Uva da tavola egiziana a prezzi stracciati sugli scaffali europei, con l’intermediazione dell’Olanda, nel pieno della raccolta tricolore. E’ l’allarme lanciato da Cia-Agricoltori Italiani per il mercato dei nostri grappoli, favorito dagli accordi Ue-Egitto che agevolano l’ingresso nel continente di uve dal Nord Africa.
Successivamente, sono le piattaforme distributive olandesi a immetterla nel mercato a metà prezzo rispetto alle uve italiane, creando concorrenza “sleale” al nostro prodotto. I prezzi delle uve egiziane sono, infatti, influenzati dal costo bassissimo della manodopera e mettono in grave difficoltà la filiera italiana, che ha oneri molto più elevati per l’incidenza del fattore lavoro e anche delle nuove operazioni messe in campo con le regole sanitarie post Covid-19, ma offre tutte le garanzie in termini di qualità (ampia varietà di vitigni storici), salubrità e sicurezza fitosanitaria.
Il problema è molto sentito dai produttori nazionali perché la filiera delle uve da tavola (le superfici vitate sono 46 mila ettari concentrati in Puglia e Sicilia) ha da sempre una forte vocazione all’export, soprattutto in ambito Ue. Nel complesso, i Paesi Bassi sono protagonisti assoluti nella movimentazione di uva a provenienza extra-Ue e insieme al Regno Unito nel 2019 hanno importato il 70% del prodotto egiziano in Europa, intercettando anche il 65% di quello proveniente dal Perù e la metà dell’uva cilena.
A preoccupare non è solo la concorrenza crescente di Paesi che arrivano sul mercato con un prodotto fortemente competitivo in termini di prezzo, ma anche la riduzione della capacità di spesa per l’ortofrutta, a seguito della crisi economica da Covid-19. Il rischio, ora, è che la distribuzione dia spazio sugli scaffali alle uve straniere a prezzi stracciati a scapito di quella nazionali.
Cia ritiene, pertanto, necessaria un’attenta revisione di questi datati accordi bilaterali, per meglio tutelare i produttori mediterranei. Al contempo, l’organizzazione chiede un importante sostegno istituzionale alla promozione dell’uva italiana e aperture verso nuovi mercati, come quello della Cina e degli altri Paesi orientali.