Siamo costantemente tampinati dalla “illusione della conoscenza” che diventa inesorabilmente apparenza. I moduli della cultura del presente non hanno una filosofia dell’apprendimento duraturo, ma attraente. Anche la scuola usa elementi di attrazione immediata. Un dato positivo che diventa, però, completamente negativo, assurdo, im – pensabile.
Il tempo nel quale viviamo è tuffato energicamente nelle apparenze, ma anche nella facilità del pensare, spendibile nella leggerezza. Credo, che ci siano responsabilità che nascono nel momento in cui si è barattato il concetto di identità e di eredità con quello di contaminazione e di civiltà aperte.
I due poli restano sempre quelli che hanno caratterizzato le culture dei popoli nelle epoche in cui le civiltà stesse, si manifestavano con una loro appropriata antropologia della tradizione. Oggi, la tradizione è diventata “sospetto”. Così nei processi politici. Così nei processi che si individuano come mosaici culturali. Così nel pianeta scuola. I mosaici culturali sono formati da pezzetti di identità che sono nati all’interno del concetto di “possesso”.
L’eredità è un possesso. Risale al concetto di possesso il “valore” della tradizione stessa. Abbiamo ormai de – localizzato, sul piano spirituale e filosofico, il possesso di una eredità. Come se ognuno di noi avesse dimenticato di chi è figlio o peggio, come se sradicasse dalla propria anima quella appartenenza, che lo ha reso ciò che è. Perché ciò che è lo deve alla sua eredità.
La dominazione dell’idea di “innovare” ha molestato il concetto – pensiero di appartenenza. La propria appartenenza si abita. Nella propria appartenenza non si è passeggeri o meglio non si è in affitto. Non si affitta e non si cede.
Si può disconoscere? Certo. Ed è qui l’illusione. Disconoscendola non si ha più la conoscenza dell’essere se stesso. Tutto ciò ha portato ad un “meticciato” di culture, senza mantenere fermo il pensiero di possesso di un proprio viaggio esistenziale innato. Perché la storia non è di chi la scrive, ma di chi la vive.
Il discorso è abbastanza complesso. Si pone un problema ancestrale. Esistono idee pre incipit? Esiste la eredità che è conoscenza inconsapevole. Le culture si perdono. Le civiltà si smarriscono. I popoli muoiono. Ma le eredità restano a sigillare il proprio essere. Non possiamo smantellare una appartenenza per volontà politica o per distrazioni ideologiche o per sfide teologiche che provengono da pianificazioni di poteri.
Questi aspetti sono diramazioni proprio della conoscenza come illusione. Se ormai siamo entrati nella illusione della conoscenza è anche vero che stiamo ottenendo il risultato della conoscenza delle illusioni. Non basta e non serve districarsi nella nostalgia. La nostalgia è diventata il codice emigrante di una filosofia della rappresentazione attrattiva del fragile.
Bisogna avere il coraggio e la forza della coerenza di non slegare la profondità dei linguaggi ontologici dalla parola pensante. Non si pensa più. Si agisce per una azione illuministica, in cui la ragione è il vantaggio, appunto, della illusione.
Sono stati creati dei percorsi in cui non è necessario sapere, ma è urgente illudersi di conoscere. Tale illusione è stata praticata da una educazione pragmatica in cui la leggerezza ha preso il sopravvento sulla pesantezza. Il risultato è quello di aver creato un popolo di ignoranti con il relativismo della supponenza.
In un tempo ignoto sradicati e persi nelle distanze della cultura!
È un metodo che ha distrutto il senso della eredità, della appartenenza e della tradizione. Ovvero la Bellezza della Saggezza. In cambio della mutevolezza delle radici. Una adozione pedagogica non tragica, ma mummificante. Questo pessimo radicalismo è frutto di un razionalismo della ignoranza filosofica.
Scriveva Antoni Garcia: “Quando una civiltà svende la propria cultura è una civiltà corrotta e le generazioni sono corruttibili. Svendere una cultura significa suicidarsi lentamente senza il sapere che il suicidio porta alla morte”.
Ogni epoca può avere la sua illusione. Qui si muore, ma si ha l’illusione di morire senza averne la consapevolezza.