In occasione della Fiera del Levante, il Presidente di Confindustria Vincenzo Cesareo torna a rilanciare la “questione Taranto” al Premier Renzi così come aveva già fatto, attraverso un’articolata lettera, a seguito della giornata di mobilitazione del 1° agosto scorso.
«La visita del Premier a Bari in occasione della campionaria, al di là della indubbia valenza istituzionale – afferma Cesareo – rappresenta innanzi tutto un’occasione mancata. L’occasione, da parte del Presidente Renzi, per prendere atto in maniera diretta di una realtà che è al momento la più critica del Mezzogiorno ed allo stesso tempo la sintesi – purtroppo perfetta -di tutte le anomalie che insistono nel Paese e che si frappongono, a vario titolo, ad un armonico sviluppo del territorio. Buona parte dell’Italia che il Premier vorrebbe cambiare sta infatti proprio qui, in quel tacco della penisola dove si concentrano grandi potenzialità ed altrettanti ostacoli, molteplici opportunità ed altrettante resistenze. Una realtà col freno a mano che sconta sicuramente anni di scelte sbagliate ma che oggi non può e non deve pagare più, perchè lo ha già fatto e a carissimo prezzo.
L’assenza di risposte alle nostre richieste formulate oramai più di un mese fa – afferma ancora il vertice di Confindustria, riferendosi alla lettera inviata a Renzi a seguito della manifestazione “Industria Ultima Fermata” del 1° agosto – non ci fa demordere dal tenere alta la guardia su quelle che riteniamo le nostre priorità: il lavoro, le imprese, il futuro della città; però sicuramente ci preoccupa, perchè nel proverbiale e riconosciuto attivismo del Premier confidavamo per ottenere almeno una risposta, certo non esaustiva delle numerose problematiche in atto ma almeno utile ad una complessiva presa d’atto delle varie questioni e quindi propedeutica all’adozione dei provvedimenti ad hoc.
Di fatto – ricorda Cesareo – questa risposta non è arrivata ed è quindi urgente riproporre sia pure in estrema sintesi alcune fra le questioni prioritarie che attengono il futuro del territorio:
– La situazione delle imprese dell’indotto Ilva, oramai non più quantificabile in termini di pagamenti scaduti e mai riscossi: il finanziamento ponte, da solo, non può bastare per colmare tale mole di crediti e rappresenta al momento solo un provvedimento tampone, che certo non fornisce garanzie né sul presente e tantomeno sul futuro di tante aziende che hanno contribuito con la loro indiscussa competenza a rendere competitiva la fabbrica dell’acciaio; quella stessa fabbrica che ha fatto assurgere Taranto a simbolo della città che più ha pagato in termini di impatto ambientale;
– Il blocco dei finanziamenti per le manutenzioni sul naviglio della Marina Militare, che di fatto metterà in ginocchio per tutto il 2015 le aziende che operano nell’indotto Arsenale – realtà che da sempre si distinguono per un elevato know how- creando un’altra situazione-limite in un comparto altrettanto strategico per il Paese. Anche in questo caso Taranto, così come accade per il settore siderurgico, paga ma non riceve: pur continuando ad essere uno dei punti nevralgici nell’ambito dell’operazione Mare Nostrum di accoglimento dei rifugiati viene allo stesso tempo penalizzata per i tagli drastici previsti dal Ministero della Difesa e confermati dal Capo di Stato Maggiore della Marina Militare;
– Molti dei progetti già in cantiere sono ancora al palo, a conferma della cultura del “NO” contro la quale siamo scesi in piazza e che continua ad imperare a dispregio di ogni ragionevole prospettiva di crescita e di evoluzione ecocompatibile del territorio. Abbiamo, fra gli altri, il progetto Tempa Rossa – 300 milioni di investimenti – che rischia di allontanarsi definitivamente andando ad approdare in contesti più favorevoli; ed è solo il simbolo di una delle molteplici progettualità “inceppate” da veti incrociati non solo di stampo ambientalista ma talvolta anche istituzionale che si frappongono ad una moderna evoluzione del territorio, con tutti i vantaggi in termini anche occupazionali che tale progetto, nello specifico, comporta.
Un punto, quest’ultimo, sul quale a suo tempo abbiamo invocato non già soluzioni miracolose bensì chiarezza, da parte dei ministeri competenti, sui reali carichi di carattere ambientale che il progetto di Eni, Total e Shell comporterebbero davvero sul territorio. Una chiarezza che possa servire ad accelerare gli iter di avvio di questo ed altri investimenti strategici che da troppo tempo si trascinano in una città che spesso decide di non decidere.
Ecco perchè – conclude il presidente di Confindustria Vincenzo Cesareo – confidiamo, quando i riflettori sulla Fiera del Levante si saranno spenti, in una visita del Premier a Taranto. Il caso della città più industrializzata del Mezzogiorno è e continua ad essere per il Presidente Renzi, peraltro, un riferimento che spesso si ritrova nelle righe dei suoi interventi: gran parte dell’Italia che lui vorrebbe cambiare si trova proprio qui. E ci sembra sia arrivato il momento che alle parole seguano fatti concreti. »