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Viva commozione e cordoglio ha destato la scomparsa di Mario Marti lo scorso 3 febbraio a Lecce, non solo nell’ambito universitario e accademico, ma nell’intera società civile e culturale che, per comune riconoscimento, perde uno degli studiosi e critici della letteratura italiana più significativi del secolo scorso. Ricordiamo la sua figura umana e culturale con questo approfondito contributo del prof. Rosario Quaranta (N.d.R.).

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Un uomo che con passione e impegno civile ha consacrato la sua lunga vita (avrebbe compiuto 101 anni nel prossimo maggio) alla cultura e allo studio imponendosi a livello nazionale e dando lustro in particolare al Salento che ha parimente valorizzato e privilegiato nelle sue ricerche ed iniziative culturali.

Giustamente il sindaco di Lecce Paolo Perrone ha ricordato che con lui “se ne va un pezzo di storia di Lecce e del Salento” dal momento che “Mario Marti ha dato tanto a questa terra imponendosi all’attenzione nazionale quale letterato di primissimo ordine grazie al suo grande spessore culturale; italianista illustre e apprezzato al di fuori dei ristretti confini provinciali e regionali grazie anche alle sue sagaci “incursioni” tra Dante, Leopardi e Boccaccio. Il suo impegno come studioso, come educatore e come rettore emerito dell’Università del Salento, è stato encomiabile e tenace”.

La sua biografia e la sue vicende intellettuali e culturali sono note da tempo potendosi leggere nei vari repertori biografici. Mi permetto soltanto di riportare quanto egregiamente ha scritto Dino Levante nel suo puntuale servizio apparso giovedì 5 febbraio su “La Gazzetta del Mezzogiorno”: “Nato a Cutrofiano il 17 maggio del 1914 (sebbene venne dichiarato il 19) da genitori di Soleto, allievo nel liceo classico «Pietro Colonna» di Galatina, ha studiato avendo per insegnante Raffaele Spongano, uno dei grandi critici della letteratura italiana del Novecento. Iscrittosi nel 1934 si è laureato alla Scuola Normale di Pisa nel 1938 con una tesi su Leopardi (relatore Luigi Russo), poi pubblicata dall’editore Sansoni nel 1944. Più tardi, di ruolo nei licei, ha insegnato lettere italiane e latine a Galatina, al «Romagnosi» di Parma e al «Righi» di Roma.

Assistente straordinario di storia della lingua italiana nella facoltà di Lettere alla «Sapienza» nella capitale con il noto linguista Alfredo Schiaffino, libero docente di letteratura italiana nel 1934. Fondata la Libera università salentina di Lecce nel 1956 fu docente per la stessa disciplina nella facoltà di Lettere, diventando nel 1963 docente di ruolo. Ha ricoperto tutti i gradi del cursus honorum: professore di ruolo, preside di facoltà, direttore di dipartimento, rettore negli anni Settanta, professore emerito. Ha fondato e diretto la «Biblioteca degli Scrittori Salentini» (oltre 20 volumi), condirettore del «Giornale storico di letteratura italiana» di Torino, fu socio ordinario dell’Arcadia, della commissione dei testi di lingua di Bologna e di altri sodalizi accademici e scientifici in Italia e all’estero. Nel 1996 ha donato un notevole carteggio, di oltre duemila lettere, alla Biblioteca comunale «Ugo Granafei» di Mesagne e nel 2003 un consistente fondo librario alla Biblioteca dei padri Cistercensi di Martano. Ha scritto sulla «Voce del Sud» di Ernesto Alvino e sul «Corriere del Giorno» di Taranto. Un mondo da scoprire, lungo una vita, vissuta intensamente, cento anni”.

Il cortese Lettore si chiederà il perché di questo titolo e il motivo per cui anche Grottaglie ricorda Mario Marti. Chi scrive ha avuto la fortuna e l’onore non solo di conoscere, ma anche di godere della sua stima e della sua amicizia fin dal 1990 attraverso Gino Rizzo (altro esimio studioso e critico della letteratura italiana dell’ateneo leccese, prematuramente scomparso). Questi, appunto su sollecitazione di Mario Marti, si stava interessando al letterato grottagliese del Seicento Giuseppe Battista: un interesse che si concretizzò con la pubblicazione di una poderosa ed esemplare monografia inserita nella ricordata “Biblioteca degli Scrittori Salentini” fondata e diretta proprio da Mario Marti.

