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Lottano tra loro e tirano il mio debole cuore in opposte direzioni
l’amore e l’odio, ma (penso) vince l’amore.
Ti odierò se potrò; altrimenti, ti amerò:
anche il toro non ama il giogo, eppure porta il giogo che odia.
Fuggo dalla tua infedeltà, ma mi riporta indietro la tua bellezza, il tuo animo;
detesto la tua condotta colpevole, ma amo il tuo corpo la tua mente.
Così non riesco a vivere nè con te nè senza di te,
e mi sembra di non sapere cosa voglio davvero Io
questa volta.
(Odi et Amo – Ovidio Amores III, vv. 33-40)

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La dipendenza affettiva (Love Addiction) è una patologia, ancora non classificata nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, ma oggetto di molti studi. Coinvolge in particolare le donne, seppure i partner di sesso maschile siano in aumento: dalla letteratura risulta che più del 90% dei soggetti dipendenti affettivi è di sesso femminile (Miller,1994) mentre la fascia di età è variabile e si estende dai 20 anni all’età adulta.

Sia negli uomini che nelle donne si riscontrano le seguenti caratteristiche:
• Continuo bisogno di conferme
• Scarsa autostima
• Paura dell’abbandono
• Tendenza a compiacere
• Tendenza all’ iperresponsabilizzazione
• famiglie di origine multiproblematiche (abusi sessuali, maltrattamenti fisici o psicologici, storia di alcolismo, disturbi del comportamento alimentare, tossicodipendenze dei genitori..).

Ritengo che la dipendenza affettiva sia una dipendenza a tutti gli effetti, proprio come la dipendenza da sostanze alcoliche e stupefacenti. Giddens infatti parla infatti di ‘dosi’ nel momento in cui si riferisce alla quantità di tempo, di contatto, di vicinanza che la persona ricerca, tendendo ad aumentare le dosi sempre di più. La persona affetta da ‘dipendenza affettiva’ aspira ad uno stato di “fusione” con l’amato che può compromettere le capacità critiche e l’esame di realtà della persona, giungendo sino ad una perdita della propria identità. La persona con dipendenza affettiva non riesce a lasciare il partner, anche se quest’ultimo lede addirittura la sua integrità psico-fisica.

“Quando giustifichiamo i suoi malumori, il suo cattivo carattere, la sua indifferenza, o li consideriamo conseguenze di un’infanzia infelice e cerchiamo di diventare la sua terapista, stiamo amando troppo. Quando non ci piacciono il suo carattere, il suo modo di pensare e il suo comportamento, ma ci adattiamo pensando che se noi saremo abbastanza attraenti e affettuosi lui vorrà cambiar per amor nostro, stiamo amando troppo. Quando la relazione con lui mette a repentaglio il nostro benessere emotivo, e forse anche la nostra salute e la nostra sicurezza, stiamo decisamente amando troppo.” …così negli anni ’70, Robin Norwood parla della Dipendenza Affettiva di molte donne.

Personalmente credo non si possa parlare di Amore in questi casi… il desiderio di fusione con il partner, l’idealizzazione, il desiderio di essere continuamente insieme al partner stesso , l’ansia di separazione, l’”ossessione” per l’altro, le manifestazioni somatiche (batticuore, rossore, eccitazione) sono fisiologici nella prima fase di innamoramento, ma con il tempo queste forme di amore sono sostituite da modalità diverse, più mature affettivamente. Il rispetto per il partner, la stima, il volere il bene dell’altro, il viversi l’intimità scelta da entrambi e nella cui intimità entrambi, nella piena autonomia, possono rifornirsi di affetto e sicurezza.

Questo processo però, nella persona con dipendenza affettiva, resta incompleto e pertanto ella vive il desiderio costante di essere in intimità e fusione con il partner, in maniera ossessiva e come unica fonte di energia per sé. Ma la paura di poter perdere il partner, la tensione che ne deriva, il terrore dell’abbandono, la possessività, paradossalmente impediscono alla persona con dipendenza affettiva di vivere uno stato di vera intimità e genuinità con l’altro.

L’infanzia della persona che sviluppa la dipendenza affettiva spesso è stata privata delle forme ‘genuine’ di riconoscimento, accudimento e amore. Sono frequenti le storie infantili di maltrattamenti fisici e psicologici, storie in cui i bisogni dei bambini sono stati negati o frustrati. Questi bambini sono gli adulti che ‘non credono in se stessi’ e che tendono a negare i propri bisogni. Il vuoto affettivo si cerca, dunque, di colmarlo attraverso il partner, dedicandosi completamente a quest’ultimo e, dimenticandosi di se stessi.

Bisogna pertanto non sottovalutare questa problematica e sentirsi liberi di parlarne con persone di fiducia, persone care e specialisti. E, ritengo fermamente che è molto difficile Poter amare qualcuno se prima non ci si dà il Permesso di amare se stessi, in maniera autentica e incondizionata.

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