È venuto a mancare un camminatore di fede, un pellegrino di verità, un viandante di mistero, un tradizionalista di trincea. Il gesuita padre Massimo Rastrelli. Aveva novant’anni. Un sacerdote che ha lottato per porre un limite all’usura. Era nato a Portici, ma Napoli era la sua casa, dalla quale il laboratorio contro l’usura aveva posto una discussione forte tanto che il suo impegno e il suo lavoro hanno imposto una legge. La legge contro l’usura del 1996.
Una Fondazione affidata al nome di San Giuseppe Moscati, aveva permesso in circa trent’anni di realizzare altre Fondazioni in tutto il territorio nazionale (trenta Fondazioni). La sua Fondazione con la Chiesa dell’Immacolata di Gesù Nuovo di Napoli costituisce un punto di riferimento non solo nel centro storico di Napoli, ma un incontro con tutto un esercizio pastorale che lega l’impegno cristiano a quello sociale.
Non si tratta di una chiesa sociale. Ma di una cristianità nella Tradizione della Fede. Entra nella Congregazione dei Gesuiti ed è ordinato sacerdote nel 1958. Sulla linea di San Giuseppe Moscati, il sacerdote è nella centralità dell’uomo che osserva nella modernità la decadenza di alcuni principi base, che restano nel cuore del cristiano.
Ho avuto modo di conoscerlo, di “viverlo”, di discutere con padre Massimo Rastrelli. Al tempo di quando il fratello, Antonio, è stato presidente della Giunta Regionale della Campania e, soprattutto, quando decisi, insieme ad alcuni amici e soprattutto Micol, mia figlia, di scrivere e pubblicare un saggio su San Giuseppe Moscati.
È stato lui a spingermi ad approfondire la figura e il messaggio evangelico di Giuseppe, come più volte egli stesso lo chiamava. Ha seguito con molta attenzione il nostro lavoro. Insieme con il mio antico amico napoletano, Giulio Rolando, e con Micol, abbiamo più volte presentato il nostro libro dedicato, appunto a San Giuseppe Moscati.
Libro che porta la presentazione proprio di padre Massimo Rastrelli. Lo presentammo in diverse città e a Napoli parlò proprio lui sostenendo che “Con questo libro si apre un’altra pagina nella illustrazione di San Giuseppe Moscati: dopo la ‘illustrazione’ di quello, che San Giuseppe Moscati fu in se stesso; dopo la ‘illustrazione’ di quello, che S Giuseppe Moscati fece e fa nei corpi dei malati, ecco che ci ‘vien data’ ‘illustrazione’ di quello, che San Giuseppe Moscati fa nel cuore dei credenti”.
Importanti sottolineature che invitano, come spesso, ha fatto con me, a non lasciare mai la “parola” di Giuseppe Moscati, perché il suo “guardare” ha sempre delle profezie che si rivelano. Padre Massimo Rastrelli, un amico lungo le strade dei nostri impeccabili viaggi.
Era amico di Francesco Grisi, e Francesco, ogni qualvolta si fermava a Napoli, lo cercava. Lo abbiamo incontrato diverse volte alla fine degli anni Novanta, proprio quando era parroco alla Chiesa di Gesù Nuovo.
Un grande insegnamento che puntava al tema del lavoro e della fede.
Mi diceva sempre: “Non scoraggiarti mai, abbiamo sempre cose belle da vivere”.
Infatti nella sua Presentazione al nostro libro su San Giuseppe Moscati scrisse in chiusura del suo saggio queste parole: “Ringraziamo questi Autori che ci possono ‘illuminare’, e che ‘illuminandoci’ ci confortano, ci ‘avvalorano’ nella vita che conta, e aiutano a salvarci, nella vita temporale ed eterna: ci aiutano a salvarci l’anima. Essi stessi sono, per noi, ‘modelli’ e ‘testimoni’. Ho visto fare, quello che non avrei mai pensato di fare, e che non avrei saputo fare: trarre valori di vita dall’analisi letteraria degli scritti di Moscati, dalle provvidenziali scadenze del suo tempo ormai trascorso, che, per Moscati, non fu tempo semplicemente perduto, ma ‘tesorizzato’, ed evangelicamente ‘teorizzato’.A tutti, il mio affetto, grande e gioioso. A tutti dico: abbiamo cose belle da vivere”.
Parole che restano incise nel cuore, nell’anima, nel nostro andare lento per le strade della vita. Abbiamo cose belle da vivere. Un grande messaggio rivelante. Una grande commozione nella preghiera che si lega, che ci unisce, che ci intreccia.
Lungo il mio camminare ho incontrato diverse persone. Mai ho smesso di innamorarmi dei veri camminatori di fede. Al di là di ciò che egli pensasse di me, (cosa che mai ha voluto dirmi, sorrideva soltanto, lasciandomi sempre dire, scrivere, mai imponendosi con un elemento teologico), eretico e cristiano, cristiano e libero di non consegnarmi alla teologia, dentro la filosofia bruniana e zambraniana e mai dentro il percorso razionalista gesuitico, per me è stato un maestro di coraggio in un tempo in cui la coerenza è tempestata dalla leggerezza del nulla e delle “città invisibili”. Noi, tra Moscati e San Francesco di Paola, abbiamo sempre cercato una città visibile nel cuore dell’uomo.
Padre Rastrelli parlando sul nostro libro dedicato a Giuseppe Moscati, ebbe a dire e a scrivere: “Io consiglio a tutti la lettura di queste pagine documentarie: come candela si accende da candela accesa e la luce si propaga gioiosa, così fede si accende da fede, e santità si comunica da santità”.
Nonostante conoscesse bene la mia formazione, il mio sentire, il mio essere paolettano.
Ci fu un giorno, insieme a Grisi, che percorremmo, io, padre Massimo, il fratello Antonio e Francesco, il tratto di strada che da Gesù Nuovo, a Napoli, conduce alla grande Chiesa di San Francesco di Paola, quasi nei pressi della casa di Giulio Rolando. Giunti sui gradini della chiesa ci disse: “Ecco, vi ho accompagnato sino al vostro Santo. Ma nel cuore di Giuseppe, il Santo calabrese era sempre presente. Non dobbiamo dimenticarlo. Non dobbiamo dimenticare nulla, noi Pellegrini di Fede e per Fede”.
Padre Massimo Rastrelli, primo presidente della Consulta Nazionale Antiusura, nata nel 1991, al quale la chiesa deve molto. Da un po’ di tempo si era ritirato a vivere in Trentino.
Un maestro, dunque, che non smette di viaggiare dentro di me ed io ho le sue parole segnate tra le mie parole. È morte nella notte tra il 26 e 27 febbraio scorso.