Il fumo, attivo e passivo, rappresenta uno dei principali fattori di rischio per la salute ed è la principale causa di tumore. I dati raccolti dal Centro nazionale Dipendenza e doping dell’Istituto superiore di sanità evidenziano che, nel 2017, in Italia, i fumatori sono 11,7 milioni vale a dire il 22,3% della popolazione. Tra questi è aumentato il numero delle donne, che da 4,6 milioni del 2016 sono salite a 5,7 milioni; si tratta della differenza minima mai riscontrata tra percentuale di uomini (23,9%) e donne (20,8%). Il 12,2% dei fumatori, inoltre, ha iniziato a fumare prima dei 15 anni.
Il consumo di tabacco (tabagismo) rappresenta uno dei più grandi problemi di sanità pubblica a livello mondiale ed è uno dei maggiori fattori di rischio nello sviluppo di patologie neoplastiche, cardiovascolari e respiratorie.
Secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) il fumo di tabacco rappresenta la seconda causa di morte nel mondo e la principale causa di morte evitabile.
L’OMS calcola che quasi 6 milioni di persone perdono la vita ogni anno per i danni da tabagismo, fra le vittime oltre 600.000 sono non fumatori esposti al fumo passivo.
Il fumo uccide una persona ogni sei secondi ed è a tutti gli effetti un’epidemia fra le peggiori mai affrontate a livello globale.
Il totale dei decessi entro il 2030 potrebbe raggiungere quota 8 milioni all’anno e si stima che nel XXI secolo il tabagismo avrà causato fino a un miliardo di morti.
Si stima che siano attribuibili al fumo di tabacco in Italia dalle 70.000 alle 83.000 morti l’anno. Oltre il 25% di questi decessi è compreso tra i 35 ed i 65 anni di età. Secondo il Rapporto 2017 sulla Prevenzione e controllo del tabagismo, realizzato dalla D.G. Prevenzione del Ministero della salute, in Italia nel 2016 i fumatori di tabacco sono circa il 20% della popolazione ultraquattordicenne, con forti differenze di genere (24,8% maschi e 15,1% femmine). Il consumo medio di sigarette al giorno è di circa 12 sigarette, ¼ dei fumatori ne consuma più di un pacchetto al giorno.
Il fumo non è responsabile solo del tumore del polmone, ma rappresenta anche il principale fattore di rischio per le malattie respiratorie non neoplastiche, fra cui la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) ed è uno dei più importanti fattori di rischio cardiovascolare: un fumatore ha un rischio di mortalità, a causa di una coronaropatia, superiore da 3 a 5 volte rispetto a un non fumatore. Un individuo che fuma per tutta la vita ha il 50% di probabilità di morire per una patologia direttamente correlata al fumo e la sua vita potrebbe non superare un’età compresa tra i 45 e i 54 anni.
In generale, va considerato che la qualità di vita del fumatore è seriamente compromessa, a causa della maggiore frequenza di patologie respiratorie (tosse, catarro, bronchiti ricorrenti, asma ecc.) e cardiache (ipertensione, ictus, infarto ecc.) che possono limitare le attività della vita quotidiana.
In questi anni a livello sia nazionale che internazionale si stanno sempre più sviluppando interventi di prevenzione e di cura per affrontare “questa epidemia” in modo complessivo.
Il Fumo in gravidanza
Il periodo della gravidanza è un momento speciale per smettere di fumare, chiedendo aiuto sia al ginecologo che ai servizi sanitari, cogliendo l’opportunità per smettere di fumare definitivamente. Inoltre è importante che anche i familiari fumatori che vivono con una donna in gravidanza, in primo luogo l’altro genitore, decidano di smettere di fumare.
Il momento dell’arrivo di un bambino può essere un’opportunità per tutta la famiglia per migliorare la qualità della propria vita.
Molti studi hanno dimostrato che il tabagismo della madre, durante la gravidanza, è una delle cause di aborto spontaneo, di parto prematuro, così come di aumento della mortalità e morbilità perinatale e infantile; inoltre è causa da aumentato rischio di sindrome di morte improvvisa del lattante, di basso peso alla nascita, di sindrome di astinenza neonatale da nicotina.
