Il dibattito intorno alla Legge 482/99 è da sviluppare attraverso alcune coordinate di fondo che hanno una “attrazione” sia giuridica che etno – linguistica oltre che geopolitica. Occorrerebbe riflettere su alcuni riferimenti.
Primo elemento. È necessario parlare di “presenze” minoritarie e non di minoranze vere e proprie. Il discorso è sottile ma qualifica e diversifica la questione sia politica che giuridica e culturale.
Secondo elemento non può interessare soltanto la lingua e le culture o le “istruzioni” ma deve creare la possibilità di comparazioni altre e questo nonostante il successivo Regolamento non si evince con chiarezza.
Terzo elemento: bisogna alleggerirla e aprirla ad un confronto con le identità nazionali. Non la si può circoscrivere ad una tutela e ad una promozione della tutela soltanto delle minoranze non tenendo conto che queste minoranze sono “presenze” nel contesto territoriale italiano, regionale e provinciale. Contesto che ha già un suo dialetto.
Quarto elemento: le 12 minoranze linguistiche di cui parla la normativa sono ampiamente superate anche se ci si riferisce ai livelli storici. Un solo esempio la presenza Armena è stata completamente “tagliata” dalla normativa ed ‘ ingiustificabile sia sul piano storico – antropologico che prettamente linguistico e geo-semantico. Oltre a quelle che vengono considerati non stanziali e anche qui la questione ora si pone.
Quinto elemento: non può essere considerata come un serbatoio dove attingere economie per una tutela che, a volte, è abbastanza mediocre dal punto di vista della proposta culturale. Le presenze minoritarie sono estese su tutto il territorio nazionale. La geografia del Sud mostra le sue forti eredità: dalla cultura grecanica a quella arbereshe, da quella occitana a quella franco provenzale, da quella catalana a quella armena sino a quella rom.
Quindi, la normativa, occorre rivederla nella sua struttura e nella sua complessità proprio per definirla nelle sue interazioni. Gli stessi Sportelli Linguistici, nei territori interessati, dovrebbero avere una funzione di forte incisività culturale e invece sono molto limitati.
La presenza delle minoranze etnico-linguistiche in Italia, riconosciute come tali, va considerata almeno secondo tre aspetti:
Il primo certamente storico in quanto occorre capire e analizzare il rapporto tra la loro provenienza e la contestualità territoriale nella quale le stesse minoranze si sono stanziate. In un tale aspetto rientra certamente una meditazione e una valutazione delle influenze che si sono verificate nel momento in cui le minoranze si sono insediate all’interno dello stesso territorio italiano e all’interno di un particolare assetto geografico. Perché un loro insediamento ha contribuito a creare una rete estesa di legami e di rapporti con le popolazioni già esistenti sul territorio e nelle strette vicinanze e, quindi, essendo state popolazioni “aggiuntive” al territorio si è verificato un incontro tra storia, modelli di civiltà e tra assetti territoriali stessi. Proprio per questo è necessario approfondire quelle valenze storiche che nel corso dei secoli hanno portato alla luce modelli di identità.
2) Il secondo aspetto è chiaramente quello che riguarda gli elementi giuridici. In realtà una minoranza linguistica per resistere su un determinato territorio o all’interno dell’intero Paese Italia ha necessità di essere tutelata grazie a precise normative che devono garantire la salvaguardia della loro presenza attraverso apposite leggi stabilite sia a livello nazionale sia a livello regionale ovvero locale.
Su questo tema si sono sviluppati diversi dibattiti ma resta fondamentale ciò che stabilisce la Costituzione della Repubblica Italiana. O meglio occorre far riferimento costantemente all’articolo 6 della Costituzione nel quale si sottolinea : “La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche”. Eravamo nel 1948, da allora la discussione sia giuridica, istituzionale e parlamentare è stata abbastanza articolata e vasta. Proprio partendo dall’articolo 6 alcune regioni nelle quali ricadono le presenze minoritarie si sono sentite in dovere di proporre e attuare delle normative e delle leggi in grado di tutelare e promuovere le realtà etnico-linguistiche ricadenti ,certamente, nel territorio di competenza.
