“Quando c’era da parlare io ho taciuto”. Siamo ormai al centenario della nascita di Aleksandr Solženicyn (1918 – 2008). Con alcune sue parole voglio non dimenticare e non far dimenticare il massacro comunista delle Foibe. Le civiltà sono nella civilizzazione di un processo che è ideologico chiaramente, ma che trova nelle rivendicazioni nazionalistiche il dato centrale che si trasforma in tragedia.
Ci sono Genocidi e stermini che hanno valenza sia ideologiche etniche e il problema della “razza” assume dimensioni conturbanti. Solženicyn: “La violenza non può esistere per se stessa; è invariabilmente intrecciata con la menzogna”.
Il Genocidio etnico subito dal popolo italiano, e cominciato già con la Grande Guerra, le cui radici, comunque, hanno una intermittenza geopolitica distante dalla storia contemporanea trova nella stagione 1943 – 1947 un suo drammatico epilogo con la questione istriano – dalmata e con ciò che sono state definite il massacro degli infoibati. Foibe – Genocidio.
Due sono le penetrazioni storiche in una tale dolorante vicenda.
La prima è di ordine prettamente ideologico. Dopo il 25 luglio del 1943, ovvero dopo la caduta del Fascismo in Italia e dopo la “scandalosa” giornata di Cassibale, ovvero Armistizio con la guerra che continua, subentra quell’odio ideologico attraverso il quale Tito ha retto il suo Paese sino ad anni piuttosto recenti. La seconda è strettamente legata ad un odio etnico contro l’italianità.
Tutto ciò che sapeva di italianità, ed era italiano, entrava nel tragico del Genocidio. E di Genocidi ne abbiamo avuti, a cominciare, nel Novecento, da quello terribile nei confronti degli Armeni. Ma la questiona Istriana, Dalmata, Fiumana tocca nel cuore l’essere italiani, l’essere stati italiani, l’essere coraggiosi nel dirsi italiani rivendicando l’identità storica e linguistica e ed etnica italiana.
Le Foibe sono ancora dentro la civiltà identitaria italiana.
Su questo sto lavorando da anni sia sul piano storico – letterario sia sul piano etnico (in un lettura tra etnia storica ed etnia contemporanea croata – slovena).
Ho tra le mani un Diario di un superstite che racconta, tra versi e pagine annottate, storie e drammi che sono sentieri di umanità in una tragedia che ci appartiene come Italiani.
Credo che dovremmo sempre più rivendicare la nostra nazionalità, la nostra identità, le nostre radici.
La Fiume di D’Annunzio è da riconsiderare, il dolore dei profughi istriani è ancora da riascoltare, i morti ammazzati e scaraventati nelle gole dei grovigli rocciosi pesano sulla coscienza della storia.
“Diario Anonimo di Uomo che scappò dalla Terra degli Infoibati” è questo il titolo dello scritto.
“Siamo fuggiti, ma i colpi sono un rombare di tuoni. Io sono qui, ma Claudia è stata stuprata”.
“Sono stracci di uomini e donne appesi alla luna grondante sangue. Io sono Italiano e l’Italia non so dove sia”.
E poi: “LA MEMORIA È SANGUE/ In quei giorni fummo sradicati.
Chi rimase lasciò un urlo di sangue tra le carsiche rocce che la memoria inceppa al chiodo del cuore.
Ci furono i silenzi e le maschere che non smettono di tagliare le parole e fu la storia la colpevole realtà di una verità taciuta.
In quei giorni fummo sradicati nella voce e nel destino.
Altri tanti altri i cui nomi sono nel disegno della tragedia
precipitati vivi nelle pietre della morte”.
Scrisse Aleksandr Isaevič Solženicyn: “Delle atrocità che ho subito io non accuso i miei carcerieri, ma solo me stesso perché quando c’era da parlare io ho taciuto”.
Quante verità dai morti trascinati nelle Foibe. Il volto del comunismo è unico. Qualche decennio fa si parlava del comunismo dal volto umano, ovvero della barbarie dal volto umano (Bernard-Henri Lévy).
Non è mai esistito un tale comunismo dal volto umano. Il comunismo è semplicemente comunismo. Bisogna solo ricordare il massacro degli infoibati? Bisogna solo dare un senso al ricordare un eccidio in nome del comunismo? Bisogna solo definirlo come ricordo? La menzogna del comunismo ha ancora l’attrazione di una devastante ideologia marxista?
Interrogativi che restano e che si pongono fino a quando si cerca ancora di “giustificare” il comunismo. Il comunismo non si giustifica. Quell’ideologia nata da una filosofia materialista ha prodotto crimini devastanti. Sono le idee che diventano azione. Non c’è alcuna giustificazione e tanto meno basta definire i crimini comunisti nella geografia dell’Italia dalmaziana – istriana come appunti per un ricordo.
Il ricordo è molto meno della memoria? Non è più pensabile una distinzione tra la memoria e il ricordo. L’Olocausto applicato al popolo degli Ebrei è una tragedia immane come è una tragedia senza alcuna consolazione il dramma e le morti degli infoibati.
Non c’è un comunismo “buono” e un comunismo “cattivo” o altro. Il comunismo è la devastante criminalità dei campi di concentramento, è la costruzione dei muri, è la miseria dei Paesi dell’Est soggiogata da madre e padre sovietici. A questo padre e a questa madre il comunismo deve la sua esistenza e la sua resistenza. Il comunismo è unico. Quel marxismo alle cui basi insiste il materialismo storico trova la sua chiave di lettura anche un terzo/quarto-mondismo che non ha più senso. Il problema che sta dietro al comunismo è il fatto che: “Abbiamo dimenticato Dio: questo è il vero male; il resto è solo conseguenza” (Solženicyn).
Il dolore è dolore. La tragedia è tragedia nella memoria e nel ricordo. La morte è morte. Non bisogna avere paura, come diceva Cesare Pavese, di scavalcare i morti. Sono morti e dovremmo avere il coraggio della pietà. Ma la pietà cosa è? Solo i morti lo sanno. Una volta scavalcati bisogna domandarsi perché e chiedersi il senso e la ragione.
Aleksandr Isaevič Solženicyn: “C’è una parola che si usa molto oggi: ‘anticomunismo’. È una parola molto stupida e mal composta perché dà l’impressione che il comunismo sia qualche cosa di primitivo, di basico, di fondamentale. E così, prendendolo come punto di partenza, anticomunismo è definito in relazione a comunismo. Per questo affermo che la parola è stata mal scelta e fu composta da gente che non conosceva l’etimologia: il concetto primario, eterno, è Umanità. Ed il comunismo è anti-Umanità. Chi dice “anti-comunismo”, in realtà sta dicendo anti-anti-Umanità. Un costrutto molto misero. Sarebbe come dire: ciò che è contro il comunismo è a favore dell’Umanità. Non accettare, rifiutare questa ideologia comunista, inumana, è semplicemente essere un essere umano. Non è essere membro di un partito”.
Altro non dire!