I giochi di strada. Ci sono momenti nella vita in cui avvengono cortocircuiti spazio-temporali, in cui passato e presente, Oriente e Occidente, adolescenza e maturità si fondono in un tutt’uno dove i confini scompaiono ed i limiti appaiono diafani e arbitrari più che mai.
L’altro giorno stavo sistemando l’uno sull’altro alcuni ciottoli piatti, resi lisci e arrotondati dall’incessante lavorio delle onde del mare che per chissà quanto tempo li avevano accarezzati sulla spiaggia da cui li avevo raccolti.
Giochi di strada tra Oriente e Occidente
Era un lavoro in cui l’impegno era più importante del risultato, dove non importava tanto il realizzare un cumulo più o meno stabile quanto piuttosto perseverare pazientemente nel tentativo di riuscire. Si tratta di una pratica originaria dell’Oriente, dove questi sassi in equilibrio precario l’uno sull’altro arredano i giardini Zen e simboleggiano – tra le altre cose – l’impermanenza delle cose umane e riproducono in piccolo monumenti che a loro volta rappresentano i principi costitutivi dell’universo.
Occorre colpo d’occhio nello scegliere i sassi ed un certo gusto estetico nell’adattare colori e proporzioni, oltre ad un indispensabile sensibilità nel poggiare i sassi l’uno sull’altro senza che un gesto troppo brusco faccia miseramente crollare la torre già realizzata; un passatempo apparentemente semplice ma che richiede – come è facile immaginare – calma e concentrazione.
Avevo già incolonnato l’uno sull’altro quattro dei sassi che avevo scelto e mi accingevo a posare l’ultimo, che avrebbe così completato l’opera, quando giunse alle mie spalle una amica che – osservando le altre pietre ancora sul mio tavolo di lavoro – mi chiese con un tono tra l’ironico ed il curioso se stessi giocando “cu li runchiuli”.
Un lampo mi illuminò gli occhi ed in un attimo mi rividi adolescente, per strada con i miei amici, liberi e spensierati a giocare con quel che l’ambiente e la Natura ci offriva liberamente, sfruttando a piene mani fantasia ed immaginazione per supplire alla mancanza (semmai davvero mancanza fosse…) di giochi costosi e gadget elettronici che decenni dopo avrebbero ipnotizzato i nostri nipoti.
Giochi di strada. Li runchiuli
E’ alla curiosità dei ragazzi di oggi ed alla nostalgia di quelli di ieri che racconto cosa fossero “li runchiuli”, un gioco semplice ma non facile, che con infinite varianti di regole e modalità d’esecuzione (come spesso accade per tutti i giochi) è patrimonio comune del nostro territorio e prevedeva l’utilizzo di cinque sassi, più o meno tondeggianti, dalle dimensioni di un confetto. I serbatoi a cui attingere erano principalmente cantieri edili e strade in costruzione, dove era possibile trovare mucchi di ghiaia in cui cercare i sassi più adatti alla bisogna.
Questi cinque sassi venivano a volte ulteriormente lavorati, per renderli più lisci e rotondi, ma erano quasi sempre impiegati così come erano e quelli più adatti venivano poi gelosamente custoditi dai rispettivi proprietari, che li serbavano come un giocatore di poker avrebbe tenuto da conto il suo mazzo di carte fortunate.
Ricordate come si giocava? Come detto, nei giochi di strada le regole e le modalità di esecuzione cambiavano spesso non solo da paese a paese, ma anche da zona a zona e quindi ciò che valeva per uno era sbagliato per altri ma la mia memoria conserva una sequenza di gioco che cominciava con i partecipanti seduti per terra su una superficie liscia e piana, ideali i larghi marciapiedi, gli scaloni di accesso a chiese ed uffici pubblici e le lastre di marmo alla base delle vetrine di bar e negozi.
Si lasciavano cadere i sassi per terra per poi raccoglierli uno alla volta, lanciando in aria un sasso e mantenendo volta per volta in mano i sassi raccolti, recuperando al volo quello lanciato in aria. Se non si riusciva a raccogliere tutti i sassi da terra o quello lanciato in aria si perdeva il turno e toccava al nostro compagno di gioco tentare l’impresa.
Se invece si riusciva a raccogliere tutti e cinque i sassi, si passava alla fase successiva, in cui – dopo aver lanciato in aria un sasso – con un rapido gesto della mano i sassi per terra si dovevano raccogliere a due a due. Riusciti in questa impresa si passava poi a raccogliere prima un solo sasso, poi al secondo lancio tre sassi insieme e recuperare sempre quello lanciato in alto. Infine l’ultima prova era quella di lanciare in aria un sasso e raccogliere con un solo rapido gesto tutte e quattro le pietre per terra.
