«Insieme ai colleghi del gruppo regionale Direzione Italia (Zullo, Congedo, Manca, Ventola) abbiamo presentato questa mattina, su mia iniziativa, una mozione con cui impegniamo il presidente del consiglio regionale Mario Loizzo a convocare un Consiglio Regionale Monotematico sulla vertenza Ilva, per fare il punto su tutti i nodi ancora aperti, ovvero le emergenze ambientali, sanitarie e lavorative che coinvolgono l’intera popolazione, un consiglio aperto alla partecipazione dei parlamentari pugliesi.» Lo rende noto il consigliere regionale Renato Perrini.
«La partita Taranto – afferma Perrini – va combattuta ora più che mai sul piano istituzionale di ogni schieramento politico, affinchè si eserciti energicamente sulla vertenza in questione un pressing serrato e deciso sul Governo.
Di seguito un estratto della mozione.
“Martedì mattina il gip di Milano ha bocciato l’accordo annunciato dall’ex premier Matteo Renzi durante la campagna elettorale per il referendum. Il giudice ha respinto le richieste di patteggiamento perché “incongrue”, avanzate da Adriano, Fabio e Nicola Riva nell’ambito del procedimento con al centro il crac del gruppo. Il gip ha ritenuto troppo basse le pene concordate con la procura. Il via libera al patteggiamento è legato allo sblocco di oltre 1.3 miliardi di euro depositati in Svizzera e da destinare al risanamento dello stabilimento come stabilito da un emendamento inserito dal Governo nell’ultima legge di Bilancio.
I soldi in questione, a prescindere dal “quantum” ritenuto insufficiente dal tribunale, al momento non ci sono, perché lunedì, il Tribunale federale di Losanna, in Svizzera, avrebbe dovuto esprimersi sull’ok al trasferimento, ma è stato costretto a rinviare la decisione al 31 marzo. Questo è accaduto perchè i giudici non hanno ricevuto alcuna risposta alle istanze di sblocco avanzate all’Isola di Jersey, dove i soldi sono depositati. La mancata decisione del tribunale svizzero avrà ripercussioni anche sulla prossima udienza del processo Ambiente svenduto in corso a Taranto.
L’1,3 miliardi di euro dovevano servire alla “nuova” Ilva per attuare il risanamento (1,1 miliardi di euro erano per il risanamento ambientale della fabbrica, e altri 230 milioni erano per la gestione corrente della società); tale fase di stallo ora rischia di avere ripercussioni importanti sul processo di vendita. In questo contesto, da marzo per circa 5 mila dei diecimila lavoratori impiegati nel siderurgico è stata richiesta la cassa integrazione streaordinaria.
Esuberi dichiarati che, secondo i sindacati, sono il primo passo verso il licenziamento della metà degli occupati. E restando sempre in tema di emerga occupazionale, va segnalata anche l’estrema difficoltà delle imprese dell’indotto Ilva, che già negli scorsi anni hanno avuto una pesante batosta per ciò che riguarda i crediti pregressi.
Restano inoltre ancora in piedi i dubbi sul futuro ecologico dello stabilimento; la questione del risanamento è ancora aperta perché i nodi irrisolti in fabbrica sono tantissimi. Solo un esempio: le prescrizioni Aia sono state rinviate o realizzate solo in parte. L’azienda per altro è in forte sofferenza. L’Ilva, com’è oggi, o produce tanto o è destinata a fallire. E produrre tanto, nelle condizioni in cui è ora, vuol dire continuare ad inquinare. A questo si aggiunge che l’Italia ha già due procedure d’infrazione in corso a causa del siderurgico: sulla gestione ambientale e sulle norme relative alla concorrenza. Alla fine dello scorso mese si sono verificati con più frequenza i fenomeni di sloping nelle acciaierie dell’Ilva. Si tratta di fenomeni che alimentano preoccupazione dentro e fuori lo stabilimento.
E’ evidente quindi che siamo ancora lontani da un ciclo produttivo rispettoso di ambiente salute e sicurezza.”