“…La mamma riteva, tre fili tineva, li tineva int’ lu cori tutt’ e tre. Recchia t’la furtuna timmi: do e scè? Sta furtuna però no è cicata, è telecumannata! Na vota a me, na vota a te… e la rota girava, la furtuna ‘rivava, ‘rivava la furtuna a tutt’ e tre...”. Così scriveva Don Pietro De Amicis riguardo “la recchia t’la furtuna”. Ma che cos’è “la recchia t’la furtuna”?.
Si tratta di un’ orecchietta di dimensioni decisamente più grandi del normale che viene preparata insieme alle orecchiette. Questa orecchietta è unica e porta fortuna a colui che se la ritrova nel piatto insieme alle orecchiette. Di regola chi riempie i piatti da servire a tavola dovrebbe disinteressarsi del destino di questa orecchietta extra-large, la quale in teoria potrebbe capitare nelle varie occasioni, più volte alla stessa persona o a persone che non hanno bisogno di fortuna. Invece non succede mai così.
Come scriveva Don Pietro De Amicis la fortuna non era mai cieca, ma telecomandata e poi capitava una volta ad uno ed una volta ad un altro. Non scontentava mai nessuno. E poi come per magia, la recchia t’la furtuna capitava sempre a colui che in quel particolare momento aveva veramente bisogno di un po’ di fortuna.
Ricordo che da ragazzo, siccome ero amante delle antiche tradizioni grottagliesi chiesi a mia madre di fare la recchia t’la furtuna ogni volta che preparava le orecchiette.
Le dissi anche di non pilotarne la destinazione. Ma evidentemente questa era una richiesta che per una mamma era impossibile da attuare. Infatti quando capitava che mangiavamo orecchiette alla vigilia di un compito in classe o di una interrogazione a scuola, come per magia mi capitava la recchia t’ la furtuna nel piatto.
A titolo informativo è bene ricordare che a volte la recchia t’ la furtuna non è facilmente riconoscibile per vari fattori. Il primo è che a causa delle sue grandi dimensioni tende ad assomigliare dopo la cottura ad un orecchio di elefante coi margini sfrangiati.
Inoltre spesso, come si dice in gergo medico, vi possono essere dei “falsi positivi” dovuti al fatto che a volte alcune orecchiette possono fondersi tra loro formando una pseudo-recchia t’la furtuna (la diagnosi differenziale viene fatta staccando i componenti della pseudorecchia).
I condimenti poi a volte possono renderne più complicato il riconoscimento. Pertanto quando mi resi conto che questa recchia mi capitava nel piatto sistematicamente alla vigilia di una performance scolastica palesai il mio disappunto a mia madre la quale mi promise che non ne avrebbe più pilotato la sorte. La cosa curiosa fu che dopo quell’ episodio la recchia t’la furtuna per più di una occasione capitò nella scodella del gatto il quale visse in ottima salute per lungo tempo.
“...Mai ‘na vota alla mamma cu ‘cappava? Ci puru la viteva, la scanzava, e tanta faceva ca la furtuna ‘rivava ‘na vota a me ‘na vota a te: ‘rivava la furtuna a tutt’ e tre. La mamma riteva, tre fili tineva, li tineva int’ lu cori tutt’ e tre. Cori ti mamma fuecu e fiamma! La recchia t’la furtuna ete na favula: la furtuna t’ li fili se’ tu mamma!”