«La vicenda Ilva è questione complessa che abbraccia problematiche diverse: tutela della salute, salvaguardia dell’ambiente, difesa dell’occupazione e delle imprese locali. Una vertenza che rischia di compromettere ulteriormente il territorio non solo in termini di devastazioni, malattie, disoccupazione, ma anche depauperando il suo tessuto imprenditoriale.» E’ quanto dichiara Luigi Romandini, già candidato sindaco di Taranto alle scorse elezioni amministrative.
«Le imprese locali dell’appalto Ilva, ricorda Romandini, si trovano in una incredibile condizione. In questi anni hanno lavorato per le acciaierie che sono in amministrazione straordinaria, sotto la guida di tre commissari nominati direttamente dal Governo. Hanno eseguito lavori di vario tipo: manutenzione, impiantistica e servizi, hanno effettuato forniture che hanno consentito la marcia dello stabilimento siderurgico di Taranto.
Le imprese locali danno lavoro a migliaia di persone che hanno effettuato le prestazioni richieste dall’Ilva. Le maestranze, ovviamente, vanno pagate. Ed è proprio qui che si è creato il corto circuito. L’azienda siderurgica non paga le imprese o liquida le fatture con forti ritardi per effetto delle note difficoltà finanziarie. L’Ilva negli ultimi anni ha accumulato un debito nei confronti dell’indotto e dei fornitori locali che, secondo le associazioni di categoria, ammonta complessivamente a oltre 150 milioni di euro.
Il venir meno di questo fiume di denaro, sta mettendo in seria difficoltà il sistema imprenditoriale tarantino e non sono poche le realtà produttive che rischiano la chiusura. Come se non bastasse, alcune società non possono nemmeno interrompere le prestazioni a causa del mancato pagamento, perchè, è stato detto, potrebbe venire compromessa l’attività di uno stabilimento che lo Stato italiano considera strategico e di interesse nazionale.
Insomma – rimarca Romandini, siamo all’assurdo. Un drammatico paradosso in cui a rimetterci sono solo ed esclusivamente i tarantini, vittime due volte. Per questo rivolgo un pressante appello a tutti i parlamentari della provincia di Taranto affinchè intervengano sulla questione, portandola nelle sedi opportune con proposte concrete. Però non basta la denuncia, né la lamentazione fine a se stessa. Occorrono soluzioni che siano subito praticabili, altrimenti il sistema rischia di saltare.
Il Parlamento ha votato ben 11 decreti salva-Ilva e ora potrebbe, anzi dovrebbe, fare qualcosa di serio per i tarantini. Mi permetto, quindi, di suggerire a deputati e senatori (di tutti i partiti) un percorso che offre una soluzione vera. E’ noto che le tasse sono una delle voci che più di tutte gravano sui costi delle imprese e in Italia la tassazione è molto elevata. Visto che le aziende tarantine vantano crediti per oltre 150 milioni di euro nei confronti di un’azienda di “interesse nazionale”, gestita da commissari statali, perchè non trasformare quei crediti (o una parte di essi) in sgravi fiscali, crediti d’imposta o altre forme di compensazione? Perchè non inserire il provvedimento nelle imminenti manovre finanziarie e fiscali per consentire alle imprese di alleggerire la pressione e soprattutto di proseguire l’attività evitando che il territorio tarantino perda altri posti di lavoro?
Ovviamente – conclude Romandini – la mia proposta va verificata e perfezionata dal punto di vista tecnico-legislativo, ma penso che valga la pena tentare. C’è qualche parlamentare disposto a fare qualcosa di concreto per Taranto? Attendo risposte.»