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L’italiano è una lingua ricca, non solo in termini lessicali ma anche grammaticali; provate a chiedere ad uno straniero se nella loro declinazione verbale hanno tempi come il trapassato remoto o il futuro anteriore e vedrete stupore e sgomento dipingersi nei suoi occhi.

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A fronte di questa ricchezza, da qualche decennio la lingua italiana è oggetto (o vittima…) di un cambiamento epocale. Vero è che la lingua italiana ufficiale è poco più di una formalità; a più di centocinquanta anni dalla Unità di Italia, citando Massimo D’Azeglio, non solo non sono stati fatti gli italiani, ma neppure l’italiano può dirsi compiuto e accettato in tutta la penisola. All’inizio fu la preponderanza dell’influsso dialettale, prima come fatto culturale legato alla conservazione delle proprie radici da parte degli emigranti, poi utilizzato a fini politici ed elettorali da partiti e movimenti a forte radicamento territoriale. Poi – complici le nuove tecnologie – sono arrivato anglicismi e parole straniere, spesso storpiate o usate a mo’ di eufemismo: così l’assassino è diventato killer, il benessere è diventato welfare ed il telefono cellulare uno smartphone.

Luca Mastrantonio, con il suo “Pazzesco!” analizza i cambiamenti della lingua italiana avvenuti soprattutto negli ultimi quarant’anni, offrendo uno spaccato interessante ed originale dei mutamenti avvenuti, analizzati in maniera attenta ma con un velo di ironia proprio partendo dal termine che da il titolo al libro, oramai entrato – come tanti – nel linguaggio comune con significati ben diversi da quelli suggeriti della etimologia ortodossa.

La prima parte del libro sarà interessante soprattutto per i “nativi digitali”, i lettori con meno di trent’anni percui un telefono cellulare, un tablet o una connessione internet domestica sono una cosa normale. A loro (ma non solo…) è offerta una panoramica dei vari fenomeni che hanno influenzato l’italiano, dal “new inglesorum” che ha portato nel nostro vocabolario termini non di rado straziati da una italianizzazione brutale come “briffare”, swicciare” o “scannerizzare” sino al sinistrese ambidestro padre di modi di dire fumosi come “nella misura in cui” e “prendere coscienza” e “portare avanti un discorso”, passando per l’antipolitichese dei cantautori ed il socialmente ipercorretto che ha dato la stura ad eufemismi a volte più offensivi del termine che si voleva evitare.

La seconda parte è dedicata invece ad un “Dizionario ragionato dell’italiano esagerato” utile soprattutto ai tardivi analogici, ovvero a chi di anni ne ha più di quaranta e che certi termini se li ritrova sbattuti in faccia senza sapere bene come interpretarli; si va dagli acronimi stranieri (LOL, MILF) alle crasi e sintesi italiane (apericena, faccialibro, sapevatelo) passando per termini dialettali oramai di uso nazionale (sticazzi, bellazio, daje) ed altri che oramai vengo usati con significati ben diversi da quelli originali (stai sereno, sdoganare imbruttito) ordinati alfabeticamente ed esplorati nelle loro origini remote e negli impieghi attuali.

A spiegare perché è opportuno la lettura di questo libro è la nota in fondo alla quarta di copertina che spiega: “la nostra lingua batte dove la mente duole perché abusiamo di parole che non conosciamo. Così un dizionario diventa un manuale di autodifesa”.

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