“Mal comune, mezzo gaudio”, ci ricorda un proverbio volendo consolarci del fatto che, se una situazione spiacevole è condivisa, dovrebbe spiacerci di meno.
Come tutti i proverbi, anche questo ha una parte di verità ed una parte invece ben poco condivisibile; dubito fortemente che il correntista di una banca fallita soffra di meno per i suoi risparmi evaporati sapendo che altre migliaia di persone hanno perso i risparmi di una vita, ed allo stesso modo non credo che un paziente ricoverato in ospedale gioisca nell’avere molti compagni di degenza, ma tant’è, la saggezza popolare questo insegna e tocca prenderne atto.
Tocca prendere atto anche dei suoi corollari, ovvero che – se il male non è comune il gaudio non è dimezzato e ad essere intero, se non elevato a potenza, è invece il senso di irritazione e presa in giro che monta nel constatare che dove qualcuno soffre di una condizione spiacevole, altri godono di ben più favorevoli momenti.
Facciamo un esempio personale, tanto per parlare chiaro e citare fatti concreti: via Madonna di Pompei potrebbe ambire alla cittadinanza onoraria di Mosul o di qualche altra città martoriata da guerre e bombardamenti: marciapiedi dissestati, sede stradale che mostra in più punti avvallamenti profondi ed altrettanto notevoli sollevamenti, particolarmente pericolosi per ciclisti e motociclisti, una illuminazione pubblica fornita da lampioni genialmente installati dallo stesso lato degli alberi di pino, così che le lampade illuminano le folte chiome degli alberi lasciando strada e marciapiedi al buio, ed altre facezie assortite. Problemi annosi, segnalati da tempo e che non possono essere certo risolti in un attimo. Tutto vero e tutto giusto.
Però, tanto per citare un altro proverbio, un viaggio di mille chilometri comincia pur sempre con un primo, piccolo passo, ed è quel primo piccolo passo che non si è visto, non si vede e – temo – non si vedrà per chissà quanto tempo.
Via Madonna di Pompei (ma non solo) è sporca, anzi sporchissima. Aghi di pino, escrementi animali, cartacce e rifiuti assortiti imbrattano i marciapiedi, intasano le caditoie dell’acqua piovana, decorano artisticamente l’asfalto della strada. Far passare una volta ogni quindici giorni una spazzatrice a pulire il metro scarso di asfalto adiacente ai marciapiedi è una beffa per i residenti, oltre che uno spreco di risorse.
Si obbietterà che c’è scarsità di personale, gli operatori fanno quel che possono, le risorse sono limitate… non lo discuto, sarà (forse) vero, ma è altrettanto vero che per una Amministrazione comunale (da chiunque guidata, oggi come uno, cinque o dieci anni fa, sia chiaro agli autonominati difensori d’ufficio) è indecente, se non immorale, pretendere il pagamento di una tassa sui rifiuti senza offrire un servizio almeno sufficiente al cittadino pagante. Altre parti della città, certamente più centrali e quindi con maggiore appeal, godono di pulizie straordinarie in caso di specifici eventi, sollevando in chi quelle zone le frequenta ogni giorno, il legittimo dubbio di non godere di una pulizia costante per aver forse sbagliato il colore dell’abbigliamento o la modalità di ritrovo con i propri sodali; altrove si legge di entusiasmanti pulizie di ampie parti della zona industriale narrate con un enfasi degna di più ardite e impegnative missioni: spazzare le strade è opera meritoria, ma fa parte dell’ordinario, non è che si stiano salvando migliaia di bambini da una epidemia o scoprendo la cura per l’Ebola, tanto per riportare le cose su un piano di realtà. Di fatto ritengo davvero puerile e poco corretto vantarsi del (presunto) “una tantum” straordinario quando non si riesce a compiere l’ordinario quotidiano (o almeno settimanale).
Certo il buon Lucio Dalla ammoniva che “l’impresa eccezionale è essere normale” ed evidentemente a Grottaglie così è, la città che vorrebbe presentarsi come “Città d’Arte” riserva ai turisti e residenti desolanti paesaggi di “street art” alla Piero Manzoni, magari si tratta di installazioni situazioniste che noi poveri mortali non riusciamo ad apprezzare nel loro messaggio di critica all’attuale degrado sociale, oppure – banalmente e miseramente – questa è solo la prova che c’è ancora tanto, ma davvero tanto da fare, e che a più di un anno da una campagna elettorale in cui tutti sembravano avere in tasca la soluzione a tutti i problemi e ben chiare le “magnifiche sorti e progressive” cittadine, alle molte parole non sono ancora seguiti i tanto auspicati fatti.
Noi attendiamo fiduciosi, ma memori dell’altrui esperienza magari cominciamo ad organizzare una cena colorata a piazza San Ciro, hai visto mai la cosa funzionasse?