Dopodomani la Chiesa Cattolica celebra il Lunedì dell’ Angelo, giorno che ricorda l’ incontro tra l’Angelo e le tre donne, Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e Salomè, giunte al sepolcro con gli oli per imbalsamare il corpo di Gesù. L’ Angelo annuncia alle tre donne che Cristo è risorto. Il Lunedì dell’ Angelo è conosciuto dai più come Pasquetta o meglio ancora, per quanto riguarda noi grottagliesi come Pascaredda.
Quella che caratterizza la Pasquetta non solo nel nostro paese è la “gita fuori porta”. Tutto questo ha un riferimento storico. Infatti, lo stesso giorno della Resurrezione, Gesù apparve a due discepoli in cammino verso Emmaus. La scampagnata fuori paese ricorderebbe appunto il viaggio di quei due discepoli. L’ attesa per la Pascaredda tra i più giovani è forse più grande di quella della Pasqua.
Infatti già di primo mattino si vedono gruppi di ragazzi nei pochi supermercati aperti a riempire il carrello di tutto ciò che serve per arricchire un pic-nic già abbondantemente preparato a casa dalle mamme con tanto di focacce oleose cariche di pomodoro, puddiche, insalata di riso, pasta al forno e soprattutto carne in quantità da arrostire.
Ed è proprio su come arrostire la carne che poi puntualmente nasceranno le discussioni più accese con tanto di disquisizioni tecniche una volta giunti nella campagna di destinazione. Ricordo che durante le Pasquette organizzate in campagna da qualche amico dopo aver giocato a ghiummo e a pallone e anche dopo aver distrutto tra corse e pallonate mezzo giardino della casa del “malcapitato” di turno iniziavano furiosi litigi per due cose in particolare.
La prima era appunto l’ arrostimento della carne. Alla fine la spuntava sempre lo studente di ingegneria di turno che meglio riusciva ad “incantarci” con teorie di termodinamica che francamente non so quanto ci incastrassero con l’ arte culinaria. Ma si sentiva dire di tutto da parole tipo “catalasi” che non c’entravano niente fino ad arrivare a neologismi inimmaginabili. E puntualmente la carne era immangiabile con le fettine cotte “a sola ti scarpa” e le salatissime salsicce speziate con la superficie esterna carbonizzata e l’ interno crudo a carne macinata.
Mentre la maggior parte poi tornava a divertirsi a giocare disinteressandosi del cibo c’era sempre il mangione di turno che non si allontanava un attimo dalle cose da mangiare. Altro aspetto che dava motivo di discussione era quello riguardante la musica da ascoltare. Ognuno portava da casa le cassette dei cantanti che adorava spacciando quella musica come la sola che meritava di essere ascoltata, quella buona, quella non commerciale, ecc.
Il radiolone purtroppo era uno e spesso si arrivava quasi alle mani per affermare i propri gusti musicali sugli altri. Alla fine ci toccava sorbirci di tutto dalle canzoni di De Gregori e De Andrè ai “torboni” dell’ Heavy Metal. Comunque era sempre una ottima occasione per confrontarsi. Meno problemi di confronto si aveva però sulle birre.
La “torbida” belga d’ Abbazia coi suoi dieci gradi veniva bevuta indifferentemente insieme alla lager da quattro. Poi c’ era l’ aspetto ludico legato ai giochi della Pasquetta. Il bello di questo giorno è che spesso si sceglie di andare nelle campagne dove coi primi soli primaverili c’ è un rifiorire tutt’ intorno. Ricordo che spesso si degenerava in giochi pesanti come lanciare i famigerati “scannacavadde” conosciuti anche come “forasacchi” addosso a qualcuno, i quali come degli aghi si conficcavano nella pelle del malcapitato costringendolo a togliersi maglione, camicia e maglietta per estrarsi gli aculei di dosso.
Altro divertimento “estremo” era lo spruzzarsi l’ urticante sementa dei cocomeri asinini in faccia che potevano diventare veramente pericolosi per gli occhi. Se il tempo lo permette la Pascaredda può essere anche una buona opportunità per fare un salto in anteprima al mare. Tutto dipende dal periodo dell’ anno in cui cade Pasqua e dai capricci del tempo in questo periodo in cui vediamo in giro gente con magliette a maniche corte accanto a gente che ancora indossa il giubbotto pesante e che appunto viene chiamato “lu tiempo ti li pacce”.