Durante la vigilia dell’ Epifania bisogna mancià nove cose ca sci no si more curnute. Da dove derivi questa usanza francamente non è molto chiaro in quanto le spiegazioni sono tantissime con motivazioni di carattere filosofico, storico e religioso. La cosa certa è che a Grottaglie, come in molti altri paesi del meridione, durante la vigilia dell’ Epifania è tassativo mangiare nove alimenti altrimenti si rischia di morire con un tradimento in atto da parte del partner sia esso marito, moglie, compagno o compagna. La cosa sembrerebbe alquanto semplice in quanto per essere tranquilli bisognerebbe mangiare nove cose scongiurando definitivamente il rischio del tradimento. Mangiamo nove cose il giorno della vigilia della Befana e possiamo dormire sogni tranquilli: il nostro partner non ci tradirà mai. Il nodo della questione però sta proprio nel come dobbiamo valutare le nove cose da mangiare. La nostra società, si sa, è formata da gente economicamente molto eterogenea. Nelle case dei meno facoltosi, soprattutto nel periodo post-bellico, quando si faceva letteralmente la fame, si cercava di arrivare in un modo o nell’ altro a nove cose scomponendo il più possibile gli alimenti e purtroppo, spesso, senza neanche riuscirci. Infatti si contavano: la muddica ti lu pane, la scorza ti lu pane, l’ acqua, lu sale, l’ uegghiu, lu furmaggiu, ecc. Cioè si scomponevano le cose da mangiare in tutti gli elementi che le componevano. Un piatto di pasta asciutta non valeva come una cosa singola ma considerando il sugo di pomodoro, il formaggio, l’olio, le penne, la cipolla, i capperi, il sale e l’ acqua che lo costituiscono si poteva già arrivare a quota otto: bastava scioncere nu bicchiere ti miero ed il gioco era fatto.
Mangiando un bel brodo vegetale si poteva rapidamente risolvere la questione. Nelle case dei più facoltosi invece bisognava mangiare nove cose di mare. Anche in questo caso la cosa non era molto semplice per l’ impossibilità più che per il costo di reperire nove tipi di specialità di mare proprio il 5 gennaio. A seguire vi racconterò tre aneddoti che hanno a che fare con questa tradizione. Un giorno vennero a casa due coniugi anziani, amici di famiglia, proprio il giorno della vigilia dell’ Epifania. Da giovane pare che la moglie avesse avuto qualche scappatella extra-coniugale all’ insaputa del marito. Si parlava del più e del meno ed io accennai al fatto che durante la vigilia dell’ Epifania era consigliabile mangiare nove cose. Il marito disse che io mi sbagliavo in quanto le cose da magiare non erano nove bensì sette e così la moglie mi guardò con un sorriso di chi la sapeva lunga dicendomi:”Beh lui ha sempre creduto che fosse così. Ce ma ffa!”, quasi rivendicando una giustificazione per i suoi tradimenti giovanili. Un caso molto curioso invece riguardava un mio prozio, Ziu Mmeno, il quale non si era mai voluto sposare rifiutando numerose proposte di matrimonio. Nonostante fosse ormai anziano e celibe (pagava al governo la famosa tassa al celibato) durante la vigilia della Befana contava meticolosamente nove cose altrimenti a suo dire sarebbe morto cornuto. Molto bella fu anche una risposta di un mio caro amico durante una vigilia dell’ Epifania al Santa Sofia a Grottaglie. Questo ragazzo era single e mentre stuzzicavamo qualcosa gli dissi scherzosamente che avrebbe dovuto mangiare nove cose altrimenti sarebbe morto cornuto. Mi guardò e disse:”Era bbuenu ci murea curnuto, armeno significava ca tinea la zita!”. Un altro interrogativo rimasto ancora irrisolto riguarda il fatto se sia lecito o meno mangiare più di nove cose.
Spesso nel conteggio finale della cena i commensali cominciano a contare:” Allora, io m’agghiu manciatu: la pasta, l’ insalata , la carne, la nucedda, lu manderino,…avoghia, agghiu manciatu chiù ti nove cose. Sto bbuenu!”. Non so se non faccia differenza mangiare più di nove cose rispetto a mangiarne nove. E se si morisse cornuti ugualmente? Beh vi lascio con questo amletico ed inquietante interrogativo.