Nel giro di pochi anni la vita di bambini e adolescenti ha subito drastici cambiamenti.
Chi oggi ha superato i cinquanta anni ricorderà di aver trascorso la maggior parte del suo tempo libero giocando per strada con amici e coetanei, impiegando pochi e semplici oggetti come una palla, una bicicletta, biglie o figurine illustrate. Ben diversa la realtà dei loro nipoti, che spendono la maggior parte del loro tempo libero da soli, in casa, di fronte ad un videogioco. Molti sono i motivi di questo drastico cambiamento, e non è certo questa la sede per affrontare una disanima sociale della questione, ma questa constatazione può essere un utile punto di partenza per spendere alcune riflessioni sugli effetti di questa realtà, pur consci dei rischi che una simile generalizzazione comporta.
Nella formazione fisica ed intellettuale di un bambino hanno una parte fondamentale famiglia, scuola e tempo libero; a seconda dell’età e di altre condizioni questi tre attori intervengono in percentuali variabili, ma sono (o dovrebbero essere) tutti e tre presenti, cosa che oggi non sempre accade. La famiglia si trova a vivere un cambiamento epocale; al nucleo allargato che non di rado vedeva vivere insieme due o più generazioni oggi di contrappone una famiglia atomizzata, dove non di rado il bambino vive anche solo con uno dei genitori, che spesso lavora fuori casa. Molti dei compiti svolti un tempo dalla famiglia (nella accezione più ampia del termine) sono stati quindi ribaltati sulla scuola, che però – già messa in crisi da una serie di fattori – non ha potuto (o voluto) farsi carico di questo surplus di incombenze. Altrettanto latitante appare oggi il tempo libero; se negli decenni scorsi buona parte della “educazione sociale” del bambino avveniva tramite istituzioni come oratori o colonie, piuttosto che nei giochi di gruppo in cui vigevano regole e gerarchie ben precise, oggi il sempre più marcato isolamento in una realtà virtuale priva i bambini di questo fondamentale strumento educativo. Anche quando il bambino si trovi a frequentare corsi di formazione extra-scolastica (sport, lingue straniere, danza, musica, ecc.) troppo spesso a prevalere è il fattore competitivo; il bambino non vive il piacere di fare qualcosa di divertente insieme agli altri quanto piuttosto lo stress di dover essere migliore degli altri.
I risultati sono sotto gli occhi di tutti: bambini e ragazzi sempre più indisciplinati, aumento della percentuale di soggetti con sintomi di deficit dell’attenzione ed iperattività, crescita esponenziale di episodi di bullismo, fenomeni di autolesionismo anche grave, progressivo abbassamento dell’età media in cui si hanno rapporti sessuali o esperienze di uso ed abuso di sostanze alcoliche e stupefacenti. A quanto sopra aggiungiamo il notevole aumento della percentuale di bambini e adolescenti in sovrappeso a causa di una alimentazione troppo ricca unita ad una sempre più ridotta attività fisica sia nel tempo libero che nelle materie scolastiche, tanto che una recente ricerca ha rivelato che due bambini su tre sono oramai incapaci di eseguire anche una semplice capriola. Pur nella consapevolezza di fare di ogni erba un fascio e con l’attenzione dovuta al fatto che non sempre la realtà percepita o trasmessa dai media di informazione è quella effettiva, non possiamo non guardare con un minimo di preoccupazione al futuro della generazione nata nel secondo millennio.
Per contrastare queste situazioni può essere di notevole aiuto la pratica delle discipline interne di origine cinese come il Tai Chi Chuan, il Ba Gua Zhang ed il Qi Gong. Diverse ricerche hanno dimostrato che una pratica costante di queste attività apporta dopo breve tempo notevoli benefici, sia dal punto di vista fisico che intellettuale. In particolare è stato riscontrato un significativo miglioramento della capacità di concentrazione e del rispetto delle regole e della disciplina, soprattutto nei ragazzi in età scolare. E’ il caso di rimarcare che nella pratica di queste discipline si deve tenere sempre conto delle peculiarità della classe a cui ci si rivolge; così come è inopportuno sottoporre dei praticanti anziani a sforzi fisici troppo impegnativi per le loro capacità fisiche, altrettanto controproducente sarebbe considerare bambini e ragazzi alla stregua di “adulti in miniatura”; bisogna invece sempre considerare tanto le loro caratteristiche peculiari, impostare quindi la pratica evidenziando l’aspetto ludico senza trascurare però il rispetto dei ruoli, delle regole e della gerarchia, stimolare la loro fantasia ed immaginazione, magari raccontando loro storie e leggende che prendano spunto dai nomi delle tecniche che si vanno ad eseguire, non pretendere da loro la precisione dei movimenti per evitare di “sovraccaricarli” di aspettative, non lesinare complimenti ed incoraggiamenti cercando di mantenere sempre viva la loro attenzione.
Anche la pratica di discipline come in Sanda o il Sanshou che prevedono il contatto fisico e la competizione deve essere condotta con attenzione; piuttosto che esaltare il conflitto e la competizione esasperata va favorita la collaborazione, il sano confronto e l’aspetto ludico e divertente che comporta questo tipo di pratica, mantenendo sempre alta l’attenzione per evitare incidenti ed infortuni. Come abbiamo detto in precedenza, in questo tipo di pratica va esaltato più il “fare con” che il “fare contro”, il partner di lotta non deve essere visto come un nemico da abbattere ma piuttosto come un compagno con cui migliorare assieme.
I bambini sono un pubblico esigente, non fanno sconti, non mentono ipocritamente per farci piacere, non fingono interesse per qualcosa che li annoia. Questo rende una classe di bambini più impegnativa di una classe di adulti ma – allo stesso tempo – fornisce feedback e riscontri immediati e veritieri, che possono essere per l’insegnante fonte di grande soddisfazione.