Gli studi evidenziano, inoltre, un ritardo nella crescita cognitiva nell’infanzia, un rischio maggiore di infezioni respiratorie, asma e alterazioni in alcuni cromosomi fetali più sensibili ai composti genotossici del tabacco.
Le madri che fumano hanno meno latte e di minore qualità rispetto ad una non fumatrice la produzione di latte nel tempo è più breve.
I Giovani e il fumo
Nonostante la diminuzione del numero dei fumatori nei paesi industrializzati, resta preoccupante la percentuale dei fumatori giovani. L’abitudine al fumo di tabacco è più diffusa, infatti, nelle fasce di età giovanili ed adulte. In particolare, tra i maschi la quota più elevata si raggiunge tra i 25 e i 34 anni e si attesta al 33,5%, mentre tra le femmine si raggiunge tra i 55-59 anni (20,4%).
L’iniziazione e lo sviluppo dell’abitudine al fumo tra i giovani progredisce secondo una sequenza solitamente composta di 5 fasi:
- sviluppo di credenze e attitudini relative al tabacco
- sperimentazione con finalità di prova
- adozione del comportamento a breve termine
- uso regolare
- dipendenza.
Le motivazioni che spingono i giovani a fumare dipendono da un processo multifattoriale complesso, come fattori di rischio ambientali (accessibilità, ai prodotti a base di tabacco, accettazione del tabacco nel contesto sociale di vita, disagio familiare), sociodemografici (basso livello socio-economico) e comportamentali-individuali (basso livello di scolarità, scarse capacità nel resistere all’influenza sociale, basso livello di autostima e di autoefficacia).
Per contrastare questo problema, che racchiude in sé, sia aspetti sanitari che sociali, la comunità scientifica raccomanda programmi di prevenzione da rivolgere, sia alla società nel suo complesso e alla popolazione “sana” (prevenzione ambientale e universale), che a gruppi e individui a rischio (prevenzione selettiva e indicata).
In linea generale l’obiettivo degli interventi di prevenzione è quello di contrastare l’uso di sostanze nella comunità e tra i giovani, attraverso la riduzione dei fattori di rischio e l’acquisizione di competenze e abilità personali (life skills), che vadano ad influenzare i fattori di protezione.
Uno dei contesti privilegiati dove poter sviluppare programmi di prevenzione efficaci è quello scolastico, attraverso interventi partecipativi, volti a fornire informazioni correte sull’uso del tabacco e, contestualmente, a facilitare lo sviluppo di competenze dei giovani, come il pensiero critico, la capacità decisionale e la gestione delle emozioni. L’efficacia di questi interventi aumenta se viene coinvolta la famiglia e il contesto sociale di appartenenza.
In generale questi interventi devono avere la finalità di promuovere l’empowerment delle persone e della comunità di riferimento, affinché ognuno possa fare scelte sulla salute consapevoli.
I metodi per smettere di fumare
Sebbene molte persone riescano a smettere di fumare anche da sole, grazie a una forte motivazione e forza di volontà, molte altre hanno bisogno di un supporto specialistico, a causa della dipendenza, che può essere fisica, psicologica e comportamentale. Tali aspetti sono molto correlati tra loro e dipendono da fattori individuali, culturali e ambientali.
Negli ultimi anni per aiutare le persone a smettere di fumare sono state rese disponibili terapie efficaci, sia farmacologiche che psicologiche.
Le terapie farmacologiche servono per contrastare la dipendenza fisica agendo sui sintomi dell’astinenza.
I farmaci disponibili, di cui ne è stata provata l’efficacia, sono:
- sostitutivi della nicotina (NRT, Nicotine Replacement Therapy) in formato di cerotti, inalatori, gomme da masticare e compresse.
- antidepressivi ( bupropione e nortriptilina)
- agonisti parziali della nicotina (vareniclina)
L’intervento di tipo psicologico è basato sul counselling individuale e di gruppo.
