A circa due mesi dalle elezioni regionali che segneranno comunque, quale che sia il risultato, una svolta nel futuro del nostro territorio, nel pieno di una crisi che ancora prima che economica è sociale, a Taranto si continua in un assordante silenzio che meriterebbe di essere accompagnato dalla melodia suonata dall’orchestra del “Titanic” mentre il transatlantico affondava.
Taranto è in un momento di svolta della sua millenaria svolta, deve decidere “cosa vuole fare da grande”, eppure sembra uno di quegli svogliati studenti che decide di decidere a che scuola iscriversi solo al termine delle vacanze estive. Poche e sparute le voci che provano ad animare un confronto, voci quasi sempre troppo stentoree ed urlate per concedere loro il beneficio dell’imparzialità, più simili a quelle dell’oste che decanta la bontà del suo vino piuttosto che a quelle di chi voglia confrontarsi sul merito degli argomenti.
Opposti schieramenti si scontrano sul futuro dello stabilimento Ilva, sull’impianto di “Tempa Rossa”, sul destino dell’Arsenale e degli altri stabilimenti militari. Bordate a palle incrociate sparate dall’una e dall’altra parte, tra melliflue rassicurazioni e all’erta al limite del terrorismo psicologico, orientate spesso più a parlare alla pancia che alla testa degli ascoltatori, con termini non di rado incomprensibili ai più.
Certo, la responsabilità principale è del cittadino che non si informa, stante oggi la disponibilità di mezzi e tecnologie comunicative impensabili anche solo un decennio fa, anche se non va mai sottovalutata la necessità di accertarsi – nel limite del possibile – in merito alla bontà ed alla affidabilità delle informazioni trovate. Ma acclarato questo, occorre dire che manca un sia pur minimo sforzo da parte di Enti ed istituzioni pubbliche locali mirato a stimolare ed a favorire un confronto tra cittadini e parti in causa in merito alle decisioni da prendere, che peseranno inevitabilmente sulle generazioni future.
Se un tempo un maggiorente politico poteva realisticamente affermare che “Se ci avessero chiesto di costruire l’Italsider in piazza della Vittoria, noi avremmo accettato”, oggi è il momento di fare tesoro delle esperienze del passato, tanto proprie quanto altrui, ed esaminare in maniera obbiettiva e lucida i pro ed i contro delle varie alternative possibili.
Chi ha chiare quali possono essere le possibili riconversioni produttive dello stabilimento siderurgico di Taranto? Chi ha in mente quali possono essere i futuri impieghi di strutture e maestranze un tempo orgoglio e vanto della Marina Militare? Chi ha esaminato quali siano effettivamente le possibili ricadute economiche ed ambientali di “Tempa Rossa”?
Sulla rivista “T>Energy” c‘è un ampio spazio dedicato al polo Oil&Gas di Ravenna in cui si afferma – testualmente – che nella città adriatica “si è realizzata una feconda integrazione delle attività petrolifere, turistiche, agricole e portuali. Il polo Oil&Gas di Ravenna produce da oltre 50 anni occupazione, reddito e sviluppo per la città ed il suo territorio in armonia con le altre attività presenti.” Certamente la fonte è di parte, ma è un punto di partenza ed una affermazione chiara che si dovrebbe poter confutare facilmente. Le tanto rinomate cozze tarantine, un tempo vanto dei due mari ionici, sono ancora in cerca di riscatto e di stabile alloggio, e fa rabbia leggere – sempre nella stessa rivista, che “a Ravenna sono in grado di coltivare, e commercializzare, le cozze utilizzando la parte sommersa delle piattaforme petrolifere, poiché le correnti marine, al largo delle piattaforme, assicurano un’ottima qualità delle acque necessaria alle cozze per crescere in salute e sicurezza.” E’ vero? E’ falso? Chi lo sa? Chi lo vuole sapere? Cosa si sta facendo e cosa si vuole fare a Taranto per garantire un dignitoso futuro ai nostri figli?
A Taranto si decide di non decidere, tra complici silenzi ed omissioni che puzzano di ignavia; “da una parte il bene, discutibile però bene. Dall’altra il male, non discutibile perché male”. Sono passati più di trent’anni da quando questa frase apparve sul primo disco dei CCCP Fedeli alla Linea, ma ancora fotografa con lacerante esattezza lo stato della discussione locale e nazionale.
Occorre invece invertire l’andazzo, prendere in mano il proprio destino e scegliere accettando il rischio del confronto; troppi anni fa i tarantini affidarono la loro salvezza dai Romani invece che alle proiprie, alle mani di stranieri come Pirro o Annibale; come sia finita allora ce lo raccontano i libri di storia che, mai più che come in questo caso, può e deve essere maestra di vita.