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“La vicenda del corso di laurea in Medicina e Chirurgia a Taranto, inaugurato lo scorso 18 ottobre e di fatto soppresso con il trasferimento a Bari dei  cinquantacinque studenti dopo appena quattro giorni, ci lascia allibiti e ci impone alcune riflessioni.” E’ quanto comunica la Segreteria di Sud in Movimento in una nota ai media.

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“Il danno d’immagine e di sostanza per Taranto e la sua provincia potrebbe avere ripercussioni gravi sul polo universitario ionico. Chiediamo che sia fatta chiarezza quanto prima per identificare le responsabilità della vicenda kafkiana a cui abbiamo assistito. Leggiamo infatti in queste ore ricostruzioni di stampa che attribuiscono la manovra addirittura alla volontà dell’Università degli Studi di Bari di aggirare le norme sul numero chiuso, mentre da altre parti si mettono in luce – giustamente – le lacune e i limiti dal punto di vista progettuale che hanno accompagnato la nascita del corso di laurea. In casi come questo, crediamo, le responsabilità non stanno mai solo da una parte.  Nel chiedere quindi all’Università di Bari di fare chiarezza, e al Rettore Bronzini di dichiarare pubblicamente che posto occupi Taranto nella scala di priorità della sua amministrazione, ci chiediamo se la levata di scudi contro il “baricentrismo” non rischi di nascondere le responsabilità degli enti e delle classi dirigenti tarantine nella vicenda.”

“Siamo sicuri che Taranto e il suo territorio abbiano bisogno di un polo universitario sempre più forte ma basato anche sulla diversificazione dei corsi e su nuove partnership e collaborazioni. Perché l’alternativa ad un modello di sviluppo sbagliato non può che passare anche dalla ricerca e dalla conoscenza.  Perché gli studenti universitari possono essere un volano importante per lo sviluppo culturale, sociale ed economico del territorio. Ma a quali condizioni? Riteniamo che parlare di università nella nostra città senza un investimento pubblico adeguato in infrastrutture e servizi rischi di essere solo fumo negli occhi. Medicina e Chirurgia poteva e può essere un’opportunità per il quartiere Paolo VI, a patto però che si potenzino finalmente i collegamenti con il resto della città (a dir poco lacunosi, come possono testimoniare tirocinanti e lavoratori), che ci sia un investimento adeguato nelle strutture, che ci sia una programmazione seria, e non improvvisata, che coinvolga tutti, anche i gestori di locali, gli operatori culturali, le associazioni e tutti i portatori di interessi.”

“L’università a Taranto può essere motivo di riscatto per questa fetta di Sud troppo spesso relagata ai margini. Ma la nostra non dev’essere una mera rivendicazione campanilistica. Dobbiamo essere consapevoli che solo con una ripresa sostanziale degli investimenti in ricerca, università, diritto allo studio a livello nazionale e una classe dirigente curiosa, attenta e previdente a livello locale, potremo evitare in futuro pagine così umilianti.  I tagli decisi a partire dal 2008 mettono in ginocchio anzitutto gli atenei del Sud e alimentano “guerre tra poveri” di cui non si sente il bisogno. Occorre una politica lungimirante al di là del marketing e di un po’ di maquillage.” conclude la nota.

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