Oggi è Ferragosto, festività introdotta dall’imperatore Ottaviano Augusto nel 18 a. C. col nome di feriae Augusti cioè “riposo di Augusto”. Ferragosto è però anche una festa cattolica in quanto in data odierna si festeggia l’ Assunzione della Madonna in Paradiso.
E questo duplice volto pagano-cristiano della festa da noi a Grottaglie lo si interpreta in diversi modi: alcuni a partire dal pomeriggio della vigilia si recano in spiaggia a montare mega-tende super-tecnologiche quasi fossero opere architettoniche di Renzo Piano con tanto di riflettori per illuminare il mare a giorno, altri invece all’alba del 15 si radunano davanti alla Chiesa dei Paolotti per iniziare la processione che li condurrà dopo una lunghissima camminata alla Chiesetta della Mutata. Sia in un modo che nell’ altro una cosa è certa che durante la vigilia di Ferragosto è tassativo non dormire. Anni fa nel giorno di Ferragosto, a Grottaglie “lu giurno ti Santa Maria”, alcune famiglie si riunivano nelle n’chiosce “a ticere lu Rusariu”. Infatti si diceva ad esempio “Santa Maria, cientu Padre Nostre e cientu Ave Maria”. Ma la cosa forse ancora più curiosa e sicuramente dai più dimenticata relativa al giorno di Santa Maria erano i traslochi. Infatti anni fa era usuale durante questo giorno vedere intere famiglie intente a traslocare. Mobili, materassi, trainati da un punto all’ altro del paese sotto un sole battente e cocente tra la felicità dei più piccoli e la disperazione dei più grandi. La ragione di tutto questo era che molti anni fa i contratti di locazione degli immobili scadevano perentoriamente il 15 di Agosto, proprio il giorno di Santa Maria.
A tal proposito giravano anche delle barzellette molto spiritose al riguardo. Una volta un signore andò dal barbiere e mentre era lì seduto a farsi tagliare i capelli il barbiere gli disse:” Spetta nu minuto ca agghie fa na cosa!” (“Aspetta un minuto che devo fare una cosa!”). E allora si allontanò alcuni metri dal cliente, si mise a vista in un angolino del suo salone e fece i suoi bisogni. E allora il cliente quasi incredulo di fronte a ciò che gli si era presentato davanti agli occhi chiese al barbiere: ”Ahè, ma ce ste face?” (“Ma che stai facendo?”) e il barbiere: ”Tanta ce mi ni freca, ti Santa Maria mi n’ agghie scè!” (Tanto che m’ importa, vado via da qui il giorno di Santa Maria!). Ed allora il cliente sentendosi dire queste parole raccolse subito la palla al balzo e disse: ”E allora scuseme nu secondo” (“Ed allora scusami un secondo”) e si alzò dal divano per rannicchiarsi in un altro angolo di quella stanza per espletare necessità fisiologiche di entità decisamente superiore a quelle effettuate poco prima dal barbiere. Quest’ ultimo quasi incredulo davanti alla scena gli chiese : ”Ce ste face? Ma ce s’è ssutu pacciu?” (“Ma che fai, sei impazzito?”) ed il cliente palesando quella tipica strafottenza che a volte ci caratterizza gli rispose con sbafanteria: ”Tune ti n’è scè ti Santa Maria! Io mi n’agghie scè mone!” (“Tu andrai via da questo posto il giorno di Santa Maria, io sto andando via adesso!”). Chiaramente il barbiere non ebbe più modo di ribattere.