E’ morto la mattina del 31 gennaio, a Firenze, all’età di 88 anni, il glottologo, archeologo, epigrafista, paleografo e storico dell’architettura rupestre prof. Roberto Caprara (già docente di Archeologia Medioevale nell’Università di Sassari), personaggio di grande professionalità, molto amato e apprezzato da tutti.
Il prof. Caprara si trovava nella sua abitazione di Firenze e sperava di settimana in settimana di tornare, come faceva sempre, a Massafra, sua città, tanto amata, ove era da tutti atteso. Doveva essere presente a Massafra già lo scorso mese per ritirare il “Premio Giovanni Cataccchio”, assegnatogli dal Circolo Filatelico “Antonio Rospo”, ma proprio per motivi di salute gli fu impossibile partecipare di persona alla cerimonia di consegna del premio (ritirato per lui dalla cognata Carmela Sforza, moglie del fratello Attilio). Premio accettato perché associato ad altri premiati che rappresentano la crema della cultura massafrese e poi perché gli era assegnato un’associazione intitolata ad Antonio Rospo, che è stato indimenticabile amico della sua giovinezza e collaboratore prezioso nell’organizzazione delle prime edizioni del leggendario “Palio della Mezzaluna” degli anni Cinquanta. In passato avevo solo accettato il “Premio Umanesimo della Pietra per la Storia” solo per rispetto agli studiosi che avevano votato il suo nome.
Era nato a Massafra il 20 agosto 1930 ed è stato glottologo, archeologo, epigrafista, paleografo e storico di alta levatura. Nella sua vasta biografia, leggiamo, tra l’altro, che aveva frequentato le elementari nella scuola di Piazza Corsica, appena inaugurata, le scuole medie, durante la guerra a Maglie e Gallipoli, il liceo nell’Archita di Taranto, l’Università a Bari, dove si era laureato in linguistica, avendo avuto per maestri Giovanni Nencioni (poi Presidente dell’Accademia della Crusca) e Giovanni Alessio (autore, con Carlo Battisti, del grande “Dizionario Etimologico della Lingua Italiana”). La sua tesi ebbe ad argomento il dialetto massafrese, di cui stabilì il fondo generale latino, dei contributi greci – bizantini e germanici. Il vocabolario del nostro dialetto fu pubblicato nell’Annuario dell’Università di Bari del 1955. In quegli anni fu protagonista con Paolo Catucci, il fratello Attilio, Gianni Jacovelli, Nicola Andreace, Orazio Santoro e Espedito Jacovelli della rinascita culturale massafrese sotto l’egida della Proloco, che vide nascere il carnevale, il settembre massafrese e l’Archeogruppo. Subito dopo la laurea, iniziò la sua carriera d’insegnante nel Liceo Archita, insegnando in seguito anche nel Liceo Tito Livio di Martina Franca e nel Liceo Michelangiolo di Firenze. Dal 1947, insieme a suo fratello Attilio, fu fedele compagno di padre Luigi Abatangelo (che considerò sempre suo maestro) nelle visite alle chiese rupestri della Provincia e, quando apparve chiaro che padre Luigi era stato colpito da un male che lo avrebbe portato alla morte, abbandonò la linguistica e passò a studiare l’archeologia post-classica, nel Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana di Roma e presso l’Istituto di Antichità Bizantine e Ravennati di Ravenna, dell’Università di Bologna. Divenne docente di Archeologia medievale nella Facoltà di Magistero dell’Università degli Studi di Sassari.
Dedicatosi professionalmente all’archeologia, soprattutto dopo essersi dimesso dall’insegnamento nel 1983, condusse una ventina di campagne di scavo e di ricerca in Puglia, in Toscana e soprattutto in Sardegna, dove visse per vent’anni. Legato tenacemente a Massafra e alla Puglia, pur vivendone lontano, dagli anni settanta in poi, è stato uno dei riconosciuti innovatori degli studi sui villaggi e le chiese rupestri, la cui cronologia era sin allora appiattita su un indistinto medioevo bizantino. Grazie ai suoi studi oggi sappiamo, ad esempio, che le chiese di San Marco e della Buona Nuova sono anteriori al VII secolo e quella di Santa Marina non più tarda dell’VIII secolo e che, nel Medioevo, nel villaggio di Madonna della Scala non c’era soltanto, come si scriveva normalmente, un’economia agricolo-pastorale, ma vi si svolgeva addirittura un’attività siderurgica. Per questa ragione nella sua vasta bibliografia spiccano monografie su chiese rupestri massafresi, su quelle di Palagianello, di Taranto e Statte, di Castellaneta e della Sardegna, dove, prima del suo arrivo, le chiese rupestri erano completamente ignorate.
Fu sempre profondamente convinto che l’Archeologia non fosse più una scienza sussidiaria, quasi un’ancella, della Storia, ma, soprattutto l’Archeologia medioevale, sia scienza storica a pieno titolo (l’archeologo medievista legge e interpreta i documenti esattamente come lo storico), e pubblicò e commentò testi medioevali umbri. Tra i suoi ultimi studi, un codice del 1464, il “Quaterno del notaio Antonio Caricello”, che gli consentì di disegnare un inedito profilo della vita economica, sociale, religiosa della comunità massafrese nel Quattrocento; il “Dizionario etimologico e grammatica del dialetto parlato a Massafra e dei dialetti dell’arco jonico delle Gravine”. Uno dei suoi ultimi libri: “La Storia di Massafra. Preistoria, Protostoria, Età Classica. Il millennio 970-1970” (iattualmente in corso di stampa da una casa editrice inglese). Inoltre aveva in preparazione un libro su “San Possidonio” e il volume su la “Toponomastica storica di Massafra”, in collaborazione con Giulio Mastrangelo che proprio nei giorni scorsi, in occasione di una manifestazione, ebbe a ricordare alcuni dei grandi personaggi culturali di Massafra che purtroppo hanno lasciato il mondo terreno.
E a questi si aggiunge adesso “il grande” Roberto Caprara che tutti ringraziamo per quanto ci ha dato.
(Si ringrazia per la collaborazione Antonino Bellinvia, autore del presente articolo)