«Sono lontani i tempi in cui la politica locale ricattava i propri cittadini pur di ottenere il risultato sperato attraverso terrorismo psicologico di bassa lega “o muori per fame o muori per malattia”, un terrorismo che ha portato alla distruzione radicale, programmata e sistematica della città di Taranto e della sua provincia.» Lo afferma un comunicato del Movimento “Stop Tempa Rossa”, che prosegue: «Quei tempi sono finiti, oggi i cittadini di Taranto vogliono essere protagonisti del proprio destino.
Nonostante questo dobbiamo, purtroppo rilevare, che qualche politico, nello specifico Pietro Lospinuso, rimasto ormai isolato anche dal suo stesso partito, si agita alla ricerca di considerazione e di approvazione da parte di quelle caste, anche portuali, che fino ad ora hanno operato quasi in regime monopolistico e che non esiteranno a sostenere il progetto ‘Tempa Rossa’ in difesa del proprio orticello a discapito di una intera cittadinanza che include anche le migliaia di giovani disoccupati che attendono finalmente una svolta, un’opportunità.
Il porto – scrive ancora il Movimento “Stop Tempa Rossa” – vive una crisi che viene da lontano ed è legata all’affidamento quasi esclusivo ad Ilva, Eni e Cementir della quasi totalità delle banchine. Ricordiamo che nel febbraio 2014 l’amministratore delegato di Eni (piano strategico 2014-2017) annunciava una progressiva riduzione della capacità di raffinazione di molti stabilimenti in Italia, lasciando intenderne la prossima chiusura, decisione maturata da motivi finanziari di Eni e degli azionisti, non certo per una qualche influenza da parte delle associazioni tarantine.
Non è colpa di questo movimento se l’attività delle agenzie marittime del porto di Taranto è ormai da anni in mano a società di Savona, Venezia, Crotone e Gallipoli che subappaltano a piccole agenzie, nemmeno tutte tarantine, l’assistenza e i rifornimenti alle navi, lasciando nulla al resto del porto.
I lavori di dragaggio al molo polisettoriale vivono intoppi burocratici legati a ricorsi e controricorsi delle ditte appaltatrici baresi e i lavori di costruzione della piastra logistica vedono protagoniste aziende non tarantine. Potremmo citare le vertenze Vestas, Miroglio e Marcegalia fino a quelle più sconosciute.
I responsabili del fallimento di questo sistema economico che produce morte e malattia (specie in età infantile, come di recente certificato dallo studio Sentieri) e disoccupazione sono politici e sindacati.
Per queste ragioni – prosegue il comunicato – il progetto Tempa Rossa non deve essere realizzato e siamo determinati a proseguire per la strada del cambiamento che sembra essere condiviso dalla quasi totalità delle associazioni tarantine, dai cittadini, e da confederazioni tarantine quali Confcommercio e Confartigianato, al contrario di Confindustria che vede come unica industria possibile per Taranto solo quella che ha portato all’attuale disastro ambientale, sanitario ed economico.
Il Movimento Stop Tempa Rossa vuole che vengano raggiunti obiettivi precisi: il porto e i suoi sporgenti devono essere restituiti ai tarantini, scalo di diportisti e crocieristi; le isole di San Pietro e San Paolo, utilizzate fino ad oggi a scopi militari, così come tutte le aree nobili costiere attualmente occupate (con particolare riferimento a quelle del Mar Piccolo), devono essere restituite alla fruizione commerciale e turistica della città, le concessioni ridiscusse. Dovranno inoltre tornare alla città le aree necessarie alla realizzazione della piastra intermodale nella quale convergere le bretelle viarie delle quattro infrastrutture legate alla mobilità.
Del resto – conclude il Movimento “Stop Tempa Rossa” – lo dice anche il nuovo piano regolatore portuale: il porto deve privilegiare attività in grado di dare benessere comune, attività fondate su artigianato, commercio e turismo. Solo così il porto di Taranto diventerebbe il più importante del Mediterraneo.»