Avevo avuto l’onore di ospitare Gino Rizzo per comunicargli alcuni riferimenti documentali relativi alla biografia del letterato barocco, ricevendone in cambio la sua preziosa amicizia che di lì a poco si estese anche a Mario Marti. L’occasione fu appunto la presentazione (29 giugno 1991) del volume di Rizzo. Alla manifestazione, organizzata egregiamente dal Lion’s Club grottagliese guidato allora da Roberto Burano, e tenutasi nell’incantevole e affollatissimo chiostro dei Paolotti, presero parte Mario Marti, Orazio Bianco, l’autore Gino Rizzo e, minimo tra tutti, lo scrivente. Una serata indimenticabile e proverbiale al punto che in molte occasioni tanto Rizzo, quanto Marti non mancavano di ricordarmela.

Ecco come lo stesso Marti l’ha di recente rievocata nella sua Testimonianza per Gino Rizzo inserita negli Atti del Convegno Nazionale di studi tenuto a Grottaglie in occasione del quarto centenario della nascita del poeta Battista: “Sono molto grato al caro amico prof. Rosario Quaranta per aver pensato anche a me in questa importante manifestazione nella sua Grottaglie, in occasione del quarto centenario della nascita del poeta grottagliese Giuseppe Battista; e del suo invito, anche a nome del Comitato organizzatore a parteciparvi di persona. E io – mi si creda in tutta sincerità – volentieri sarei intervenuto personalmente, se la mia ormai notevolmente già avanzata età (sono da tempo nei 96, che compirò, a Dio piacendo, fra qualche settimana, entrando nei 97) non mi consigliasse e anzi mi costringesse ad esser prudente; o addirittura non mi vietasse anche quei minimi disagi fisici, ai quali, quando si è giovani, non solo non si presta alcuna attenzione, ma che anzi costituiscono allora il gioioso e vantaggioso sale della vita.

E certamente, per questa irripetibile occasione sarei venuto ben volentieri a Grottaglie, sicuramente in compagnia proprio di Gino Rizzo e del caro Marco Leone, con la certezza di amichevole e festosa accoglienza; e di rivivere, con Gino, se fosse ancora vivo, il nostalgico ricordo di quella splendida serata, quasi vent’anni fa, che trascorremmo tutti quanti insieme, sempre nel nome di Giuseppe Battista, nel chiostro di San Francesco di Paola. E sarei venuto – lo ripeto – ben volentieri...”.

Gino Rizzo e Mario Marti ricambiarono generosamente qualche mese dopo l’affettuosa e calorosa accoglienza avuta, tornando a Grottaglie (26 ottobre 1991) per presentare, nell’auditorium dell’Istituto d’arte, il mio primo volume sul “Prete brigante”, l’affascinante ed emblematico Don Ciro Annicchiarico che essi conoscevano bene per via della cantata popolaresca di Leonardo Arcadio divulgata da Pietro Palumbo e ripresa dal glottologo Ciro Santoro. Anche quella fu una serata memorabile, impreziosita dalla loro parola e da quella di Giovanni Acquaviva fondatore del “Corriere del Giorno” di Taranto che si onorava anche della firma prestigiosa di Mario Marti, nonché dall’intervento di Giovanni Cingolani, fondatore delle Edizioni del Grifo di Lecce.

Nel discorso introduttivo di Marti, interrotto più volte dagli applausi, non mancò una sua osservazione che meravigliò i presenti: “... Devo dire che ho letto questo libro molto volentieri, con molto piacere, godimento, interesse. La cosa che più mi ha colpito, devo dire la verità, è il carattere sanguigno che i grottagliesi manifestano… Attraverso la storia di Don Ciro Annicchiarico, di Papa Ggiru, viene fuori una Grottaglie (e questo forse è il merito, o uno dei meriti del nostro amico Quaranta) una Grottaglie sanguigna, non dico collerica; o meglio, sì, collerica, ma nel senso in cui questa parola veniva usata dai filosofi e dagli scrittori antichi del Duecento, del Trecento, per caratterizzare la vitalità di alcune città… è il caso di Grottaglie e della sua viva partecipazione con le divisioni interne anche nella storia e nella vicenda tragica di don Ciro Annicchiarico...”.

