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«Non ci troviamo di fronte ad una crisi strutturale. Quella del nostro comparto è una crisi indotta dall’assenza di provvedimenti che la tutelino adeguatamente». Alfonso Cavallo, presidente della Federazione Provinciale Coldiretti Taranto, mira alla politica nell’analisi della particolare situazione che stanno attraversando agricoltura e zootecnia, soprattutto nel territorio tarantino.

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La cronaca più recente, infatti, racconta delle ennesime aggressioni subite da olio, grano e latte, solo per citare le emergenze più importanti, ma non approfondisce come si tratti di un processo sistematico che affonda le radici nel tempo e in una precisa circostanza: la normativa sulla tracciabilità delle materie prime è ancora un miraggio.
«Basterebbe questo – aggiunge Cavallo – per consentire alla qualità delle produzioni italiane di divenire realmente un valore aggiunto. Bisogna essere chiari, però: non si tratta di romantico nazionalismo, ma di salvaguardia del consumatore rispetto ad alcune produzioni estere che non rispettano i nostri standard». Perché l’utilizzo di pesticidi proibiti, ad esempio, o il dumping sociale provocato dal basso costo della manodopera utilizzata, sono elementi che caratterizzano alcune produzioni estere. E l’elenco potrebbe crescere.
Se le etichette riportassero l’origine delle materie prime, però, chiunque avrebbe la facoltà di scegliere: «In questo modo – spiega il direttore di Coldiretti Taranto, Aldo Raffaele De Sario – eviteremmo anche l’effetto distorsivo delle importazioni sui prezzi delle materie prime nazionali. E agricoltura e zootecnia, per una volta, non subirebbero il peso delle relazioni internazionali».

Se il consumatore, infatti, sa che una bottiglia di olio contiene prodotto 100% italiano mentre un’altra ne contiene solo il 10%, sa in cosa consiste la differenza di prezzo allo scaffale e si orienta con più facilità. «Non dimentichiamo che l’ingresso di prodotto estero è pratica antica, in Italia – aggiunge Cavallo –, da anni esportiamo più olio di quello che produciamo. La vicenda tunisina ha solo fatto traboccare il vaso».
La tracciabilità inoltre, eviterebbe anche fenomeni come le continue oscillazioni del prezzo del latte: «Alla stalla viene acquistato, oggi, al prezzo di 20 anni fa – continua il presidente –, 33 centesimi al litro, perché i grandi gruppi industriali lo acquistano all’estero e lo rivendono come italiano. Il risultato? Negli ultimi 10 anni è scomparso il 50% delle stalle, nei territori compresi tra Mottola, Martina, Laterza, Gioia del Colle e Noci. Una stalla che chiude, però, è anche un pezzo di territorio che si desertifica, altrimenti inutilizzabile per la sua forte vocazione zootecnica». Un danno che si ripercuote in termini di posti di lavoro, appeal turistico, tipicità, e che vanifica gli sforzi di Coldiretti Puglia, che ha ottenuto la moratoria dei debiti delle aziende e la riapertura del tavolo regionale del latte dopo 6 anni.

Un tema di stringente attualità, quello della tracciabilità, anche per la produzione di grano. In provincia di Taranto vi sono destinati circa 30mila ettari, ma se ai produttori di pasta non interessa la tipicità l’impresa è ardua: «Molti di loro stanno stringendo accordi con noi – spiega De Sario – per definire una filiera tutta “tricolore”. Molti altri no, però, e il prezzo del grano è sceso del 35% negli ultimi sette anni. Solo a Bari, per intenderci, da luglio a febbraio è stato scaricato un milione di tonnellate di grano estero».

La politica faccia presto, insomma, vincendo le resistenze dei gruppi industriali che hanno tutto l’interesse a “diluire” la tipicità. «La mancanza di disciplina specifica da parte dell’Unione Europea – la conclusione di Cavallo – l’assenza di regole sull’etichettatura, sull’identificazione delle materie prime, sta distruggendo il nostro patrimonio di biodiversità e spalancando le porte alle contraffazioni e a prodotti scadenti. Per Coldiretti è inaccettabile, per questo insistiamo affinché la politica, a tutti i livelli, faccia il dovere cui è chiamata: essere espressione concreta delle esigenze dei cittadini».

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