Prosegue lo stato di agitazione dei lavoratori della Federazione UGL Metalmeccanici e Logistica & Viabilità capitanate dai Segretari Provinciali Nicola Vitale e Martino Greco.
“Con fermezza – annuncia un comunicato della sigla sindacale – sono pronti anche a una mobilitazione di protesta, perché dichiarano che “stanno morendo di fame”! “
“I lavoratori delle aziende dell’indotto ILVA – prosegue il comunicato dell’UGL – rischiano di non avere né tredicesima né stipendio, non solo a dicembre ma anche nei mesi che seguiranno. Non si può accettare una situazione del genere; non esistono lavoratori di serie A e lavoratori di serie B.
E’ giusto intervenire con urgenza a remunerare le aziende dell’indotto affinchè elargiscano gli stipendi. I lavoratori minacciano di occupare non solo le aziende ma anche i Palazzi, le strade e le piazze, se così non dovesse essere. Sarebbero capaci di andare a Roma a portare i figli a mangiare nella mensa dei parlamentari, se non dovesse bastare! “
Dura la presa di posizione dei Segretari UGL: ‹‹Ogni giorno i lavoratori ci chiamano disperati ed esasperati, ogni giorno che passa è come un’eternità per chi aspetta delle risposte, ogni giorno è un giorno in più che si aggiunge a questa lenta agonia››.
La crisi che coinvolge l’Ilva di Taranto e, di conseguenza tutta la città, sembra stia volgendo a un’unica soluzione da parte del Governo: ricorrere inevitabilmente a intervento pubblico. D’altronde lo stesso Presidente del Consiglio Matteo Renzi lo ha ribadito parlando di tre ipotesi possibili per salvare la produzione dell’acciaio presso il plesso siderurgico più grande d’Europa. “L’acquisizione da parte di gruppi esteri, da parte di italiani e poi l’intervento pubblico. Non tutto ciò che è pubblico va escluso. Io sono dell’ipotesi che l’acciaio debba essere gestito da privati. Ma se devo far saltare Taranto, preferisco intervenire direttamente per qualche anno e poi rimetterlo sul mercato”, ha dichiarato apertamente il Premier.
“Le prime due ipotesi – afferma la UGL – sembrano essere al momento del tutto illusorie. Il disastro ambientale tarantino e l’incapacità, o meglio, il disinteresse a coniugare il diritto al lavoro e il diritto alla salute, principi di cui noi della UGL non siamo intenzionati ad accettare, né l’alternatività né la complementarietà, essendo per noi due valori assoluti e indiscutibili, non rappresenta solo il prodotto di quasi vent’anni di gestione privata dei Riva, ma di un assordante silenzio di tutti! La verità è che in tutto questo tempo non c’è stata alcuna alternativa al modello Riva o, ancora più vero è che, poiché “il sistema girava”, non c’era necessità di crearla.
Non ci sono mai state offerte migliori di quella avanzata dal gruppo Riva, quando si decise nei primi anni novanta, dopo il fallimento delle partecipazioni statali, di privatizzare la più grande siderurgia d’Europa. Non ci sono state in questi anni, e la prova è anche nella crisi di tutti gli altri stabilimenti siderurgici del Paese, per i quali però questo Governo invece le soluzioni le sta trovando e con tempi celeri, e non ci sono ora dal gruppo Marcegaglia al gruppo Arvedi.
La verità è che chiunque voglia rilevare l’Ilva ha avanzato solo intenzioni poco concrete, senza presentare alcun piano industriale che effettivamente dia un futuro alla fabbrica e sani la drammatica e devastante situazione ambientale. Offerte valide non sono arrivate neanche da gruppi esteri.
Per mesi a Taranto – ricorda la nota dell’UGL – si è vociferato che l’Ilva potesse essere rilevata da Arcelor Mittal, il colosso franco-indiano-lussemburghese, principale produttore mondiale di acciaio, ma Arcelor Mittal non ha comunque presentato, nessun piano che tenga realmente insieme i livelli occupazionali con la realizzazione delle bonifiche e l’ambientalizzazione dell’azienda. La verità è che il colosso indiano dell’acciaio è interessato solo al settore “commerciale dell’ILVA” , sarebbe a dire rilevare quote di mercato e smantellare tutto in pochi anni. Così come in Francia, il gruppo ha chiuso l’importante stabilimento di Florange senza dare alcuna risposta alle proteste dei lavoratori.
A noi dell’UGL Taranto – chiarisce il comunicato sindacale – questo non interessa. Smantellare una fabbrica per farne un rifiuto appetibile per altri speculatori e mercenari? No grazie! Anche se siamo disperati e in ginocchio, non siamo e non vogliamo essere il rifiuto d’oro per altri. Ammesso che sia vero quanto ha dichiarato il Premier, che presto ci sarà un intervento dello Stato, ci auguriamo che questo sia oltre che tempestivo anche efficace.
Ad ogni modo, noi dell’Ugl chiederemo di più: che si intervenga non solo sulla tutela dei lavoratori diretti dell’ILVA, ma su tutto il mondo del lavoro jonico, un mondo fatto di eccellenti maestranze altamente specializzate; chiederemo la tutela della salute dei lavoratori e dei cittadini, le bonifiche urgenti e non più differibili, l’ambientalizzazione degli impianti non più procrastinabili, la realizzazione di zone abitative a misura di famiglia con aree vivibili.
L’Ugl di consegenza, sarà vigile, critica e propositiva. Vigileremo su come i soldi dei contribuenti saranno investiti e spesi, su come il management pubblico attuerà i piani di salvataggio, su come la realizzazione non sia solo frutto di fantasie propagandistiche ma di concrete azioni. A questo punto però, rammarica la considerazione che per applicare l’autorizzazione integrata ambientale che dovrebbe arginare l’inquinamento, favorendo la copertura dei parchi minerari e la trasformazione della fabbrica, servono almeno 1,8 miliardi di euro e le casse dell’Ilva sono vuote, ma in assenza di altro si fa affidamento sugli 1,2 miliardi sequestrati dal tribunale di Milano ai Riva per evasione fiscale, in un processo che non c’entra nulla con quello tarantino sull’ambiente.
Quei soldi non sono ancora nelle casse dello Stato né del commissario che dovrebbe utilizzarli; ciò non solo perché sulla misura del tribunale pende un ricorso in cassazione, ma soprattutto perché i soldi sono materialmente dispersi in trust nel canale della Manica di proprietà della Ubs, la quale ha fatto sapere che attenderà la conclusione del procedimento. Praticamente quei soldi non li avremo mai.
E’ bene ricordare – conclude il comunicato della UGL tarantina – che trent’anni fa lo Stato italiano fece un’altra manovra del genere per salvare l’IRI. Risultato? Il fallimento. Un nuovo intervento pubblico oggi può aver successo solo se si evitano gli errori commessi nel passato. Bisognerebbe pensare di ripartire proprio da Taranto, perché Taranto per il Paese è la fonte dell’acciaio ma anche di due punti percentuale del PIL. Non ci si può scordare che quando il Premier Renzi venne a Taranto, salutando tutte le parti sociali, promise di ritornare; ebbene, ogni promessa è un debito. “