Il supporto psicologico ha la finalità di aiutare il paziente ad affrontare i temi legati alle motivazioni che lo spingono a fumare, ai costi e ai benefici dello smettere ecc.
Nell’ambito dell’intervento vengono indicate strategie comportamentali, al fine di superare situazioni di crisi e, in alcuni casi può essere fornito materiale di auto-aiuto, che il paziente può utilizzare come supporto a casa.
In base alle evidenze disponibili nella letteratura medica si è potuto osservare che i migliori risultati a lungo termine sono quelli che si raggiungono con i trattamenti integrati, in cui le terapie farmacologiche sono associate agli interventi psicologici.
I Centri antifumo
In Italia sono attivi Servizi per la Cessazione dal Fumo di Tabacco (Centri Antifumo – CAF), afferenti sia al Servizio sanitario nazionale (SSN) (strutture ospedaliere e unità sanitarie locali), che al privato sociale (ad esempio Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori – LILT).
Tali Centri, che costituiscono un’importantissima risorsa per aiutare le persone a smettere di fumare, garantiscono trattamenti basati su prove di efficacia, che tengono conto delle linee guida nazionali e internazionali.
Dati scientifici rilevano che tra coloro che hanno tentato di smettere, la probabilità di successo è 5 volte maggiore se si ricorre all’aiuto del medico o se il fumatore si rivolge ai Centri Antifumo.
I CAF vengono ogni anno censiti e aggiornati dall’Osservatorio fumo, alcol e droga, OssFAD, dell’Istituto superiore di sanità (ISS), che raccoglie informazioni su dati strutturali (nome della struttura, indirizzo, telefono e nome del referente), modalità di contatto e di accesso, tipologia dell’intervento effettuato.
Nel 2017 risultano attivi 366 CAF, di cui 307 presso strutture del SSN (ospedali e ASL), 56 presso la LILT e 3 presso altri enti del privato sociale.
I centri sono distribuite in tutta Italia e offrono programmi di assistenza, basati sulla terapia farmacologica, sul counselling individuale e sulla terapia di gruppo.
L’accesso al CAF è generalmente regolamentato da una compartecipazione alla spesa (ticket sanitario) e in alcuni casi è gratuito. Attualmente anche i costi dei farmaci per la disassuefazione devono essere sostenuti dai pazienti, in quanto non sono a carico del SSN.
Le informazioni sui Centri antifumo possono essere richieste anche al Telefono verde contro il fumo dell’Istituto superiore di sanità.
Il Telefono verde contro il fumo
I servizi del Telefono verde contro il fumo (TVF) 800 554088 sono riconosciuti a livello nazionale ed internazionale quali strumenti efficaci per facilitare l’accesso alle informazioni e ai servizi.
Il Telefono verde è un servizio che svolge attività di consulenza sulle problematiche legate al fenomeno del tabagismo, rappresentando un collegamento tra Istituzione e cittadino-utente, un punto d’ascolto e di monitoraggio.
Il TVF è un servizio nazionale, anonimo e gratuito, attivo dal lunedì al venerdì dalle ore 10.00 alle ore 16.00.
Nell’ambito del colloquio telefonico, condotto da professionisti adeguatamente formati, gli utenti vengono aiutati ad affrontare la problematica riportata.
Il servizio fornisce informazioni sulle terapie e i metodi per smettere di fumare, sui Centri antifumo, sulla legislazione relativa al fumo di tabacco e sulle attività realizzate dall’OssFAD.
Il numero del telefono verde contro il fumo è stato inserito, col D.L.vo n.6 del 2016, su tutti i pacchetti di sigarette e tabacco da arrotolare. Ciò ha comportato un forte incremento di telefonate, che sono passate dalle 500 nel 2014 alle circa 15.000 nel 2017. Sono più gli uomini a chiamare rispetto alle donne e le persone di età compresa tra i 46 e i 55 anni, quasi esclusivamente i fumatori ma anche i loro familiari.