I giochi di strada richiedono destrezza e colpo d’occhio
Una variante di questa ultima fase di gioco, oppure una ulteriore prova di abilità, consisteva nel tenere in mano i quattro sassi, lanciare in aria il quinto e mentre questo percorreva la sua traiettoria battere a terra i quattro che erano nella mano raccogliendoli poi nuovamente tutti insieme prima di riprendere al volo quello lanciato in alto.
Una ulteriore evoluzione del gioco prevedeva ancora maggiore abilità e colpo d’occhio perché per cominciare si facevano cadere i sassi sulla superficie di gioco, se ne lanciava in aria uno e se ne raccoglieva un altro con la stessa mano con cui si riprendeva il sasso lanciato in aria. A questo punto si lanciavano in aria i due sassi raccolti, se ne prendeva un terzo da terra e si riprendevano i due lanciati e così via, sino a lanciare in aria e raccogliere al volo tutti e cinque i sassi. Come sempre, chi non riusciva nella prova passava la mano al suo avversario ed attendeva che sbagliasse anche lui per riprendere dal punto in cui si era interrotto.
Non mancavano ulteriori varianti, pensate per rendere ancora più impegnativo il gioco: in alcune il sasso da lanciare era posato sul dorso della mano, in altre i sassi potevano essere raccolti solo usando due o tre dita e così via. Si trattava di un gioco che vedeva impegnate prevalentemente le femminucce, come capitava per altri giochi in cui era prevalente la manualità fine e la capacità di manipolazione digitale come nel caso degli intricati intrecci realizzati con spaghi ed elastici, ma anche noi maschietti ci cimentavamo spesso, a volte per riposarci da stancanti partite di calcio o avventurose esplorazioni in campagna, altre volte perché costretti al coperto da pioggia o vento o – al contrario – da un sole feroce che infuocava le giornate estive.
L’origine del gioco
Questo era un antico gioco di società praticato dai Greci e dai Romani, tanto che le fanciulle greche e romane portavano sempre con sé un sacchetto con le pietre e si dilettavano in questo gioco di cui c’è una testimonianza anche nel Museo archeologico nazionale di Taranto.
Una ulteriore curiosità è legata a quella che potrebbe essere l’origine di questo gioco; la etimologia del termine “runchiuli” non è chiara, anche se probabilmente si riferisce ad un termine dialettale che richiama il gesto di rattrappirsi o stringere, in questo caso con riferimento alle dita che si stringono per ghermire i sassolini; l’ispirazione potrebbe invece essere venuta da un gioco simile in cui venivano impiegati degli astragali, ossicini di pecora o di montone.
Una testimonianza risale al V° secolo avanti Cristo e proviene dallo storico antico Erodoto di Alicarnasso che nelle sue “Storie” racconta che il popolo dei Lidi avrebbe inventato questo ed altri giochi per sopportare meglio una tremenda e prolungata carestia, al tempo di Atys, figlio del Re Mane.
Questo gioco in greco antico si chiamava “Astragalo” (ἀστράγαλος), ed il nome deriva dal fatto che per giocarvici si utilizzavano quattro dadi a quattro facce ricavati dagli astragali di ovini macellati. Ogni faccia possedeva un proprio valore (1, 3, 4 o 6). La combinazione più ambita era il colpo di Afrodite che consisteva nell’ottenere in un sol lancio tutte facce diverse. In latino si chiamava il giocattolo si chiamava “Talus” (plurale “Tali”), parola che anch’essa indica sia l’osso animale sia il dado che se ne ricavava.
Particolare singolare è che lo stesso osso impiegato per realizzare i dati venga chiamato anche “aliosso”, italianizzazione del latino “aleae ossum”, letteralmente “dado di osso”.
Nelle varie zone d’Italia il gioco era altrettanto diffuso, tanto al Sud che al Nord; nel Friuli Venezia Giulia il gioco si chiamava “Manette” mentre nella zona di Bologna “Manatta” e nel Veneto “Cinque os de persego” perché si giocava anche con cinque noccioli di pesca puliti e lavati invece dei sassi; Le cinque pietre sono ancora oggi lanciate in aria in Marocco ed in Madagascar dove il gioco si chiama “Tsibato”, in Albania dove è chiamato “Guraleca”, in Argentina con il nome di “Pajana”, a testimonianza del fatto che la fantasia e l’immaginazione dei bambini non conoscono confini e frontiere.