Qualche mese fa Grottaglie ha conquistato l’ambita nomina di città europea dello sport, che vedrà il culmine delle celebrazioni nel 2020. Prima e dopo l’ambita proclamazione, è stato tutto un propagandare le sorti magnifiche e progressive della attività sportiva che tanto bene fa allo spirito ed al corpo; un tourbillon di tali e tanti vantaggi, ripetuto con tale e tanta efficacia, che pare nessuno ne sia reso immune, tantomeno le giovani generazioni.
Nei virgulti grottagliesi si è rinfocolato lo spirito olimpico che fu di Icco di Taranto e Leonida di Rodi e, complice la chiusura dell’anno scolastico con la conseguente cessazione dell’obbligo di frequenza delle lezioni, son tutti sciamati in giro a cimentarsi in tenzoni agonistiche e gare sportive. Ahiloro, a cotanta passione non corrisponde altrettanta disponibilità di strutture sportive, nonostante le pluriennali promesse e gli accorati proclami la Città delle Ceramiche soffre ancora per piste ciclabili assenti e campi sportivi lucchettati, e se la 167 piange la Savarra non ride, accomunati i quartieri tutti in un sovrappiù ormonale che non trova sufficienti luoghi ove esprimersi.
Come fare per rendere evidente alla cittadinanza un così bruciante desiderio di sport? Come esprimere appieno le molteplici abilità agonistiche proprie dei grottagliesi di oggi e di domani? Come accogliere entusiasticamente l’invito alla pratica ludica ognidì ripetuto? La risposta è semplice e sotto gli occhi di tutti, in omaggio a quel ’68 che si avvia a cessar di esser cronaca per divenire storia, e si passa all’esproprio proletario! E se gli adulti non sono in grado di fornire ai ragazzi acconce strutture sportive, ebbene i nipoti faranno propri gli spazi destinati ai loro nonni!
Ecco allora il viale principale di Grottaglie, chiuso al traffico automobilistico e destinato al piacere peripatetico, invaso da branchi di ciclisti in vena di prodezze, che si sfidano in gare di velocità ed equilibrismo su una e due ruote, incuranti del rischio di travolgere incauti passanti ed invisibili ai più, nelle ore serali, per l’ostentato rifiuto a dotarsi di qualsivoglia segnalatore luminoso anteriore e posteriore.
E che dire di coloro che muniti di pattini, ma anche di skateboard, overboard e simili epigoni del glorioso “carrozzone”, mettono a rischio gomiti e ginocchia proprie ed altrui percorrendo impavidi la circonferenza della fontana di piazza Principe di Piemonte, unico slargo in cui una pavimentazione sufficientemente livellata consenta loro di godere il piacere dell’uso di codesti mezzi, con buona pace della pista ovale in zona Campitelli.
E chi sfugge alle evoluzioni dei giovani rotellomuniti non può certo dirsi in salvo, poiché la citata piazza offre ben altri rischi, a partire da quelli rappresentati dagli emuli dei Ronaldo e dei Pirlo, che con potenza non sempre corrispondente ad altrettanta precisione, fanno solcare l’area sorvegliata dallo sguardo marmoreo del Calò da micidiali palloni, veri e propri missili terra-terra che non lasciano scampo all’incauto che dovesse trovarsi sulla loro traiettoria, mentre gli appassionati del Biathlon, non potendo disporre di adeguate piste per praticare lo sci di fondo, migliorano la loro capacità nel tiro a segno utilizzando carabine caricate ad acqua, direttamente approvvigionata dalla fontana monumentale o da quella più modesta – ma altrettanto efficace – poco distante.
Come non apprezzare cotanta passione sportiva? Come non gioire di siffatto entusiasmo? Come non plaudire a questa abiura delle moderne tecnologie videoludiche a favore di ancestrali agoni che abituano le giovani generazioni allo spirito di squadra, alla sana competizione, al rispetto delle regole sportive, all’adeguarsi alla gerarchia ed ai ruoli?
Certo, qualcuno si lamenta; c’è chi ha provato a dissuadere i giovani calciatori con il sempreverde “Mo’ ve lo taglio!” e chi ha invitato i ragazzi ad abbandonare piazze e viali con l’altrettanto usato “”Scià sciucate ‘nnanzi casa voscia!” con risultato miserrimi, ricevendo in cambio ostentata noncuranza se non offese e contumelie. Altrettanto vano l’affidarsi di alcuni all’intervento dei genitori degli atleti più giovani, evidentemente più interessati a controllare le notifiche dei social più che il vagolare degli impuberi scavezzacollo. Rimarrebbe da affidarsi agli agenti della Polizia Locale, che però sono già in difficoltà nel regolare il traffico cittadino su quattro ruote e allora che si fa?
I più tecnologici auspicano l’attivazione dell’impianto di videosorveglianza da utilizzare come novella VAR per dirimere le contestazioni su falli e ammonizioni, i più tradizionalisti – prima di attraversare gli improvvisati campi di gara – si affidano alla protezione dei Santi patroni; d’altronde, Grottaglie ne ha ben tre e non c’è che l’imbarazzo della scelta.