«È davvero vergognoso come una comunità “civile”, che dir si voglia, sia sempre pronta a strumentalizzare ormai anche le “divinità”, oltre che ai consueti morti; oltretutto, in modo assolutamente precoce rispetto a tranquille procedure comunicative e democratiche. » Lo scrive Valerio Manisi commentando le polemiche suscitate dalla rimozione del crocifisso a seguito della pitturazione delle pareti della sala consiliare del Comune di Grottaglie.
«Sinceramente – prosegue Manisi – spaventa non poco la reazione di personaggi politici e non (i “non” soprattutto perché sono quelli che fanno più paura, a differenza di “politicanti” che la “critica a tutti i costi” la attuano per evitare di affrontare argomenti seri) in merito all’apparente “destituzione”, chiamiamola così, dell’enorme e assolutamente antiestetico, oltre che sinsemàntico, Crocefisso, che per circa sessant’anni (quindi anche in barba a tutte le sentenze di Cassazione e Corte Costituzionale che debellano definitivamente anche il minimo odore di “Religione di Stato”) ha troneggiato, come il più severo pantocratore, sulla testa di svariati presidenti di consiglio; questi, bisogna ricordare, sono sempre stati (si spera) in piena esecuzione della loro carica, quindi nell’atto di coordinare migliaia di consigli comunali garantendo uguaglianza e laicità. Quando è approvato qualsiasi ordine del giorno non è uso praticare, prima della votazione, un’Ave Maria collettiva. Questo perché la sala consiliare non ne è luogo atto; i Patti Lateranensi, oltretutto, sono decaduti da decenni.
Togliere il Crocefisso dall’aula consiliare (se davvero così fosse, in modo definitivo, si spera!) è, senza troppi giri di parole, un grande e potente segno di coraggio! Indubbiamente! Una forma di rispetto per tutta la civiltà e per tutti i cittadini di religione diversa a quella cattolica; oltre che un atto di obbliga coerenza nei confronti della Costituzione Italiana. Imporre invece un simbolo di dottrina cristiana, in un luogo laico come l’istituzione, con minacce, termini maiuscoli, e imposizioni d’ispirazione quasi nazifascista (“VOGLIO”, “DEVE ESSERE”, “BISOGNA”, “PRETENDIAMO” ecc ecc) spaventa molto molto di più. In questa fase siamo all’estremismo totale; siamo a ciò che accade nei luoghi in cui vige la religione di stato, dove il fondamentalismo sta rastrellando la comunità civile che non gode, ad esempio, del nostro principio costituzionale fissato nell’articolo 3.
Quando un dogma religioso diventa imposizione, manifestandosi in piazza (un esempio a caso) come posizione popolare in contrasto con la garanzia di uguaglianza che preserva in primis la Costituzionale, diventa estremismo.
Il luogo di culto e di assoluta e legittima contestualità per un Crocefisso di grandi dimensioni, ingombro e peso, è tutt’altro che una sala consiliare. È giunta l’ora che di questo i cittadini che rispettano la legge se ne facciano una ragione, che se ne dia contezza, e si inizi ad avere rispetto di un Mondo e di un’Italia che è radicalmente cambiata ed etnicamente rimescolata.
Ci sono le chiese, ci sono i monasteri, le case stesse dei privati che possono affiggere alle pareti quel che vogliono; come in tutti i luoghi (sempre privati) atti e concepiti per qualsiasi dottrina; così facendo: a chi verrebbe in mente di scendere in piazza e protestare? O di rompere le scatole per il proprio credo?
Un’amministrazione comunale onesta e rispettosa di ogni cittadino – aggiunge Valerio Manisi, deve garantire qualsiasi attività e rito civile in zone totalmente asettiche da imposizioni religiose di ogni genere; e i religiosi, da parte loro, si sentano invece in dovere di polemizzare e discutere sui propri panni sporchi (il recente caso “Radio Maria” ne è un esempio); perché la questione “crocefisso in sala consiliare” non li riguarda. Oltretutto, anche la polemica che giustificherebbe la presenza del Crocefisso formulata sul pretesto che “i cittadini cattolici hanno votato l’amministrazione in esercizio” rappresenta una preoccupante manifestazione d’ignoranza e di totale disinformazione legislativa: i politici si candidano per governare secondo i principi della legge italiana e della Costituzione, non secondo le regole incise sulle tavole di Mosè.
Se una comunità deve evitare finalmente l’EcoTassa, è la politica, in base alle leggi in vigore, che mette in atto e rende possibile la raccolta differenziata porta a porta, spinta e sanzionando gl’incivili che lasciano la spazzatura per strada … non i miracoli di un Crocefisso in terra cotta.
L’istituzione deve garantire il corretto andamento della macchina amministrativa, non privilegiare le scelte di un regolare cittadino cristiano a differenza di un regolare cittadino dal credo mussulmano.
In fine: è logico che l’Istituzione, così come reciprocamente i cittadini, devono rispettare e tutelare i diritti di coloro che credono indistintamente in una qualsiasi religione; così come il rispetto di una tradizione antica artigianale, che in alcuni casi si occupa di riproporre immagini sacre; ma il tutto sempre e comunque al di fuori dei luoghi d’istituzione, nel rispetto di ogni cittadino. L’individuale religione vale solo in casa propria.
Il crocefisso va tolto dalle sale consiliari. Ogni simbolo religioso va tolto. L’istituzione è di tutti. Il loro posto è nei luoghi di culto, così da essere venerati e ammirati, o nei musei nel caso in cui si tratti di pregiati manufatti.
Concludendo: il polverone sollevato è stato totalmente inutile, personalistico e irrispettoso. Se la questione sarà risolta con la re-installazione (possibilmente in altro luogo, non nel mezzo) del Crocefisso in sala consiliare, non sarà una vittoria cittadina! Sarà solo l’ennesimo e ceco passo indietro a disprezzo di regolari e onesti cittadini di altra religione.
Si creda quel che si voglia – conclude Valerio Manisi, ma quell’abnorme segnale religioso nella sala consigliare, se proprio qualcuno ci vuole credere, miracoli non ne ha mai fatti. Basta guardarsi intorno.»