Sulla scorta di una discussione che è continuata per anni soltanto nel 1999 è stata promulgata una legge che sancisce “Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche”. La legge in questione è del 15 dicembre 1999 n.482 ed è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 297 del 20 dicembre 1999, il cui regolamento di attuazione è andato in vigore il 28 settembre 2001. In questa legge si sancisce come recita l’articolo 2 : “In attuazione dell’articolo 6 della Costituzione e in armonia con i principi generali stabiliti dagli organismi europei e internazionali la Repubblica tutela la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche e slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo”.
La legge che è costituita da 20 articoli punta, certamente, a valorizzare il patrimonio linguistico e culturale, ma anche sottolinea l’importanza della valorizzazione della lingua e delle culture. Quindi non solo tutela la lingua ma anche il tessuto culturale di cui le minoranze sono portatrici. C’è da ribadire,comunque, un dato significativo sul quale la discussione è di estrema attualità : l’articolo 1 di questa legge ribadisce “La lingua ufficiale della repubblica è l’italiano”.
È necessario, chiaramente, approfondire i risultati che hanno portato la legge n.482/ ’99 non solo dal punto di vista giuridico ma anche dal punto di vista storico e proporre che tipo di incidenza politico-culturale nel corso degli anni si è innescato anche alla luce della autonomia regionale.
Il terzo aspetto è prettamente culturale e interessa in modo particolare la ricontestualizzazione di queste presenze e della loro incidenza storico-sociale. Ciò ha portato ad una discussione sul concetto di etnia, ovvero della valenza storica dell’etnia in Italia a partire sia dall’Unità d’Italia e successivamente dal 1948 alla L.n. 482/ ’99. La questione interessa le presenze minoritarie storiche e si guarda con attenzione a quelle presenze definite stanziali e non migratorie. Un inciso che è prettamente culturale in quanto si ribadisce il fatto che si tratta di presenze minoritarie all’interno di culture nazionali e non di minoranze linguistiche tout court. Ogni realtà di presenza minoritaria ha vissuto un impatto particolare con il territorio sia in termini di incisività storica sia sul piano culturale attraverso usi, costumi, tradizioni ed elementi etno-antropologici e letterari che andrebbero analizzati sia sotto il profilo storico sia sulla base di moduli normativi sia attraverso una residuale presenza linguistica e perciò culturale.
In riferimento a ciò detto sarebbe necessario soffermarsi attraverso approfondimenti particolareggiati su:
-Dibattito che ha portato alla L.n.482/ ’99, analizzando alcuni passaggi discussi sia in sedi parlamentari sia in sedi regionali ricostruendo storicamente la visuale di tali elementi; -Importanza della L.n.482/ ’99 e sui risultati e anche su alcuni vuoti e lacune e incomprensioni che ha lasciato;
-Attualità o inattualità della L. n.482 in riferimento al dibattito inerente la modifica dell’articolo 12 della costituzione.
Dopo tale premessa sarebbe necessario approfondire quali sono realmente le presenze minoritarie storiche all’interno della geografia delle regioni meridionali soffermandosi sulla presenze degli Italo-albanesi (arbereshe), e non degli albanesi, dei Grecanici e del Griko (nel Salento e nella provincia di Reggio Calabria), degli Occitani.
È necessario ribadire che si tratta di minoranze storiche. Proprio in virtù di ciò si sottolinea la necessità di riconsiderare la normativa sulla legge di tutela delle minoranze etnico linguistiche attraverso un’azione sia parlamentare che politica. Alla base non bisogna dimenticare il valore dell’identità nazionale che non può essere minimamente scalfita da una normativa che tutela la lingua delle minoranze.
Riaprire la discussione partendo, soprattutto in occasione del centenario del Genocidio del popolo Armeno, dalla lingua e cultura armena possa essere fondamentale. Ma questo significa ristrutturare l’impalcatura della normativa.
Ed è necessario farlo.