«E se domani, d’improvviso, non esistessero più gli artigiani? Una macchina guasta resterebbe ferma, una signora che volesse tagliarsi i capelli sarebbe costretta a farlo da sola, un pc bloccato non potrebbe essere riutilizzato e non resterebbe che buttarlo via. Eppure, purtroppo, il settore artigiano nel nostro territorio non vede riconosciuto il suo ruolo, così fondamentale per la vita di tutti i giorni, specialmente dalla pubblica amministrazione che ogni anno aumenta le difficoltà per il settore con indifferenza,tasse e burocrazia.» La riflessione è del segretario provinciale di Confartigianato Imprese Taranto, Fabio Paolillo, che in una nota scrive: «Per rendere conto dell’importanza delle proprie imprese Confartigianato ha promosso una ricerca sulla quantità di aziende presenti nella nostra provincia: i numeri parlano chiaro sul valore aggiunto dell’artigiano.
Vogliamo porre l’attenzione su una situazione di disagio e di crisi nel mondo dell’artigianato.
L’immagine elaborata mette in evidenza le conseguenze che dovremmo sopportare se il mondo artigianale scomparisse definitivamente a Taranto.
Una rappresentazione volutamente non catastrofica, ma che si pone l’obiettivo di far riflettere: oggetti indispensabili di largo consumo potrebbero scomparire, lasciando solo un ricordo o un’idea di come fossero.
In una terra – scrive Paolillo – dove l’artigiano ha dovuto lasciare la scena in una economia in cui non è più il protagonista principale, all’ombra di un modello di industria che ha letteralmente divorato terra e braccia in modo cieco ed arrogante e con i disastrosi risultati che sappiamo.
Se Taranto e provincia si svegliasse senza i suoi ottomila imprenditori artigiani che cosa accadrebbe? L’impatto sulla popolazione sarebbe, tutto sommato, abbastanza contenuto ma gli effetti sarebbero pari a quelli di uno tsunami sull’economia e sul benessere di cittadini e famiglie. Il valore aggiunto diminuirebbe del 20% e il made in Taranto perderebbe un apporto di 50 milioni di euro. Considerando senza lavoro i 15.000 dipendenti dell’artigianato, lasciamo ad ognuno di noi immaginare a che percentuale salirebbe il numero di disoccupati ed il tasso di disoccupazione.
Niente artigiani dell’edilizia e dell’installazione di impianti per la manutenzione delle decine di migliaia di abitazioni. Nei magazzini delle imprese di produzione e alle porte di negozi ed uffici rimarrebbero tonnellate di merci che non verrebbero più gestite dalle imprese artigiane di autotrasporto. Niente auto-riparatori artigiani a cui rivolgersi per riparazioni e assistenza per le migliaia di famiglie che possiedono almeno un’auto. Ogni giorno aumenterebbe anche la presenza di motocicli, autovetture ed autobus fermi per strada. E le famiglie che possiedono una lavatrice, un frigorifero, un lettore dvd resterebbero senza artigiani riparatori di elettrodomestici da chiamare in caso di malfunzionamenti.
Sarebbero senza assistenza tecnica anche le famiglie che possiedono condizionatori e climatizzatori, mentre coloro che hanno un computer non potrebbero più ricevere assistenza, così come coloro che possiedono un’antenna parabolica o un decoder del digitale terrestre, per la mancanza degli installatori artigiani di antenne. Niente classico abito nuziale, realizzato in una sartoria artigiana, per gli sposi nessun fotografo professionista alla cerimonia e banchetto senza la torta confezionata da una pasticceria artigiana specializzata. Un disastro della qualità per i tarantini che mangiano dolci almeno qualche volta alla settimana e che vedrebbero sparire pasticcerie, cioccolaterie e gelaterie artigiane. E per tutti noi cittadini che pranziamo nessun panificio o rosticceria con prodotti artigianali.
Dopo la sparizione degli artigiani, – evidenzia Paolillo – sarà ancora possibile vestirsi, arredare la casa e fare un regalo, ma sparirà la qualità e la perizia degli artigiani, ad esempio negli articoli di abbigliamento, pelle e pellicce, nei prodotti in legno e nei mobili, nell’oreficeria, nel vetro e nella ceramica. Le nostre donne non troverebbero acconciatori ed estetisti.
Questa storia che abbiamo raccontato potrebbe, in fondo, avere un lieto fine.
Gli artigiani insegnano un lavoro: la formazione sul campo fatta ai neoassunti vale milioni di euro all’anno. Da questa semina quotidiana svolta nelle aziende, l’artigianato potrebbe risorgere grazie ai 15.000 dipendenti delle imprese del settore che diventerebbero a loro volta imprenditori, sempre che la burocrazia e la documentata scarsa efficienza dei servizi della nostra pubblica amministrazione non uccida questo rinascimento. Tra 34 Paesi avanzati, infatti, l’Italia è al 31° posto per contesto favorevole a fare impresa secondo la graduatoria della Banca mondiale Doing Business 2014. Tra tutte le 189 nazioni nel mondo l’Italia si posiziona al 65° posto e all’8° posto per entrate fiscali sul Pil, mentre saliamo al 7° posto per spesa pubblica sul Pil e, addirittura, primeggiamo collocandoci al 3° posto per crescita delle entrate fiscali tra il 2005 e il 2013.
Purtroppo a Taranto – nota Paolillo – la realtà è sempre peggiore rispetto al resto del Paese. Ormai è un fatto congenito, ma la nostra inerzia, la mancanza di coraggio della nostra classe politica ed amministrativa ci ha portato sin qui! Taranto, città di oltre ducecentomila abitanti è stato ridotta ad un paesotto, dove chiunque da fuori è venuto a venderci fumo pronto a scappare col bottino, non solo dei fondi pubblici ottenuti e dello sfruttamento del territorio, ma anche della dignità del cittadino.
Sembriamo tutti delle larve, ce ne accorgiamo tutti i giorni quando usciamo di casa, non c’è più sorriso, non c’è spensieratezza, negli occhi dei cittadini regna sovrana la preoccupazione, la rassegnazione, l’oblio. Ma Taranto non può e non deve finire così. Gli artigiani devono restare vivi ed il loro dinamismo dovrà rappresentare il cardine della speranza e della vitalità per la nostra gente. Bisogna ripartire non più col miraggio (obbligato) della industrializzazione pesante a tutti i costi, ma dal piccolo, dall’artigiano, dal commerciante, dall’agricoltore, ridisegnandone le condizioni, gli spazi e le opportunità affinché anche loro possono concorrere con dignità ed a pari condizioni nel mercato.
Ora – conclude Paolillo – non sappiamo se sarà sufficiente un rimpasto di Giunta a creare queste condizioni, ma di certo sappiamo che Taranto ha bisogno di una classe dirigente con le palle, capace di determinare una drastica svolta economica e sociale e tutti dovremo avere il coraggio di accompagnarla responsabilmente.”