«E’ finito il tempo delle scuse: le discariche illegali vanno bonificate subito. Un anno fa dovevamo spendere 148 milioni per le bonifiche. Adesso, rischiamo di pagare la stessa cifra per non averle fatte. Una vergogna ai danni della salute dei cittadini che accomuna almeno quattro governi, da Berlusconi a Renzi». Così l’eurodeputata del Movimento 5 Stelle, Rosa D’Amato, commenta le sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea che ha comminato all’Italia una multa milionaria per i mancati interventi di bonifica delle discariche illegali sparse nel territorio (di cui 16 in Puglia).
La sentenza prevede una sanzione forfettaria di 40 milioni di euro e una penalità di 42,8 milioni per ogni semestre di ritardo nell’attuazione delle misure necessarie di adeguamento.
«Quello che ci chiede l’Europa, stavolta, corrisponde a quello che chiedono i cittadini da anni, ossia che le discariche vangano bonificate – continua D’Amato – Dietro questa vicenda si intreccia il peggio della malapolitica e del malaffare italiani. Si sono sprecati milioni di euro, in buona parte anche fondi Ue, per semplici interventi di messa in sicurezza e di mera copertura dei rifiuti, senza fare le bonifiche. E quel che aggiunge altra rabbia è che delle 218 discariche illegali, ben 152 erano state autorizzate da enti pubblici».
L’eurodeputata lancia poi l’allarme sulla gravissima situazione dei 14mila fusti metallici, di cui ben 3mila contenenti materiali radioattivi, stoccati nel deposito Cemerad di Statte (Taranto).
«E’ una situazione pericolosa che è nota da tempo alle autorità – dice – Ma nonostante ciò nessuno è ancora intervenuto. Parliamo di un deposito insicuro, esposto a eventi atmosferici e ad atti illeciti, che contiene anche rifiuti radioattivi dell’Ilva».
Proprio a proposito dell’Ilva, l’eurodeputata denuncia quanto accaduto oggi nello stabilimento di Taranto nel corso della visita della commissione bicamerale di inchiesta sulle Ecomafie: «E’ inaccettabile che il presidente della commissione Alessandro Bratti (Pd) abbia ostacolato ed impedito che la commissione, scortata da alcuni operai, ispezionasse siti precisi e sconvenienti all’interno dello stabilimento. Quella di Bratti è stata una gita turistica, altro che inchiesta».