L’ironia è sempre una “viola” che tocca il ventaglio del sorriso chiuso in una parola spezzata o in un gesto smarrito.
E di ironia era fatta la sua vita. Pochi incontri. Ma intensi.
Ha preso il volo delle farfalle Salvatore Monaco.
Il professore con il “codino” che sapeva legare la filosofia alla letteratura ed entrambe ad un processo di fondo come la storia.
Credente o non credente. Laico o neo-illuminista aveva nel suo discorrere la razionale logica di chi conosce la filosofia ed ha cercato di applicarla alle culture che vivono di comparazioni.
Un paio di volte mi sono trovato a discutere con il docente liceale di filosofia. Con l’uomo che amava la cultura.
La prima ci capito di dialogare su Salvemini. Salvatore proveniva da una scuola di pensiero che non era quella meridionalista dell’asse salveminiana, ma si confronto’ con la questio diagonale – meridionale attraverso due principi portanti: Gramsci e Di Vittorio.
Fu un bel confronto soprattutto con intellettuali come me che hanno sempre negli orecchi Evola e Prezzolini.
Fu un piacere discutere. Con calma pacatezza serenità senza possedere verita assolute sia lui che io.
Solo gli intolleranti, da ignoranti, pensano di possedere e pretendono di avere verità che si rivelano alla fine menzogne.
La seconda volta fu quando scrissi un saggio su Machiavelli. Tutti e due siamo poi arrivati alla conclusione che Machiavelli passa come un letterato ma resta fondamentalmente un filosofo.
Certo, i nostri parametri culturali avevano due strade assolutamente diverse. Ma ciò non significa nulla. Soprattutto per me che vivo, da eretico e anarchico, i viaggi dentro gli emisferi delle arti e delle culture nei valori della Tradizione. Siamo in un tempo dove tutti dovremmo fare i conti con ciò che conta veramente nella vita.
Il resto diventa oblio. È oblio. Comincia quell’età dove tutte le precedenti età non hanno più senso. È difficile pensare alla morte quando la morte invade il tuo presente. Non è più orizzonte. Ma è nel presente. Come la morte di Salvatore. Posso parlare con onestà, come sempre faccio e come intellettualmente mi considero, anche se per troppi molto scomodo, perché ciò che sento vivo e vivo ciò che percepisco. Salvatore non è stato docente dei miei figli in quel Moscati grottagliese…
L’ho conosciuto per motivi prettamente culturali ed ecco perché il confronto è stato molto dialettico pur su due dettagli culturali diversi.
Ora si racconta come potrei io raccontare i morti che sono più vivi dei vivi sulle sponde di Spoon River: “Malgrado tutto avevo fame di un significato nella vita.
E adesso so che bisogna alzare le vele
e prendere i venti del destino,
dovunque spingano la barca.
Dare un senso alla vita può condurre a follia
ma una vita senza senso è la tortura
dell’inquietudine e del vano desiderio –
è una barca che anela al mare…”.
Come fu quel Pavese da me tanto amato perché è oltre i realismi. O come il Dante di Salvatore che si legò alla cultura popolare di Boccaccio.
Ma la vita è troppo seria per raccontarla con la sola letteratura.
Il viaggio per Salvatore è appena cominciato. Le mete non è dato saperle. Possiamo soltanto immaginarle. Ognuno nella propria solitudine.