restituiscono alla letteratura la rievocazione del perduto e il senso del ritorno. Ma rappresentano due approcci epocali. Due viaggi fondanti. Itaca guarda all’intreccio tra Oriente ed Occidente. Troia è tutta proiettata, con Enea, verso una latinità che disegna i confini dell’Occidente. Una costante allegoria quella omerica che pervade tutto un percorso letterario che ha trovato, nel corso dei secoli, diverse chiavi di lettura e affermazioni interpretative. Certo, elogio alla guerra quando la pace ci rende inutili, miseri, mediocri. Io sono con Montecristo.
Omero è il mito e il mito si legge soprattutto come racconto. Un racconto che va al di là della rappresentazione del reale perché trova la sua identità attraverso la memoria e la ridefinizione del sogno. Memoria e civiltà si integrano nel rapporto tempo – mito. Un legame che si recupera, costantemente, in una tensione che è, soprattutto, lirica in una visione di attesa esistenziale.
Il romanzo di Colleen Mccullough dal titolo: Il canto di Troia (Rizzoli) è una narrazione che deposita nella poesia della memoria il labirinto della storia e fa assurgere a mito i personaggi del simbolo del viaggio. Ma sia Troia che Itaca sono gli archetipi dentro i quali il viaggio si fa attesa. Archetipi che si rincorrono non come luoghi fittizi ma come spazi dentro i luoghi dell’essere.
Troia è la metafora della fuga e Itaca è la metafora del porto lontano che bisogna raggiungere. Soltanto nella poesia è possibile recuperarli alla memoria. E quindi è possibile restituirli alla nostalgia dentro il tempo che muta. Omero immette nella vita quei miti che costituiscono una eredità fondamentale non solo nella cultura del Mediterraneo ma fanno del Mediterraneo la sede di una griglia simbolica che unisce essere e destino. Anche in letteratura il Mediterraneo, come direbbe Matvjec, è destino.
La letteratura coglie tutti questi elementi e fa di questi elementi dei desideri inespressi ma dichiaratamente presenti lungo il corso del tempo. La letteratura, d’altronde, è tempo ed essendo tempo diventa un processo di decifrazione di identità. Accoglie e si raccoglie nelle identità sommerse che ci vivono nella coscienza. L’Iliade è, dunque, non più o non solo un luogo della storia ma è sempre un luogo della fantasia che significa essere un luogo della memoria che crea o della creazione nel gioco infinito delle memorie possedute dal tempo. Letteratura e tempo non sono due “emisferi” separati. Ma interagiscono e si integrano.
In questo gioco infinito affiora, costantemente, l’immaginazione che si regge, appunto, sul simbolo – mito e sulla fantasia – leggenda che costituiscono i capisaldi di una letteratura in cui la definizione del viaggio è tutto un vissuto interiore. Si viaggia nella consapevolezza di viaggiare dentro le isole della memoria.
Omero, dunque, è il poeta del viaggio ma è anche il poeta che sa uscire dalla storia e definirsi nella fantasia. Accanto alla fantasia che si cerca nella leggenda e nella favola si rintracciano i percorsi di un mistero che “agisce” nella consapevolezza che si è tutti dentro il mistero. Il mistero è la premessa di una poesia rivelatrice. Forse invasiva ma peculiare anche nel tempo che viviamo.
Scrive ancora Latacz: “Omero è il primo poeta dell’Occidente, la cui opera ci sia arrivata almeno in parte. (…) è… il primo autore del nostro mondo culturale ad aver creato la sua opera (o almeno grandi parti di essa) usando la scrittura. Prima di Omero le opere poetiche dei Greci –sia epiche che liriche- sono state concepite per circa quattro secoli solo in forma orale”.
Nella letteratura contemporanea tutto ciò, sia in termini puramente letterari che metaforici, lo si avverte attraverso una interazione tra la simbolicità delle espressioni, il dato tematico e la struttura dei personaggi. E’ soprattutto in poesia che l’omericismo ha una sua grande presenza e, chiaramente, una sua sicura accoglienza. Omero resta un riferimento certo grazie al quale si delineano i passi dell’avventura in un’epoca che, pur restando sempre presente a se stessa, ha incamerato la nostalgia del passato.
I temi omerici si trasformano nei miti attraversati dalla parola e dai sentimenti oltre che dai segni indelebili della memoria. Il canto di Troia, dunque, è il messaggio che si raccoglie tra le pieghe di un sentire che, come si diceva, non è storico soltanto ma profondamente allegorico. I tre concetti: metafora, allegoria e simbolo sono un unico cordone che si lega al cerchio della letteratura.
Non può che essere definita letteratura del viaggio quella che ha come riferimento i miti. Quei miti che, scrive Latacz, “ – siano essi in prosa o in versi – per il fatto che non sono narrati con lo scopo di imprimere nella coscienza dell’umanità certi eventi fondamentali come tappe della ‘storia universale’, bensì con l’intenzione di trasmetterli alle generazioni future quali esempi di fede e prove eccezionali (non senza intendi pedagogici), sono aperti in larga misura a rielaborazioni e trasformazioni”.
Metafora, allegoria e simbolo sono le coordinate, appunto, della letteratura. Senza di essi quella che si disegnerà, nella dimensione del ritorno, come letteratura del viaggio trova la sua esplicazione in un gioco di fissazioni di immagini che diventano folgorazioni. Se non ci fosse la folgorazione non avremmo la capacità di ri – pensarci. Ri – pensare al viaggio è anche ricostruire la partenza in attesa del ritorno. In fondo la letteratura è un attraversamento di partenze e di ritorni.
Questa letteratura è sempre attendibile perché porta dentro di sé la lezione che ha catturato sulla strada di Damasco l’avventura dei personaggi e l’avventura della parola. Un disegno mitico da una parte e profetico dall’altro. Ma il sacro e il mito sono un incontro che si autodefinisce sulla pagine dei sentimenti.
La letteratura contemporanea si porta tra le pagine l’eco del canto di Omero. Il Novecento non è soltanto il tempo della crisi è, tra l’altro, il secolo della memoria della solitudine nonostante tutto. E la letteratura incarna questa tendenza e fa di questa tendenza un groviglio di eredità. L’eredità letteraria di una civiltà è dentro la tensione del Novecento. Una tensione non solo culturale ma anche storica.
Omero restando nel Novecento ha focalizzato una cultura Occidentale che è depositata all’interno dei diversi dettati letterari contemporanei. Indubbiamente senza Omero l’occidente poetico avrebbe avuto altri parametri. Comunque Omero, uno scrittore (o un poeta come è meglio opportuno definirlo), resta il primo autore dell’Occidente che aveva capito il dramma del Mediterraneo in quella bellezza tragica che ha caratterizzato i suoi personaggi. Personaggi che restano nella nostra contemporaneità e la metafora li rende più attuali che mai. La guerra. Elogio alla guerra? No, elogio a comprendere le guerre. La letteratura ci insegna. La vendetta di Omero, gli dei, di Dante, del Conte di Montecristo.