L’anno successivo Mario Marti pubblicò, all’interno della sua «Biblioteca degli Scrittori Salentini» il poderoso e importante volume: “Scrittori Salentini di pietà tra Cinque e Settecento”, edito da Congedo (Galatina 1992). Qui per la prima volta e accanto a nomi più o meno noti di letterati salentini (Diego da Lequile, Francesco Seclì, Bernardo da Brindisi, Bonaventura da Lama, Fulgenzio Gemma, Giovanni Azzolini, Alessandro Arcudi e Ignazio della Croce), egli presentò criticamente e rivalutò la figura e l’opera di un altro grottagliese ingiustamente dimenticato, e cioè Donato Antonio D’Alessandro, più noto come Fra Serafino dalle Grottaglie. In tal modo, grazie a Mario Marti, anche questo letterato grottagliese viene oggi meritatamente inserito in un manipolo di scrittori di pietà che (come riportai nella lunga recensione apparsa sul “Corriere del Giorno” di Taranto del 25 giugno 1992) ben rappresentarono la cultura salentina in rapporto dialettico con l’Italia e l’Europa.

Qualche anno dopo (7 dicembre 1995), Marti recensì molto favorevolmente il mio volume “Grottaglie nel Tempo” con un efficacissimo intervento nella sua “Compravendita di salentineria”, la bella rubrica che egli teneva sulla pagina culturale del “Corriere del Giorno” curata da Silvano Trevisani. Ecco come egli riuscì a intuire e a partecipare la sua sensazione di introdursi nella cultura e nell’animo di Grottaglie: “Prevengo la tua eventuale perplessità, amico lettore, e rispondo in precedenza a un tuo possibile dubbio: come mai possa Grottaglie entrare in questa bottega di salentineria. Perché proprio di Grottaglie vorrei segnalare una magnifica pubblicazione dovuta a Rosario Quaranta: «Grottaglie nel tempo. Vicende, arte, documenti», a cura della Società di Storia patria per la Puglia – Sezione di Taranto («Quaderni di storia, archeologia, arte», 1995, pp. 312). Ebbene, andiamo subito a leggere l’ultimo capitolo che l’Autore dedica alle antiche tradizioni; ed ivi scorriamo i testi appena appena citati del D’Amuri: «’Na notte cchiù felice e ffurtunata / mai no vitìu lu munnu…» (p. 281); oppure: «Casa piccènna, oh paratisu beddu: / Maria, Giseppu cu llu Mmamminieddu…» (p. 182); o quegli altri di G. V. Cofano: «Farina, acqua e sali / pi lli pettli di Natali, pi sta allecri in armonia / tutti quanti in cumpagnia…». Non sembra neanche di essere nella zona di confine linguistico tra Terra d’Otranto e Terra di Bari, un confine che, fatalmente, continuerà a spostarsi verso il basso nei secoli avvenire, per le stesse ragioni per le quali in tale direzione s’è già sensibilmente spostato. Siamo invece proprio in casa; o almeno, io mi sento proprio e ancora in casa mia. E tipicamente salentino mi pare anche l’attaccamento affettuoso col quale Rosario Quaranta parla della sua terra e ne illustra le vicende e i monumenti e gli aspetti della vita comune…”.

Nella sua risaputa acribia riusciva così a percepire non soltanto gli aspetti, per così dire, tecnici, di una precisa analisi sintetizzata nel giudizio (“un altro prezioso tassello di significativa microstoria per una più ricca e veritiera macrostoria”), ma ne sapeva valorizzare anche lo spirito e l’intento.

Analogamente fece anche nel recensire un altro mio opuscolo divulgativo e illustrativo di Grottaglie riservato ai ragazzi. Marti, con grande sensibilità culturale, riuscì a collegare la ceramica grottagliese con quella di Cutrofiano, suo paese natale: “L’amore per la creta umida. Cutrofiano e Grottaglie”. In quella recensione apparsa sulla “Voce del Sud” del 19 giugno 1999, tra l’altro, si legge: “… Il filo rosso della ceramica unisce, come in una sorta di gemellaggio, Cutrofiano e Grottaglie: l’amore per la creta umida e viva da plasmare con le mani esperte e sapienti per tradurla in manufatti utili alla casa, in terracotta, in ceramica, in maiolica, oppure più semplicemente artistici e godibili agli occhi.

