Taranto, ancora una volta, è stata lasciata sola. Sola con sé stessa, con i suoi dolori, i suoi problemi, le sue ferite, le sue grida di aiuto. E’ stata lasciata sola prima di tutto da coloro i quali avevano non solo il diritto, ma soprattutto il dovere di essere in prima fila a difenderla.
Ieri in piazza Montecitorio a Roma c’erano circa duecento imprenditori e titolari di aziende dell’indotto Ilva che chiedevano solo quanto a loro spetta di diritto da mesi; chiedevano di essere pagati per i lavori fatti e per le forniture consegnate, chiedevano di essere pagati per poter soddisfare le legittime richieste dei propri dipendenti e dei loro fornitori.
In quella piazza quegli imprenditori, alcuni dei quali hanno venduto le proprietà di famiglia per pagare le tasse ad uno Stato che da parte sua gli nega il dovuto, erano soli. Non c’era il Sindaco di Taranto e neppure qualche assessore, altrettanto assenti le istituzioni provinciali e regionali. Poche manifestazioni di solidarietà sono giunte da qualche politico del territorio (un comunicato alla stampa non si nega a nessuno…), qualche onorevole, poco più che di passaggio, ha rilasciato le sue dichiarazioni ai microfoni delle televisioni presenti, ma – a parte questo – nulla.
Per assurdo, sembrava che il “caso Taranto” interessasse più al di fuori della Puglia, seguito con collegamenti di diretta di network televisivi nazionali , che a coloro i quali avrebbero dovuto essere in prima fila a fianco di chi chiedeva solo il rispetto dei propri diritti.
Oggi, martedì, un cielo cupo copre Taranto, ed è l’immagine più emblematica della situazione; le aziende dell’indotto Ilva non possono e non vogliono più andare avanti così, l’amministrazione controllata rischia di essere il danno mortale dopo la beffa di questi mesi, il colpo di grazia cinicamente inferto ad una città già martoriata e presa in giro da anni, con almeno quattromila persone che rischiano il loro futuro.
Si progettano azioni di lotta, si teme che alle aziende tarantine possano subentrare imprese esterne al tessuto locale che sciacalleranno su una Ilva mantenuta in piedi dal sangue, dal sudore e dalle lacrime dei tarantini, c’è il timore che qualcuno possa cedere e accettare il capestro, in una sorta di “sindrome di Stoccolma” finanziaria; le prossime ore – piuttosto che i prossimi giorni – saranno decisive, ed il pensiero intanto va ai ricordi scolastici, a quella frase di Tito Livio che amaramente commentava l’assedio di Sagunto: un giorno forse, un giorno neppure troppo lontano qualcuno ricorderà questi giorni dicendo che “mentre a Roma si discuteva, Taranto moriva” .