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Ieri sera, presso un locale della litoranea salentina, si è tenuto un concerto di musica jazz, organizzato nell’ambito di una rassegna che comprende spettacoli ed esibizioni musicali.

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La serata, da un certo punto di vista, è andata come forse peggio non poteva andare: il concerto è cominciato con oltre un ora di ritardo a causa di non meglio precisati problemi tecnici, e anche il servizio ristorante ai tavoli è stato a dir poco disorganizzato, registrando  ritardi esasperanti e – in alcuni casi – confusione tra le comande. Nonostante questo, la serata è stata interessante e foriera di spunti di riflessione; innanzi tutto – occorre dirlo – il concerto è stato piacevole e gli artisti non si sono risparmiati nella loro performance, stabilendo con il pubblico un ottimo feeling. Ma il momento che ha riscattato in buona parte la serata è giunta alla fine del concerto, quando il direttore artistico della manifestazione ed il gestore del locale che la ospita sono saliti sul palco, scusandosi innanzi tutto per i disguidi della serata e spiegando quale fosse lo spirito che ha animato la ideazione della manifestazione stessa. Una manifestazione che non gode di nessun contributo pubblico, offerta a tutti a costo zero, con ingresso gratuito e senza obbligo di consumazione, con un servizio di ristoro che non contemplava nessun ricarico sui prezzi del menù . “Altri locali vi offrono le cover band – ha evidenziato con legittimo orgoglio il giovane direttore artistico della manifestazione – noi artisti di fama internazionale”. Alle sue parole sono seguite quelle del gestore del locale, che ha spiegato – sia pure un po’ emozionato – come il loro desiderio sia quello di fare qualcosa di nuovo, interessante ed in grande stile, e che – come spesso accade quando si vogliono realizzare progetti nuovi, interessanti ed in grande stile – non sempre tutto fila liscio e c’è bisogno di apportare alcune correzioni in corso d’opera.

Ecco, questo discorso, evidentemente sincero e legittimamente orgoglioso, mi ha fatto guardare la mia serata da spettatore con occhi diversi e mi ha spinto a riflettere su quanto affermato, ovvero su quanto, nel nostro territorio, si continuino a seguire strade già battute e non di rado oramai vecchie ed usurate, su quanto si sia pronti a condannare il più piccolo sbaglio di chi si avventura lungo nuovi sentieri, e su quanto sia raro oramai trovare chi rischia in proprio proponendo iniziative originali, senza il paracadute economico di sponsor e istituzioni. Ben vengano allora queste piccole-grandi pecche nella organizzazione di una serata o di una manifestazione, se servono a rendere la successiva migliore e più efficace, ben venga la possibilità di offrire anche ad un pubblico eterogeneo qualcosa che vada al di là della sia pur talentuosa imitazione della star di turno o della compilation dell’ultimo Sanremo. Come in tutte le attività della vita, il primo passo della formazione è l’imitazione del più esperto, ma a questo primo passo devono seguirne altri, perché altrimenti non si cresce mai e – bene che vada – si rimane degli ottimi imitatori si sé stessi o di altri.

E’ un discorso che si può e si deve estendere anche ad altri campi del vivere quotidiano (lasciamo da parte la politica locale e nazionale per carità di patria) ma che limitiamo per comodità all’ambito degli eventi estivi, mostre o spettacoli che siano; sia detto con il massimo rispetto di tutti coloro che alla ideazione ed alla realizzazione di questi eventi dedicano tempo, energia e risorse, alcuni di questi mostrano di aver esaurito da tempo la carica propulsiva che dovrebbe animarli e si ripetono seguendo un canovaccio oramai sfilacciato. Ben vengano allora coloro che sono disposti a mettere in gioco, ad assumersi sfide impegnative, ad assumersi anche in prima persona rischi economici non indifferenti, pur di offrire qualcosa di nuovo. E’ il caso, per fare alcuni esempi tra tanti, del FAME Festival o della Ghironda, così come del Taranta Folk Festival, nato dalla passione per la musica ma diventato oramai un contenitore culturale in grado oggi di offrire anche l’esplorazione di tradizioni ed angoli di territorio con una modalità originale e vincente.

Occorre allora proseguire su questa strada, facendo tesoro dei successi ma anche – e soprattutto – degli eventuali errori, per migliorare e non adagiarsi sugli allori, per rimanere, come consigliava Steve Jobs, “folli ed affamati”, per guardare sempre un po’ più avanti e immaginare sempre qualcosa di nuovo. A noi spettatori il compito, affatto facile ma necessario, di supportare con critiche costruttive e presenza attiva chi si spende per realizzare questi momenti di intrattenimento che hanno spesso una importante valenza sociale, perché ogni ora passata insieme agli altri invece che da soli davanti alla TV, è un’ora vissuta davvero, magari (ri) scoprendo angoli del nostro territorio, storie e tradizioni del passato e – perché no – persone che potremo imparare a conoscere meglio.

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