Da Grottaglie m’è giunto un fascicoletto di 34 pagine, in carta patinata, elegante, illustratissimo; è dovuto a Rosario Quaranta, ed è intitolato: “Grottaglie. La città delle Grotte e delle Ceramiche presentata ai ragazzi e alle ragazze”, a carico dell’Amministrazione Comunale. Dice il Sindaco nella “Presentazione”: “La storia di Grottaglie (…) è quasi sconosciuta alla maggior parte dei grottagliesi”, onde “la volontà di realizzare e pubblicare una breve storia di Grottaglie dedicata innanzi tutto ai cittadini più importanti, ovvero i ragazzi e le ragazze”(…). Naturalmente, Grottaglie si presenta con l’amabile veste di “città delle ceramiche”, amabile e forse anche commercialmente produttiva, il che non guasta, ma si presenta anche in tutta la sua aristocratica antichità. Il profilo tracciato da Rosario Quaranta è godibile, essenziale, chiarissimo, si legge d’un fiato; anche perché egli è un amoroso cultore di “storia patria”, formatosi alla scuola di padre Francesco Stea (cui ha dedicato studi di grande interesse), ed ha pubblicato opere assai incisive sulla “città delle ceramiche”, anche in collaborazione con Padre Stea o con Silvano Trevisani...”.

Successivamente ho avuto modo di incontrare altre volte a Lecce Mario Marti sia nelle riunioni del “Centro Studi Salentini”, specialmente sotto la presidenza di Giovanni Invitto, e in qualche altra sporadica occasione di carattere culturale.

Mario Marti ha ultimamente onorato ancora Grottaglie e il suo poeta Giuseppe Battista con la ricordata testimonianza per Gino Rizzo offerta per il Convegno del 2010. Egli, anche se a distanza, seguì con viva partecipazione l’organizzazione e lo svolgimento di quella manifestazione, come attestano le molte sue lettere che conservo gelosamente, colme come sono non solo di tanta sapienza e saggezza, ma anche di tanta delicata sensibilità umana.

Tra l’altro mi piace ricordare che in quella circostanza egli si premurò, primo tra tutti, di inviare il suo finissimo intervento, spiegandone con molta sincerità e schiettezza il motivo: “Caro amico Quaranta, scusami se ti mando il mio contributo (qui accluso) per il convegno di maggio con tanto anticipo. Capirai; per me, a 96 anni, ogni giorno che passa è una piccola conquista; e quando prendo un impegno, ritengo opportuno assolverlo il più presto possibile, per non venire meno, eventualmente (?), e per comprensibili cause, superiori ad ogni volontà. Se vuoi, è anche un modo, una forma di esorcizzare l’evento fatale (!). Spero che sia di tuo gusto e che ti piaccia; e penso che sarai tu a leggerlo con la tua chiara voce e certo con persuasiva intonazione, sicché possa toccare la mente di tutti, e mi auguro anche un po’ il cuore”.

Aveva ben ragione a commendare la fatica di Rizzo per Battista e, indirettamente, per Grottaglie; perciò così poteva concludere: “Un volume di ben seicento pagine coerenti e meditate, senza mai dannose pause o superflue edonistiche sbavature. C’è da esserne non solo pienamente soddisfatti, ma anche sinceramente ammirati.

Se i grottagliesi, che festeggiano la ricorrenza centenaria di questo loro illustre concittadino, considerano quel volume un dono fatto anche a loro, mediante uno studio così accurato e dotto di quella ormai storica e storicizzata personalità, sappiano che si tratta di un omaggio di alto pregio e di grande eccellenza. Così come lo è sicuramente già per tutti quegli studiosi e quelle persone colte, che al grottagliese Giuseppe Battista hanno già rivolto in qualche modo una loro interessata attenzione. O gliela rivolgeranno in futuro, nuovamente incuriositi”.

E grande fu la sua gioia nel sapere, attraverso il costante aggiornamento che gli faceva Marco Leone, della buona riuscita dell’intera manifestazione, secondo i suoi desideri: “Leone mi ha fatto un assai dettagliata relazione di tutto; e perciò che quelle mie paginette furono lette da te, appunto come io desideravo, in modo encomiabile. Mi ha detto anche che gli “Atti” usciranno molto presto. E allora, complimenti vivissimi, e ancora “Grazie!” I più cari saluti dal tuo vecchio amico…”.

A questo grande, “vecchio amico” voglio dire anche io, a nome pure di Grottaglie: “Grazie!”.

 

(Si ringrazia per la collaborazione il prof. Rosario Quaranta, autore del presente articolo)

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