“C’è un gusto romantico nella poesia di Luigi Pirandello che trova la sua griglia simbolica in alcuni poeti che sono stati caratterizzanti anche nel passaggio tra Ottocento e Novecento. Poeti con i quali la cultura letteraria universale si è dovuta costantemente confrontare.” Lo scrive in una nota la saggista grottagliese Marilena Cavallo, analizzando l’opera dello scrittore siciliano.
Soprattutto – prosegue la Cavallo – la prima poesia di Pirandello ha come elemento di base il raccordo tra la tradizione provenzale e Dante. La presenza di Dante compare e scompare in tutto il viaggio poetico e la sintesi – metafora dello specchio, usata magistralmente da Maria Zambiano, è evidente anche nel Dante della “Commedia”.
Dante è il poeta che si pone davanti allo specchio. Pirandello cerca nello specchio la sua teatralità e non è detto che il suo personaggio non nasca anche dal porre tra il personaggio e la recita la metafora di quel teatro nel quale lo specchio è il riflesso del legame tra pubblico e palcoscenico. Comunque, nella sua poesia, la sua prima scrittura letterario – poetica, Dante è presente soprattutto nei versi che compongono proprio Mal giocondo. Ma il Dante di cui si parla è il Dante del “Messere”, è il Dante del “cavalleresca”, e il Dante di “O messer Lodovico…”. Oppure di “Poi da lungi ver me si volse ancora…”.
La ritmica ha un provenzale suono che ha derivazioni dalla scuola siciliana, di cui Pirandello era completamente impastato sia per formazione classico – rinascimentale sia per un ereditarismo geografico e culturale che ha le sue radici nel mondo arabo, come si è già detto in altre occasioni.
Il mondo provenzale di Pirandello è quel mondo che entrerà successivamente, in parte, nella ricerca ungarettiana e nella dimensione lirica di Quasimodo. Infatti, il provenzale di Pirandello è un attraversamento dell’Umanesimo che si specchia in Poliziano e raggiunge addirittura il classicismo leopardiano.
Il Pirandello del Mattia Pascal o del teatro è lo scrittore che si forma intorno alla classicità della tradizione superando, chiaramente, la interpretazione del naturalismo del linguaggio ottocentesco, ma anche della scrittura foscoliana, alfieriana e dello scavo illuminista.
Siamo al tragico che osserva con Pirandello, mentre D’Annunzio è il tragico che contempla. Entrambi sono un vissuto ancestrale che trova nella poesia la vivificante risorsa di un linguaggio che è lingua e semantica, ma resta soprattutto allegoria e metafora in un gioco di incastro che giunge alla recita.
La poesia di entrambi si fa recita.
Si pensi a Non si sa come per Pirandello e alla Figlia di Jorio per d’Annunzio. Ma in quel “Mal giocondo” c’è la melodia che toccherà la malinconia sorridente con l’ascolto de “La pioggia nel pineto”. Il filtro è proprio il passaggio dal provenzale al sensualismo panico del Poliziano e la luna che si contempla o l’osservante luna (per toccare un elemento della metafora) è una suggestiva illuminazione che conduce chiaramente a Leopardi.
Anche Pirandello farà i conti con l’immaginazione e l’immaginario leopardiano, come ebbero a confrontarsi Cardarelli, Ungaretti e Pavese.
Quella dimensione romantica nulla toglie, e tutto aggiunge, a quell’incontro misterioso che è fatto di decadentismo ed esistenzialismo. Il pansessualismo di Pirandello, nella poesia, è un richiamo alla terra, a quella terra che è madre sul piano di una letteratura che si registra nel realismo il quale, in questo caso, diventa chiave di lettura anche nel e del simbolismo.
Il punto nevralgico, soprattutto oggi, sta nel leggere Pirandello oltre le formule critiche, ma anche se si volesse leggere il suo itinerario letterario con una impalcatura critica sarebbe necessario non escludere lo sguardo verso la realtà attraverso uno sguardo ben più complesso, che è quello del simbolismo.
Una rilettura, dunque – conclude Marilena Cavallo, sulla base dello scavo interpretativo delle sue ultime opere nelle quali la terra madre è il personaggio del melanconico. Il melanconico e il simbolismo, nello specchio del realismo magico, sono il centro del suo poetico senso del vivere la sua liricità.»