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Una volta qualcuno affermò che “la realtà non deve essere credibile per essere vera”, spiegando così perché a volte nella vita di tutti i giorni accadono cose che neppure il più sgamato scrittore riuscirebbe a far digerire al suo più affezionato lettore.

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Poi ci sono gli scrittori come Francesco Cotti, quelli che prima di scrivere qualcosa si documentano, fanno le domande giuste alle persone giuste, viaggiano, studiano e alla fine ti scodellano un racconto che quanto a fantasia è non solo credibile, ma reale, davvero molto reale.
Run Hide Tell”, la sua ultima fatica letteraria è la seconda ed ultima parte di una storia cominciata con “Strategie alternative” (anche se può essere tranquillamente letto senza aver già gustato il primo racconto). Come in un grande affresco, in questo ultimo romanzo, gli affezionati lettori di Francesco Cotti ritroveranno anche altre vecchie conoscenze, Majano e Mora in primis, ma non solo (occorre non svelare troppo, abbiate pazienza…)
La storia, con buona pace di chi in questo periodo pensa a vacanze all-inclusive tutte relax sotto l’ombrellone e colazioni continentali all you can eat si riallaccia ad episodi già avvenuti ed a scenari futuri di cui tenere conto: un gruppo di terroristi con simpatie per l’ISIS irrompe in un villaggio vacanze e comincia a sparare sugli ospiti presenti, con l’obbiettivo di attirare sul posto i “soldati” ed ammazzarne più possibile per guadagnarsi il paradiso loro promesso dai reclutatori. In questo scenario si intrecciano tante storie, l’eroismo del singolo, il terrore dei tanti, la determinazione di pochi, il confine tra dovere e libera scelta di chi rischia la propria vita per salvare quelle altrui e tanto, ma davvero tanto altro.

Se “Strategie Alternative” era sostanzialmente un racconto con due protagonisti (ed il GIS come convitato di pietra), “Run Hide Tell” è una storia corale, dove ciascuno dei personaggi ha la sua parte che arricchisce e completa un ingranaggio praticamente perfetto dal punto di vista narrativo. Occorre, come detto, non raccontare troppo per non privarvi del piacere della lettura ( un piacere – ça va sans dire – che vi consigliamo caldamente, e non solo per le temperature di questi giorni), ma non si può non sottolineare quanto Francesco Cotti abbia oramai raggiunto una maturità narrativa che ti tiene incollato al libro dalla prima all’ultima pagina, e non per un frusto modo di dire: si entra subito nella storia già dalle prime righe del racconto e le ultime pagine ti lasciano con un ennesimo colpo di scena che lascia presagire ulteriori sviluppi (ma questa è forse più la speranza di un lettore goloso come il sottoscritto) . In mezzo, come detto, una storia che non dà tregua, dove anche i buoni muoiono (purtroppo ), dove i cattivi sono tali senza essere dipinti come fredde macchine da guerra, dove viene illustrato il bello ed il brutto delle nostre forze dell’ordine e dove viene data voce anche al personale di soccorso sanitario, donne e uomini che nelle emergenze operano con dedizione e professionalità, lontano dai riflettori, spesso con attrezzature limitate e con mezzi non sempre all’altezza.

Anche in “Run Hide Tell” non mancano le citazioni di mezzi, apparecchi ed attrezzature tattiche che sono una delle cifre stilistiche di Francesco Cotti, ed anche in queste pagine – insieme al racconto della dedizione e del sacrificio di donne e uomini che vanno ben oltre il loro dovere, non manca la puntuale sottolineatura di cosa si potrebbe fare di meglio per affrontare simili scenari: sembrerebbe assurdo che in casi di emergenza Polizia e Carabinieri agiscano ciascuno con un proprio coordinamento, sembrerebbe assurdo che operino con frequenze radio per la comunicazione incompatibili tra di loro, sembrerebbe assurdo che in alcuni casi prima del soccorso venga la burocrazia, eppure… certo la soluzione non è (forse) quella prospettata da Majano (a voi scoprire quale sia) ma certo la speranza è che questo libro faccia riflettere anche qualche funzionario seduto sulle persone che contano perché – piaccia o non piaccia – quello descritto da Francesco Cotti è uno scenario che prima o poi potremmo trovarci a vivere davvero. Anche alla luce di questa amara considerazione, le pagine di “Run Hide Tell” ti prendono lo stomaco e te lo strizzano forte, ti fanno chiedere cosa faresti tu in situazione analoga, ti mettono di fronte al bello ed al brutto della natura umana, alla follia del branco ed alla esaltazione del singolo. Come nelle opere precedenti di Francesco Cotti, anche in questo racconto ci sono “persone ordinarie che fanno cose straordinarie” (per dirla come il Comandante Alfa, uno dei fondatori del Gruppo Intervento Speciale dei Carabinieri), ma ci sono anche padri che proteggono il loro figlio, mogli che si preoccupano del marito, fidanzati che si difendono l’un l’altro facendosi scudo col loro corpo. In un clima di complottismo e disfattismo imperante, Francesco Cotti spiega che molto ci sarebbe da fare per adeguare i nostri standard operativi alle nuove minacce del terrore, ma spiega altrettanto bene che abbiamo reparti di eccellenza ed una Intelligence forgiata da decenni di contrasto ai terrorismi interni ed alle mafie di ieri e di oggi che ha sviluppato metodi e capacità che altri paesi non hanno, suggerisce cosa fare e cosa non fare in caso di emergenze e spiega perché sia necessario adottare scelte apparentemente disumane in determinate situazioni.

Se i romanzi precedenti potevano strizzare l’occhio soprattutto agli esperti del settore, in “Run Hide Tell” Francesco Cotti dispiega la sua narrazione ad un pubblico più vasto, a lettori a cui i numeri 7,62 o 5,56 non dicono molto, che non distinguerebbero una Glock da una Beretta, che non hanno idea di cosa sia una “fast rope” ma che sanno ben apprezzare uno scrittore in grado di raccontare con capacità, sentimento e partecipazione le infinite sfaccettature dell’animo umano, cosa che Francesco Cotti riesce fare con una maestria tale da piazzarlo ai vertici della narrativa di genere, e non solo.

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