Di Biblioteca e di Teatro è necessario discutere per una valorizzazione innovativa sul piano delle culture comparate in una città come Taranto.
Poli che attraggono e che sottolineano, in una città, la vera capacità di realizzare un percorso tra cultura e territorio. Discussioni articolate per un “rinascimento” all’insegna della vera progettualità. Quando abbiamo messo in piedi il Progetto del Magna Grecia Festival, (teatro, spettacolo e letterature antiche e moderne) anni in cui ero assessore e vice presidente della Provincia di Taranto (1995 – 1999) ho preteso di visionare non solo il curriculum ma il piano progettuale delle proposte teatrali dell’allora direttore, al quale è stato conferito l’incarico, Tato Russo.
Eppure Tato Russo era un nome di grande prestigio per la sua lunga esperienza non solo come attore e regista bensì per direttore di diversi teatri e di provata esperienza. C’era di mezzo il Teatro Bellini.
Taranto rivisse tre anni di grande teatro e di un teatro in cui l’unicità era fondamentale per gli spettacoli che venivano rappresentati (da Albertazzi a Irene Papas) e per un numero di spettacoli che nascevano soltanto per Taranto come la messa in scena di un Cesare Pavese originalissimo con Pamela Villoresi.
Allora, però, avevamo bisogno di esperienze tarantine. E quelle esperienze importanti ci sono state. Non si sono fatte delle serate di teatro, ma sono stati costruiti degli eventi che per la prima volta sono stati copiati sia da Bari (allora intrapresi una lotta con il grande Giuseppe Tatarella perché chiedeva di svolgere le anteprima a Bari e non la spuntò, addirittura soltanto Raffaele Paganini replicò, a Festival concluso, il suo spettacolo a Bari) che da Milano (come fu poi anche per la Mostra su “De Chirico e il Mediterraneo”, che successivamente andò a Milano).
Dietro l’idea del Magna Grecia Festival Teatro c’era un Progetto, ovvero un Progetto Cultura della Provincia. Dove voglio arrivare? Al punto che il teatro a Taranto potrà essere rivitalizzato, e valorizzato nelle sue diversità culturali, soltanto attraverso un Progetto culturale complessivo che abbia proprio nel teatro il suo punto di riferimento. Ma il teatro non è soltanto spettacolo. L’esperienza di un vissuto dentro il teatro è necessario.
Un cartellone teatrale di giro non è un fatto complesso o difficile da realizzare. L’articolazione deve potersi basare su la vocazionalità dei linguaggi e sulle identità internazionali. Bisognerebbe ritornare al teatro a “maglie di cemento”, ovvero con un obiettivo pedagogico abbastanza articolato. Taranto se necessita di cultura ha bisogno di una cultura forte con delle esigenze espressive di ampio respiro e di personalità con provate esperienze in attività culturali comparate.
Per ciò che riguarda la questione teatro ho, certamente, le mie riserve sulla nomina del direttore. Non lo conosco. Ho letto semplicemente la sua storia curriculare. Pur frequentando da 45 anni gli ambienti della televisione, del teatro e della cultura non lo conosco. Mi si potrà dire che il teatro oggi abbraccia diverse modulistiche. No. Non è così.
Proprio in un dibattito nei programmi di Gigi Marzullo ho sostenuto che il teatro deve riprendersi il suo ruolo sia sul palcoscenico che sul territorio. Un bella discussione sulla quale la distinzione tra un musicol e l’antica pirandelliana posizione della scena, retroscena e ribalta resta un punto fermo sul fatto della recita a soggetto o meno.
Il teatro è anche letteratura. Non solo musica. Non dimentichiamolo. Nasce dalla oralità che si fa letteratura. La mia posizione è rigida su questo aspetto. Alla metà degli anni Novanta Tato Russo era un attore di provata professionalità artistica. Oggi da lì dovremmo ripartire. Da un teatro delle maschere nude in cui il Mediterraneo possa rileggere la sua storia in una città come Taranto. Ma Taranto vive di provvisorietà.
Una città che ha dimenticato Leonida tradotto da Quasimodo a 50 anni dalla morte, ha dimenticato il D’Annunzio a Taranto e dei canti su Taranto e dimentica il metafisico architetto Gio Ponti per un’opera che fa il giro del mondo, come la Concattedrale , che futuro può avere?
Taranto è Magna Grecia, ma accanto a questo viaggio non possono mancare ulteriori istituzioni che diano il giusto peso ad una città e ad un territorio che devono essere valorizzati all’insegna dell nuove economia. Partiamo, comunque, dal presupposto che la cultura è una interazione tra scientificità ed economia.
Taranto che cade può darsi un senso soltanto attraverso questi tracciati. Taranto e il suo territorio hanno bisogno di una nuova cultura, perché anche nella sua geografia territoriale, oggi, non è abitabile un progetto culturale.