La straordinaria santa di cui oggi la Chiesa propone la memoria è Elisabetta d’Ungheria nata nel 1207 da Andrea II il Gerosolimitano, re di Ungheria, Galizia e Lodomira, e dalla sua prima moglie Gertrude di Merania. Una particolarità di questa santa è che tutta la sua vita si svolse nel giro di pochissimi anni in cui diventò langravia di Turingia, promessa sposa già da bambina, mamma di famiglia e fondatrice di opere religiose; tutta la sua vita si racchiuse in soli ventiquattro anni.
Regina, moglie e madre
Nel 1211, all’età di quattro anni, venne promessa in sposa al primogenito del langravio di Turingia Ermanno I (sappiamo che spesso avvenivano i matrimoni combinati per suggellare delle alleanze tra regni) e così venne inviata a Wartburg, presso la corte di Turingia, dove venne educata dalla futura suocera, Sofia di Baviera. Questo matrimonio aveva una forte valenza diplomatica in quanto i regnanti di Turingia nel XIII secolo erano tra i più ricchi e influenti d’Europa, oltre che la loro corte era una delle più note per lo sviluppo e la diffusione della cultura.
Nel 1213 morì il primogenito cui era promessa sposa, ma l’impegno era da mantenere e così nel 1221 si unì in matrimonio al fratello minore di questo: Ludovico IV, detto il Santo. I due si amarono di amore sincero e lo dimostrarono a quanti li conobbero. Ludovico fu il promotore della generosità e della fede che Elisabetta mostrò, anche quando si dovette trattare di andare contro il parere dell’opinione comune.
Dal loro matrimonio nacquero tre figli: Ermanno, Sofia e Gertrude, ma l’ultima non conobbe mai il padre. Quando Ludovico fu appena maggiorenne, morì il padre e divenne immediatamente l’erede al trono. Sua moglie Elisabetta divenne oggetto di aspre critiche, perché il suo modo di comportarsi non corrispondeva alla vita di corte. Infatti lei era solita soccorrere molti poveri e curare gli ammalati. In un tempo in cui gli ospedali non esistevano, ella ne fondò diversi e si dedicava a tempo pieno alla cura dei ricoverati. Lo stesso fece verso i poveri che chiedevano aiuto; a questi donava pane e beni di prima necessità.
A sostenerla molto ci fu il marito il quale, rispondendo a chi criticava tanta generosità, disse: “Finché non mi toglie il castello sono contento anche io”. Il sigillo di Dio a tanta prodigalità avvenne con quello che divenne il famoso miracolo delle rose. Mentre un giorno andava dai poveri conservando nella sua veste alcuni pani, incontrò il marito con il suo seguito e mentre questi andò per vedere cosa la moglie stesse portando, subito i pani si trasformarono in rose. Di tutte queste informazioni troviamo testimonianze sia nelle biografie a lei contemporanee, che nel libro “I detti delle quattro ancelle” un memoriale scritto dalle sue ancelle.
Un forte animo cristiano
Elisabetta mostrò da subito il suo forte sentire cristiano, per cui non accettava compromessi e mentre si riconosceva ricca materialmente, tanto più volle arricchirsi spiritualmente. In tutto mise al centro della vita il Signore Gesù, davanti al quale non riconosceva autorità suprema. È rimasto famoso, a tal proposito, un episodio.
Una volta, entrando in chiesa, si tolse la corona e depostala ai piedi della croce, rimase prostrata al suolo con il viso coperto. Alla suocera e alla cognata che la rimproveravano per il gesto, soprattutto perché compiuto davanti ai sudditi, lei rispose: “Come posso io, creatura miserabile, continuare ad indossare una corona di dignità terrena, quando vedo il mio Re Gesù Cristo coronato di spine?”. Come si comportava davanti a Dio, allo stesso modo si comportava verso i sudditi assicurandosi che tra il popolo fiorisse il bene comune. Per questo anche il marito, volendosi mostrare all’altezza della moglie, scelse per il motto del suo stemma tre parole che esprimessero il suo impegno pubblico e personale: “Pietà, Purezza, Giustizia”.
L’11 settembre del 1227 Ludovico IV morì ad Otranto, mentre aspettava di imbarcarsi con Federico II alla volta della Terra Santa, dove doveva partecipare alla sesta crociata. Era una usanza che i langravi di Turingia partecipassero almeno ad una crociata e da Elisabetta, alla quale tentava di giustificarsi per la partenza, si sentì rispondere: “Non ti tratterrò. Ho dato tutta me stessa a Dio ed ora devo dare anche te”. Nei pressi di Otranto le truppe erano accampate in attesa che il mare e il tempo fossero favorevoli per partire e nel frattempo si era diffusa una forte febbre che portò molti a morire. Fu cosi che, contagiato, morì anche Ludovico.
Una vita segnata dai lutti
Elisabetta si ritrovò a vent’anni vedova e con tre figli piccoli da crescere. Essendo già molto prodiga in opere di carità, aumentò questo suo sforzo e favorì l’ingresso dei francescani nel territorio turingio. Si pose sotto la direzione spirituale del frate Corrado di Marburgo ed entrando nel Terz’Ordine francescano, si ritirò nell’ospedale che aveva fatto erigere nel 1228 a Marburgo, dove si dedicò alla cura dei malati fino alla morte. Il suo ritiro fu per certi versi anche forzato in quanto i parenti, invidiosi di lei e del bene che operava, poiché preoccupati che non venissero danneggiate le ricchezze di famiglia, dapprima la cacciarono dal castello e poi le tolsero anche il diritto di godere dell’eredità del marito.
Sostenevano, infatti, che fosse uscita di senno e che tanta generosità mostrata verso i poveri ne fosse la dimostrazione; il cognato che usurpò il trono di Ludovico definì Elisabetta “Una pia donna e incompetente di governare”. Per Elisabetta questa era una prova di fedeltà a quel Dio provvidente che aveva scelto. Con i figli e con le quattro ancelle più fedeli si sistemò negli ospedali che aveva fatto costruire, dove serviva personalmente i malati e li curava. La fama della sua santità si diffuse ben presto tanto che quando arrivò il momento di lasciare questo mondo per tornare al Padre celeste la gente dimostrò l’alta considerazione che aveva di lei accorrendo a migliaia per vederla prima di morire.
Infine nel novembre 1231 fu colpita da forti febbri che in una decina di giorni la portarono alla morte. Prima di morire aveva chiesto di essere lasciata sola nella sua stanza per vivere con il Signore l’ultimo tratto della sua vita. Così avvenne e la notte del 17 novembre sola con il suo nuovo Sposo mistico dolcemente lasciò questo mondo.
Le testimonianze di santità
Le testimonianze di santità furono tali e tante che dopo soli quattro anni venne proclamata santa a Perugia da papa Gregorio IX il 27 maggio 1235, giorno di Pentecoste. La memoria liturgica della santa, originariamente fissata al 19 novembre, fu spostata nel 1969 al 17 novembre, suo dies natalis (termine per dire il giorno della nascita al Cielo). In Ungheria invece la sua festa continua ad essere celebrata il 19 novembre. Poiché aveva favorito l’ingresso dei francescani nel territorio turingio e lei stessa con delle ancelle si erano consacrate a Dio vestendo un abito grigio e consacrandosi nel Terz’Ordine Francescano, è patrona principale del Terzo Ordine Regolare di San Francesco e dell’Ordine Francescano Secolare.
Possiamo affermare che lei fu, ad imitazione del santo d’Assisi, una povera tra i più poveri, ma con la ricchezza di Cristo nel cuore e nella vita.