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«Sulla questione Città Vecchia ormai siamo uniti e coesi quando si tratta di analizzare i problemi e dolerci di una situazione di fatto ormai sempre più compromessa.» E’ quanto dichiara Antonio Marinaro, presidente di ANCE Taranto.

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«Quando si tratta di agire, di decidere chi fa che cosa, il senso di comunità si perde – nota il presidente delle imprese edili di Confindustria ionica – e si perde soprattutto la capacità di lavorare insieme, istituzioni, forze economiche e società civile.
Sono trascorsi due anni dai confronti pubblici promossi da Confindustria nazionale e nei quali, come ANCE, abbiamo provato a mettere a fuoco le questioni fondamentali: le regole da seguire, le funzioni urbane da integrare, i soggetti e gli strumenti amministrativi e finanziari da mettere in campo.
Tutto questo nella convinzione che nessuno ci obbliga ogni volta a ripartire da zero. Ci sono intelligenze preziose che in questi anni si sono cimentate, c’è una memoria comune ed un articolato patrimonio conoscitivo a disposizione. E ci sono soprattutto le persone – imprenditori, associazioni, volontari e cittadini – con il loro impegno e i loro progetti.
Allora, eravamo a febbraio 2014, ci furono alcuni crolli ed intervenimmo invocando una politica delle due velocità.

Nel breve periodo – ricorda Marinaro – chiedemmo di rilanciare le azioni di recupero e manutenzione degli immobili attraverso l’adozione di misure concrete:
• l’attribuzione di priorità ai procedimenti autorizzativi relativi alla Città Vecchia con la previsione di tempi certi ed inderogabili;
• la possibilità di modifica di destinazione d’uso;
• l’abbattimento degli oneri concessori e la revisione della tassazione locale sugli immobili;
• il ripristino dell’esclusione della tassa di occupazione suolo pubblico per le opere provvisionali e gli altri apprestamenti per la messa in sicurezza e l’intervento sugli immobili.
Nel medio-lungo periodo, chiedemmo invece di dare attuazione al DPRU e definire un Programma Integrato di Rigenerazione Urbana che, oltre a dare spazio alla partecipazione di imprese e cittadini, provasse ad identificare modelli percorribili di partenariato pubblico-privato in grado di sostenere anche sotto il profilo finanziario gli interventi di recupero e valorizzazione.

Sono però trascorsi esattamente due anni da allora e nonostante la grande occasione rappresentata dall’art.8 del Decreto Taranto possiamo tranquillamente affermare, senza alcun intendimento polemico, che nulla si è mosso e che anzi il clima è ulteriormente peggiorato.
Questi appena trascorsi sono stati anni di silenzio, assenza di dialogo, impossibilità di comprendere i disegni e le strategie dell’Amministrazione. Come imprenditori, in una situazione di totale incertezza ed inoperosità, non siamo stati nelle condizioni di contribuire e collaborare al recupero e rilancio della Città Vecchia.

Eppure l’art.8 comma 1 del DL 1/2015, così come convertito dalla Legge 20/2015, affidando al Comune di Taranto il compito di adottare “un Piano di interventi per il recupero, la riqualificazione e la valorizzazione“ ha chiaramente individuato nella Città Vecchia di Taranto una fondamentale leva di sviluppo e rilancio del territorio.
A Contratto Istituzionale siglato, non ci sembra che la vicenda Città Vecchia abbia finalmente imboccato la tanto attesa svolta. Nello stesso Contratto Istituzionale, oltre a qualche manutenzione straordinaria di immobile pubblico, non troviamo né la strategia né il piano degli interventi.
C’è il concorso di idee, che è in buona parte una sonora sconfitta per una comunità di cui si è certificata l’incapacità di assolvere al compito assegnato dal Decreto.
Restiamo scettici sul concorso di idee per le seguenti ragioni:
• ancora una volta, un disegno di rilancio per questa città rischia di essere eterodiretto, con soggetti diversi dalle nostre istituzioni territoriali a tirare le fila del procedimento;
• si rischia di privilegiare un approccio top down, con un modello teorico calato dall’alto e non frutto di una elaborazione partecipata dalla comunità;
• soprattutto, il concorso è un rinvio a chissà quando per la materiale disponibilità delle risorse e l’effettiva apertura dei cantieri di recupero che, considerati i tempi medi tra programmazione, progettazione ed esecuzione, potremo vedere solo tra diversi anni.

Non ci nascondiamo – prosegue Marinaro, lo abbiamo a suo tempo rappresentato ed allo stato ribadiamo che avremmo preferito un altro “strumento” in alternativa al concorso di idee definito dal Codice dei Contratti.
Il Programma Integrato di Rigenerazione Urbana ai sensi della L.R. Puglia 21/08 PIRU è un adempimento cui l’Amministrazione è tenuta per effetto del DPRU del 2011, ma soprattutto, in ragione della sua flessibilità procedurale e della sua integrabilità di azioni e progetti, è un’occasione per costruire attraverso la partecipazione una visione ed una strategia condivisa di intervento per la Città Vecchia di Taranto.

Ma a destare maggiori perplessità è l’incertezza, almeno per noi che non abbiamo accesso ai luoghi della decisione, su un altro aspetto della complessa vicenda.
La Città Vecchia prima di essere un’opportunità è soprattutto un’emergenza, con un crescente degrado fisico e sociale che ne mette a rischio la stessa esistenza. Tutti sappiamo che qualsiasi strategia di sviluppo e valorizzazione si vada a delineare per la Città Vecchia, occorre in ogni caso affrontare prioritariamente il tema della sua messa in sicurezza ed infrastrutturazione.
Ed allora, per la messa in sicurezza degli edifici e per le urbanizzazioni primarie ci sono progetti immediatamente cantierabili ? E’ sufficiente considerare i soli immobili pubblici per fronteggiare i rischi di crollo ?
C’è la volontà, nell’ambito del Tavolo Istituzionale, di rendere da subito disponibili adeguate risorse finanziarie per fronteggiare tempestivamente ed in maniera risolutiva tali emergenze?

Non abbiamo le risposte a queste domande – conclude Marinaro – . Abbiamo però la certezza che, vista l’assenza di qualsiasi dibattito pubblico e confronto su tali questioni, non vi sia alcuna consapevolezza della difficoltà della situazione. Per questa ragione confidiamo che la meritoria opera dell’Arcivescovo possa aprire quegli spazi di dialogo e confronto concertativo fino ad oggi negati, a noi imprenditori come alle tante espressioni di una società civile vogliosa di misurarsi con questa importante sfida.

Ripetiamo quanto detto innumerevoli volte. Si imbocca la strada della rigenerazione solo aggregando energie, competenze e risorse, perché c’è bisogno di tutti e tutti devono potersi riconoscere in un progetto comune

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