Potete essere i più intransigenti paladini della tradizione locale o raffinati intenditori di “world music”, potete apprezzare il ritmo sanguigno dei Taiko giapponesi o le suadenti nenie mediorientali piuttosto che il più sincopato rap americano, potete essere immancabili ospiti de “La Notte della Taranta” a Melpignano e piangere ancora la scomparsa di Uccio Aloisi così come apprezzare le “contaminazioni” di Einaudi e Bregovic, appartenere alla fazione di coloro che invidiano la prodigiosa manualità dei suonatori di fisarmonica piuttosto che quella instancabile dei suonatori di tamburello. Potete essere tutto quanto sopra o non ritrovarvi in nessuna di queste descrizioni, ma sicuramente “Rondando’”, l’ultimo disco dei “Pizzicati int’allu core” – pubblicato circa un anno fa – non vi lascerà indifferenti e nemmeno – immaginiamo – placidamente seduti sul divano.
Giunto dopo lunghi mesi di concerti tenuti in giro per l’Italia (e non solo…), questo disco rispecchia in pieno il carattere del gruppo che vede in Valerio Manisi e Francesco Motolese due colonne portanti sia a livello musicale che di presenza scenica. Il gruppo diverte e si diverte, e questo gusto per la musica suonata esplode irrefrenabile in tutte le dodici tracce dell’album.
Si comincia con una “intro” delicata e suadente che a poco a poco cresce e si arricchisce di un ritmo sempre più trascinante, ideale antipasto a “Pizzica nostra”, un vero e proprio “manifesto” del gruppo che vede Valerio Manisi e Francesco Motolese giocare con le loro voci e con gli strumenti, in una vera e propria presa diretta che restituisce i sapori ed i sudori delle esibizioni dal vivo.
Terza traccia è “Lu ruscio ti lu mare”, immancabile classico qui affrontato senza timori reverenziali con la voce di Federica Quaranta introdotta dal pianoforte di Carmine Fanigliulo, a cui si aggiungono a poco a poco gli altri strumenti, a raccontare una storia struggente ma che nel contempo rimane un inno alla vita, esaltata da una ritmica che sostiene ed incalza i cori e le voci di Francesco Motolese e Davide Berardi sino ad arrivare al sincopato finale che introduce come meglio non si potrebbe “Come ti fece mammeta”, un altro “pezzo forte” del gruppo, in cui la vena istrionica dei “Pizzicati int’allu core” fa tesoro della capacità di tenere la scena de “La Compagnia del Teatro Jonico Salentino”, dando vita ad un brano in cui la seduzione scherzosa e gli arguti sottintesi rimandano alle schermaglie d’amore dei nostri nonni.
Appena il tempo di tirare il fiato ed il marranzano di Mimmo Gori e la darbuka di Sabino Santoro, a cui fanno eco le nacchere di Marino Cavallo e la cupa-cupa di di Arcangelo Trani ci portano sulle tante sponde del Mediterraneo, mare che unisce – piuttosto che dividere – l’Africa dei Mori, l’Asia dei Turchi e l’Europa italoispanica.
E’ il momento di “Rondandò”, in cui si riuniscono tutte le anime e le pulsioni della taranta, in cui amore, orgoglio, gelosia e passione si intrecciano raccontando piccoli-grandi fatti della vita quotidiana. Il violino di Domenico Nisi scatta come gli affondi di coltello che hanno reso giustamente nota e temuta la scherma salentina e pugliese, esaltando quella che è una vera e propria dichiarazione di intenti, non a caso presente nel brano che da il titolo all’intero album: “E ballate cu lu pietto e cu lu core, ca nu’ simo Pizzicati int’allu core”, a sottolineare quanta importanza abbia il rapporto fisico e quasi carnale nei concerti con il pubblico, che diventa il proverbiale “uomo in più” con cui Francesco “Frankittone” Motolese e Valerio Manisi interagiscono cantando e scherzando, dando vita ad uno spettacolo nello spettacolo.
Non c’è il tempo di riposarsi, è ancora “Canzone alla rovescia” a tenere alto il ritmo, ancora una volta raccontando storie forse troppo presto dimenticate e di certo ingiustamente considerate minori. Arriva “Damme nu riccio”, l’atmosfera si fa rarefatta grazie alla voce avvolgente di Maria Grazia Ciracì che racconta insieme a Valerio Manisi di un amore che fa a volte fa rima anche con dolore, si placano i ritmi ma non la passione, che pulsa senza requie e senza paura.
La traccia successiva sembra la Giamaica è invece è il Salento, non è il reggae di Kingston ma la “Pizzica di Aradeo”, che testimonia nei fatti che i sentimenti umani e la musica si incontrano sempre e comunque, a distanza di anni ed a dispetto dei chilometri. Ancora un momento di calma con “Li see meno nu quarto” con le voci di Federica Quaranta e Anna Genghi, a cui fanno eco quelle di Valerio Manisi e Carmine Fanigliulo, in un crescendo ipnotico trascinato da una ritmica instancabile che supporta ed esalta le melodie di viole, violini e fisarmoniche.
Certo l’amore e la vita riservano delusioni e tristezze, ma bando alle malinconie, non c’è quasi nessun dolore che non possa trovare nel vino una adeguata cura e soluzione. Almeno così pare affermare “Ca lu miero”, canzone in cui nuovo ed antico, presente e passato, tradizione ed innovazione si incontrano e si divertono insieme.
L’inizio è quello di un brano tradizionale, una canzone che tutti – almeno una volta – abbiamo cantato, poi una decisa virata verso atmosfere più moderne, che riecheggiano in alcuni passaggi il country nordamericano, se non fosse per il ritornello che dichiara senza incertezze che “quisto è lu miero ca face cantà”, con un finale che è l’ideale per accompagnare il gruppo nella chiusura dei loro concerti.
E’ il momento delle “bonus track”, la prima è “All’amicizia”, brano a più voci, ritmo tradizionale e spirito antico, che unisce i cuori degli uomini sinceri nonostante abbiano diversi luoghi di nascita, diverse lingue e diverso colore della pelle.
Chiusura in gran bellezza con “Il bel Ciccillo”, un pezzo da avanspettacolo che ancora una volta dichiara quanto stretto sia il legame e la collaborazione tra i “Pizzicati int’allu core”, la ”Orchesta Popolare Jonico Salentina” e “La Compagnia del Teatro Jonico Salentino”, con un originale saluto in presa diretta di Valerio Manisi.
In conclusione, un disco corale, che ha coinvolto decine di artisti (troppi per citarli tutti, e ci scusiamo con coloro di cui abbiamo taciuto il nome, non certo per loro demeriti), che rivela una maturità acquisita e rodata in decine e decine di concerti e supportata da una voglia di divertire e divertirsi mai fine a sé stessa, ma che è espressione genuina di un anima antica e fiera che – oggi come ieri – percorre e vivifica le aspre terre di tutti i Sud del mondo e che ben rappresenta l’ideale biglietto da visita per far conoscere la nostra cultura anche ben al di fuori di Grottaglie, come testimonia il fatto che i “Pizzicati int’allu core” siano stati selezionati per partecipare al “Vomex” in Grecia ed al “Medimex” a Bari per promuovere il “Taranta Folk Festival”, così come non è un caso che in questi giorni stiano dimostrando la loro esplosiva creatività in una serie di concerti in Russia.