«Il nostro è un appello che suona come un vero e proprio allarme: infrastrutture al collasso, manutenzioni assenti, opere incompiute, cantieri che non partono. Il ritratto fosco di un Paese intero ormai in codice rosso su tutto il fronte dei lavori pubblici» Così Paolo Campagna, presidente di ANCE Taranto, che commenta l’azione che l’Associazione Nazionale Costruttori Edili nazionale ha voluto mettere in atto ponendo all’attenzione dell’opinione pubblica il problema collegato all’immobilismo nel settore dei lavori pubblici e l’inadeguatezza del nuovo Codice degli Appalti.
«Il nuovo Codice dei Contratti Pubblici, di cui al D.lgs. n. 50/2016 – spiega la nota dell’ANCE, si è posto l’obiettivo di definire un quadro normativo europeo che garantisse a tutti gli attori del mercato – stazioni appaltanti, progettisti, imprese – un sistema di regole chiare ed efficaci, in chiave di crescita del Paese e di rilancio degli investimenti.
La riforma, pur nella piena condivisione dei principi che l’hanno ispirata, è a distanza di due anni ancora lontana dal suo definitivo completamento e, nonostante gli interventi correttivi, l’originaria promessa di innovare e qualificare il settore degli appalti si può dire sia fallita. Sono i numeri a dircelo impietosamente.
Dal 2005 al 2016 gli investimenti sono calati dell 55%. Nei Comuni, a fronte di una spesa corrente cresciuta del 9%, quella per infrastrutture si è ridotta del 47%.
Gli occupati, dal 2008 al 2016, sono diminuiti del 41% e le ore lavorate si sono pressoché dimezzate con un – 49%.
Ad aggravare la situazione, vi è poi l’allungamento dei tempi di spesa con il proliferare di passaggi procedurali a rendere ormai sempre più ampio il passaggio dallo stanziamento al cantiere, come dimostra il fallimento dei diversi programmi di infrastrutturazione e messa in sicurezza del territorio varati negli ultimi anni. Le risorse ci sono ma rimangono sui conto correnti dello Stato, che a fronte di una burocrazia asfissiante blocca opere indispensabili come strade, ponti, reti ferroviari, edifici, spazi verdi e scuole. Le imprese dell’ANCE quindi suonano la sveglia e chiedono un atto di volontà che non è solo l’impegno a rimettere in piedi un settore che negli ultimi 10 anni ha subito una forte contrazione, ma anche un atto di responsabilità verso territori e città ormai in preda all’abbandono. I segni della crisi sono dunque non solo nel segno meno di fatturato e occupazione, ma anche in uno Stato che non riesce a rispondere alla domanda di pubblico e di sicurezza.
Mi domando come possa a volte anche una amministrazione pubblica aggirare certe strettoie burocratiche che dissuadono dal tentativo di rimettersi in marcia sul fronte degli investimenti infrastrutturali – dice Campagna – quando per costruire una scuola o riparare l’alveo di un fiume esistono norme incomprensibili che di fatto bloccano le opere ma non l’illegalità degli affidanti in condizioni di emergenza. L’ANCE chiede, dunque, che si rimetta mano alle regole, attraverso una complessiva quanto salutare opera di revisione nel segno di una legislazione dei lavori pubblici che sappia concretamente rispondere ai bisogni ed alle aspettative del Paese. Lo si deve alla comunità, ma anche a tutte quelle aziende sane che rispettano norme, contratti e muovono la loro azione all’interno della rigida condizione di legalità – afferma ancora il presidente dell’ANCE di Taranto – ecco perché la riforma della normativa sugli appalti non è solo una urgente necessità del settore ma è prerogativa di giustizia e trasparenza a cui come imprenditori del settore intendiamo concorrere.
L’ANCE nell’appello che sta circolando in questi giorni e inviato all’attenzione dei massimi livelli istituzionali nazionali, regionali e locali, chiede dunque di rimettere mano al Codice degli appalti a partire dalla definizione di un decreto legge che consenta alle amministrazioni di far partire i lavori, in attesa di una ulteriore riforma dotata di un regolamento attuativo che restituisca anche certezza del diritto.»