Taranto è in un territorio complesso, che sicuramente ha bisogno di diversificare nel settore imprenditoriale.
E quasi sempre la diversificazione passa attraverso l’innovazione, la ricerca e Confindustria Taranto sta cercando di diversificare, a cominciare dal suo gruppo giovani. In gran parte ci sta riuscendo, anche se ai più non appare, ma ciò non toglie che vi possano essere grandi risultati, come si comincia ad intravedere.
Qualche giorno fa sono stati presentati per iniziativa del Gruppo Giovani Imprenditori i progetti tarantini e pugliesi, che hanno preso parte al concorso nazionale “Mimprendo 2015” piazzandosi nei primi posti, in un convegno a Taranto presso l’Università.
“Io partirei dal titolo – ha detto il presidente del Giovani Imprenditori, Luigi De Francesco – Restart Industria, esperienze di innovazione a confronto, che abbiamo fortemente voluto perché non vogliamo azzerare nulla”.
Per il giovane presidente, innovazione non significa azzerare il passato e la storia locale. Non significa andare a pescare da lontano, soluzioni di maggiore competitività, quando si sa che si possono e devono trovarle sul territorio, perché questo è estremamente qualificato.
Innovare vuol significare osservare attentamente le criticità e i fabbisogni e trasformarli in opportunità per soluzioni e modelli di business reali. Solo così si può pensare che la parola innovare possa significare qualcosa. Innovare vuol dire guardare al futuro con un occhio al passato.
“Innovare significa soprattutto per noi, sinergia, significa lavorare insieme – ha continuato – le testimonianze vincenti che potremo ascoltare oggi sono un esempio di sinergia tra tutti i players di un territorio. Il gruppo giovani imprenditori promuove da sempre la cultura d’impresa, è la nostra mission, è nel nostro dna, quindi noi metteremo sempre il nostro contributo al massimo ma sappiamo che per riuscirci al meglio da soli non ce la faremo mai per cui il nostro appello e il nostro auspicio è che finalmente imprenditoria, università, politica e tutta la società civile operante nel territorio si attivi affinché possa finalmente nascere sia per Taranto, sia per il Mezzogiorno, ed il Paese un vero e proprio rinascimento, a cui noi ci crediamo, e in cui noi ci siamo”- ha concluso.
È importante quindi fare rete, con le imprese, il mondo della scuola e soprattutto dell’università. Una rete che è quella che sono riusciti a fare in Puglia i Giovani Imprenditori di Confindustria, senza alcuna retorica, unendo in team studenti, docenti ed imprese ha riferito il presidente Giovani Imprenditori Puglia, Francesco Frezza.
Al convegno sono state presentate due aziende tarantine, la vincitrice del concorso “Mimprendo Italia” su 80 aziende partecipanti, l’Asepa Energy e la TuristYando, che con le altre due leccesi, DVF e Ecomet, tutte incubate dall’Università del Salento, si sono classificate tra le prime dieci.
Marco Gay, presidente nazionale del Gruppo Giovani Imprenditori, ha fatto notare che l’innovazione è un dato di fatto connaturato all’azienda perché “cercare di far funzionare l’azienda almeno come vent’anni fa, vorrebbe dire decretare definitivamente che la nostra azienda è finita”.
E allora innovare perché le nostre aziende lo fanno? “Quando cambi un pezzo di logistica, quando ristrutturi l’azienda, nemmeno lo sai di star facendo innovazione. Quando inizi a ragionare nei periodi di difficoltà su come poter snellire i tuoi processi, le procedure, su come migliorare i tuoi prodotti, risparmiare la materia prima, la produzione, fare i trasporti ottimizzando quelli che sono i carichi, tu stai facendo un processo d’innovazione. E le nostre aziende lo hanno sempre fatto, perché altrimenti non ci sarebbe nessun valido motivo per cui il Made in Italy è uguale ad eccellenza come percezione, in qualsiasi parte del mondo” ha riferito.
“Io lo ripeto sempre: noi siamo un paese eccezionalmente complicato ma eccezionalmente fortunato malgrado tutti i disastri di chi ci ha governato in passato negli ultimi 50 anni in politica, da quando è finita la guerra ad oggi” ha sottolineato.
Prima c’era una distribuzione insensata, poi si costruiva senza guardare, poi l’impresa si faceva ma si dovevano creare posti di lavoro quindi c’era una missione ben precisa con una opportunità che oggi non c’è più. Cioè negli anni ’50 e ’60, le nostre imprese avevano un mercato interno, che aveva bisogno di tutto, oggi il mercato interno non ha più bisogno di tutto, anzi ha tutto.
Quindi innovazione vuol dire internazionalizzare ed oggi tutto questo ci ha portato a dire che se il Made in Italy fosse un marchio, sarebbe il terzo marchio al mondo, secondo Gay.
E sempre secondo il presidente nazionale, questa è la nostra eccellenza, e da lì nasce il bisogno di prendere e far diventare qualcosa di conclamato tutto quello che facciamo, cominciamo quindi a portare l’innovazione che facciamo normalmente e mettiamola nei bilanci, facendo nascere così le Pmi innovative e facendola diventare così valore aggiunto.
“E poi fateci investire! Noi siamo presuntuosi questo bisogna dirlo, ma lo siamo a partire da un principio che forse cominciamo ad avere una strana consapevolezza che ci fa dire, se le nostre aziende vanno bene, il nostro territorio, la ricaduta sul nostro territorio va bene, il nostro paese cresce, quindi da presuntuosi diciamo, senti dacci ascolto!” sono sempre le parole del presidente nazionale.
Ed oggi hanno ottenuto qualcosa che non è banale, per esempio gli ammortamenti; oggi finalmente dopo vent’anni hanno la possibilità di recuperare l’iva sui fallimenti e Marco Gay ha raccontato che purtroppo nella sua attività imprenditoriale ha avuto la sfortuna di imbattersi in dei fallimenti, e ha pagato l’iva e sta ancora aspettando dopo ben 4 anni, il rimborso.
“Allora – ha concluso – cosa diciamo? Ripeto, dammi la possibilità di investire perché siamo in un paese fortunato in cui malgrado tutto quello che non va al vertice, ci sono dei ragazzi che fanno progetti innovativi insieme alle aziende, questi progetti danno nuova linfa. Io penso che se qualsiasi altro paese avesse imprenditori come il nostro, sarebbe una potenza mondiale e noi invece siamo qui che stiamo rosicando”.
Con una burocrazia che costa 26 giorni lavorativi di media che per una impresa vuol dire 2 mesi.
Quindi, 2 mesi per la burocrazia più 1 mese e mezzo di ferie vuol dire complessivamente circa 4 mesi per una persona. Dopodiché lo stato prende il 65%, per cui si può dire che l’imprenditore paga un dipendente per lavorare per lo stato. “E in tutto questo abbiamo ancora voglia di impresa – ha ribadito Gay – di istituzioni che lavorino bene, e di dire adesso ci inventiamo il futuro, facciamo innovazione usando le nostre start up, cerchiamo di avere il trasferimento tecnologico dall’università, dalla ricerca. Io dico che siamo in un paese complicato ma noi veramente siamo quelli che hanno una marcia in più! Dateci un paese normale e al resto ci pensiamo noi. Ma perché quando una nostra azienda mette il piede fuori diventa leader e qui invece si trova in enormi difficoltà e non riesce a far quadrare il cerchio?”