La prima associazione di pensiero è quella con il Nanni Moretti de “Le parole sono importanti”, ed in effetti, di schiaffi – sia pure virtuali – Gianrico Carofiglio, con il suo “Con parole precise” ne tira un bel po’.
Non bastasse il titolo a chiarire il senso del libro, giunge la definizione di “Breviario di scrittura civile” a mettere le carte in tavola su un tema su cui noi italiani, non il nostro modo di dire – ed ancor più di scrivere – siamo esemplari, nel bene e nel male. Nella sua triplice veste di scrittore, politico e magistrato Carofiglio affronta l’argomento con una capacità ed una esperienza affatto singolare, fornendo esempi ed analisi chiari e godibili tanto delle incomprensibili direttive ministeriali che dei verbali giudiziari, chiosando con sapiente ironia cosa è stato scritto e cosa si sarebbe potuto (o dovuto…) scrivere.
Tra i molti capitoli interessanti, ho trovato particolarmente acuta ed illuminante la parte dedicata alle metafore, con una spiegazione dettagliata di cosa queste siano, del perché lo “Yes, we can” di Obama ha funzionato e la sua traduzione italiana molto meno, senza tralasciare le fondamentali differenze tra quelle di Renzi, di Bersani e Berlusconi, tre politici che delle metafore (o delle presunte tali) hanno fatto un loro cavallo di battaglia più o meno efficace.
Altrettanto interessante è l’analisi della grammatica da Azzeccagarbugli, l’uso del “latino rum”, l’abuso di formule ridondanti e parruccone, l’incapacità di esprimere un concetto in termini di soggetto – predicato verbale – complemento oggetto e ancor peggio la precisa volontà di molti nell’usare a bella posta un linguaggio nebuloso e complicato per darsi importanza o per confondere l’interlocutore.
Il testo potrebbe apparire un po’ arido in alcuni punti ed a volte ai limiti del ripetitivo in alcuni passaggi, ma si tratta di peccati davvero veniali in un opera che merita di essere letta e metabolizzata come un vero e proprio strumento di autodifesa sociale e culturale, specie in questo periodo in cui – complici le prossime elezioni amministrative – di slogan, paroloni, e retorica un tanto al chilo rischieremo davvero di fare indigestione.
«Non è possibile pensare con chiarezza se non si è capaci di parlare e scrivere con chiarezza». Sono parole del filosofo John Searle, teorico del rapporto fra linguaggio e realtà istituzionali. Le società vengono costruite e si reggono essenzialmente su una premessa linguistica: sul fatto cioè che dire qualcosa comporti un impegno di verità e di correttezza nei confronti dei destinatari. Non osservare questo impegno mette in pericolo il primario contratto sociale di una comunità, cioè la fiducia in un linguaggio condiviso. L’antidoto è la scrittura civile, cioè quella limpida e democratica, rispettosa delle parole e delle idee. Scrivere bene, in ogni campo, ha un’attinenza diretta con la qualità del ragionamento e del pensiero. Implica chiarezza di idee da parte di chi scrive e produce in chi legge una percezione di onestà.