Puglia, contributo per Test Prenatale non invasivo NIPT. Una scoperta rivoluzionaria, nell’ambito dello screening prenatale, è stata la dimostrazione della presenza nel sangue materno, a partire dal primo trimestre di gravidanza, di DNA libero (o cell-free DNA, cfDNA) di origine placentare citotrofoblastica (cell-free fetal DNA, cffDNA).
Il cffDNA può quindi essere analizzato, con diversi approcci tecnologici, per indagare alcune patologie genetiche del concepito, in particolare per determinare il rischio che il feto sia affetto da una aneuploidia. Il test cfDNA o NIPT è un test di screening genetico e pertanto la sua introduzione in ambito clinico si inserisce nel contesto di questo tipo di analisi.
Wilson e Jungner hanno definito i criteri degli screening e le condizioni che presentano le caratteristiche per essere sottoposte allo screening, in base alla possibilità di essere riconosciute in una fase precoce e in base alla disponibilità di un trattamento accettabile.
Si tratta di criteri particolarmente importanti quando lo screening viene implementato in un contesto di sanità pubblica. Questi criteri mantengono, a distanza di anni, la loro attualità, in quanto sono in grado di migliorare la salute della popolazione, attraverso il trasferimento nella pratica clinica dei progressi della genetica. Di fatto, un numero crescente di malattie può ora essere individuato nella fase presintomatica utilizzando approcci diagnostici di tipo genomico.
Contributo per Test Prenatale non invasivo NIPT
La Regione Puglia, al fine di migliorare la qualità della gravidanza delle partorienti, in particolare di quelle con condizioni di rischio di salute per il nascituro, in termini sanitari e psicologici, dispone un contributo di euro 500 per l’erogazione del NIPT test, quale screening prenatale per la diagnosi delle trisomie 13, 18 e 21, per le seguenti categorie, e comunque fino alla concorrenza dello stanziamento di bilancio assegnato:
a) donne gravide di età inferiore ai quaranta anni al concepimento e con il risultato del test combinato che prevede un rischio compreso tra 1/301 e 1/1000;
b) donne gravide di età maggiore o uguale a quaranta anni al concepimento;
c) donne con nucleo familiare avente reddito ISEE pari o inferiore a euro 30 mila.
Per tutte le informazioni e ulteriori dettagli è possibile chiamare la U.O.C. Genetica Medica Ospedale Di Venere – BARI CARBONARA Direttore dr. Mattia GENTILE ai numeri 080.5015005 oppure 080.5015002 dalle 11:00 alle 13:00 dal Lunedì al Venerdì o mandare una mail po-divenere.genetica.medica@asl.bari.it .
Cos’è il Test Prenatale non invasivo NIPT
Le tecniche di screening e di diagnosi prenatale comprendono indagini strumentali, come l’ecografia, e di laboratorio, con l’obiettivo di identificare la maggior parte delle anomalie fetali, comprese alcune patologie cromosomiche, in particolare la Sindrome di Down, l’aneuploidia più comune.
La diagnosi prenatale di queste malattie si effettua sui campioni biologici acquisiti con tecniche di prelievo invasive, l’amniocentesi e la villocentesi, che tuttavia comportano potenziali rischi per la gravidanza (incluso l’aborto) e, per questo, di solito dovrebbero essere riservate alle gestanti che, in base ad un test di screening, risultino avere un feto ad alto rischio per anomalie cromosomiche.
Gli screening prenatali non invasivi, sviluppati negli ultimi 25 anni, si basano essenzialmente sull’analisi di marcatori biochimici sul sangue materno combinati con le indagini ecografiche.
L’ecografia prenatale è la tecnica non invasiva di diagnosi prenatale più importante e diffusa, in considerazione della sua non invasività, dell’innocuità che ne consente la ripetizione nel corso della gravidanza e dell’elevato grado di risoluzione ottenuta con le apparecchiature di ultima generazione. Viene impiegata per monitorare lo sviluppo dell’embrione e del feto, seguire l’evoluzione della gravidanza e anche come supporto alle indagini invasive che prevedono l’acquisizione di villi coriali o di liquido amniotico.
Di recente introduzione negli screening prenatali è la ricerca della presenza, nel DNA libero circolante nel sangue materno, di una quota di origine fetale (in realtà placentare) pari a circa il 10% del totale. Il test si esegue nel primo trimestre di gravidanza e consente di stimare il rischio che il feto presenti una variazione del numero dei cromosomi (aneuploidia) come la sindrome di Down (trisomia 21), la sindrome di Edwards (trisomia 18) o la sindrome di Patau (trisomia 13). Questo test non invasivo è anche definito “NIPT” (Non Invasive Prenatal Testing).
La recente introduzione del test del DNA fetale/NIPT, associato a valutazioni ecografiche nell’ambito del Test Combinato, per le principali aneuploidie consente di mettere a punto un protocollo di screening prenatale non invasivo il cui intento è quello di fornire informazioni alle coppie che lo desiderino, affinché le scelte e decisioni sulla gravidanza siano basate su conoscenze accurate.