Cosa racconto nel mio libro “Il viaggio accanto”? Forse racconto me stesso servendomi di Corrado Alvaro. O forse attraverso l’Alvaro che ho vissuto in tempi antichi e che ora ritorna con il suo fascino e la sua alchimia. Se non trovo alchimia nella letteratura, la letteratura non mi parla. Posso anche scrivere su una letteratura che non mi parla, ma non lascia dentro di me le strisce di mistero. Ed è così che viaggiare accanto ad Alvaro ha significato anche viaggiare dentro di me. Cosa è il mondo della alchimia in Corrado Alvaro? È il labirinto che racchiude il senso del viaggio di Arianna e il buio. È la memoria di un mondo sommerso che senza la magia non avrebbe senso. È il tutto è accaduto che recupera il senso della memoria nella nostalgia del tempo presente.
Alvaro ha la nostalgia del tempo presente perché è consapevole che proprio ilo presente si diluisce nel futuro. Ma ciò è una dimensione metafisica della memoria che è segno della pazienza sciamanica. Perché cerco la favola e non la vita? Ogni sera aspetto una telefonata. Una telefonata che non arriva. Mi capita, involontariamente, di controllare anche il telefono per vedere se è acceso o meno. Una telefonata che non arriva, non arriverà più.
Ormai, come in Alvaro, mi interessa la “favola della vita” più che la vita stessa.
Corrado Alvaro mi ha insegnato molto perché ha saputo dialogare con la sua terra -madre e con il viaggiare. Il suo viaggiare ha segnato il distacco non solo da una terra, ma anche dal padre e dalla madre.
Il padre e la madre rappresentano il vero viaggio alla ricerca di un tempo finito che soltanto nella memoria diventa infinito.
Si vive di infiniti.
Le donne in Alvaro hanno sempre rappresentato un riferimento ancestrale. Quell’incipit che ha legato il prima e il dopo (o il prima al dopo). L’immenso delle donne in Alvaro è l’immenso di una alchimia che resta nel mito di una terra.
In “Quasi una vita” si legge: “Le donne serbano le tradizione, conoscono i pensieri riposti degli uomini”.
Le donne custodiscono la profezia e la favola, la magia e la luna.
In Alvaro c’è sempre la donna Angelo o la donna Serpente. Un viaggiare in una antropologia che si presta ad una visione che è simbolica e magica.
La figura di Melusina sembra aver segnato un tassello nel mosaico dei suoi scritti. Come l’immagine di Medea che utilizza una formazione greco ellenica.
La Melusina è la donna calabrese – mediterranea. La donna mito, favola e sortilegio nasconde sempre segreti. La donna ispiratrice musa. È l’antico che attraversa i coralli del nostro esistere.
La donna, dunque, è sortilegio. La donna – luna, la donna – mistero.
Si vive in un labirintico gioco di memorie. Memorie che segnano il vero umanesimo. Molto amico di Pirandello, tanto che scrisse la Introduzione alle Novelle pirandelliane grazie ad uno scavo profondamente esistenziale. Scrisse di Pirandello sottolineando l’importanza dell’ispirazione che aveva come modello iniziale: “… l’osservazione dei fatti, da un’inesauribile curiosità del mondo e dell’inatteso dei fatti umani, inquadrati in una norma segreta, in una specie di misura interiore”.
L’ispirazione, dunque, come fabula. Perché “…la speranza supera ogni cosa, vince ogni difficoltà”.
Avrò mai la speranza di affidarmi ad una telefonata che aspetto da tempo e che mai potrà arrivare?
Ebbene Corrado Alvaro mi ha dato anche il modo di leggere nelle memorie del mondo sommerso.
Sommerso e immenso. Oltre ogni fatalità.
Alvaro si incentra su tre vie. Quella di Gioachino da Fiore. Quella di Bernardino Telesio. Quella di Tommaso Campanella.
Il mito e il simbolo sono due camminamenti che toccano il magico in un terra di magherie. Il mito per Alvaro ha sempre significato un intreccio tra simbologie e credenze. L’infanzia, come in Pavese, è il tutto.
“Nulla accade e tutto è già accaduto nell’infanzia”. Mi ricorda Alvaro.
Il suo mondo resta non scalfibile.
La terra. La Calabria. Il Mediterraneo e la Turchia. La Turchia è un intreccio di Orienti e di Occidenti. Un percorso che diventa onirico in un viaggio indefinibile. Alvaro è la memoria che metaforizza l’ascolto e il labirinto.
Vivere dentro il labirinto è accettare l’attesa e abitarla con la pazienza che ci dice: ci sarà comunque un ritorno. Abitarlo, questo ritorno, significa non perdersi e ascoltarsi costantemente.
Siamo noi labirinto perché abbiamo spesso bisogno sia del filo che di Arianna. Una geografia che è metafisica, esistenziale e fisica.
Corrado Alvaro non ha realismo da mostrare, ma un mondo sommerso che si fa memoria. Appunto quella sua memoria del mondo sommerso è dentro una dimensione culturale che diventa eredità di un pensiero filosofico e antropologico. Tutto può diventare un pretesto o una profezia.
Nel mio cuore quella telefonata continuerà ad arrivare tra il mistero e la magia. Così la favola della vita mi interessa più della vita.
Le memorie del mondo sommerso alvariano hanno anche questo mistero.
In fondo, senza una lettura antropologica, che vada oltre il “familismo amorale”, non è possibile rileggere Alvaro oltre la storia.
Gli Orienti e gli Occidenti di Alvaro sono nella centralità del Mediterraneo.
Non ci sono riepiloghi.
Alvaro scrittore è oltre “Gente in Aspromonte”, ovvero oltre il realismo.
Una conclusione? La non conclusione.
La compiutezza? Sarebbe il fallimento dello scrittore.
E anche il mio. Dunque alcun riepilogo è dovuto. A questo libro – viaggio. Continuerò a viaggiare. Come un errante!
Potrei vivere nell’erranza cercando la favola?
La mia terra è ormai l’erranza. L’erranza è l’erranza dei monaci del deserto ma è anche il viaggio degli sciamani che cercano una terra, la loro terra. Alvaro ha sempre cercato una terra, la sua terra. In questa sua terra ci sono i segni e gli strappi che mi hanno insegnato che il mistero non si cerca. Il misteri raggiunge la vita.