«Lascio la presidenza regionale di un partito che non sento mio. Lascio un partito che ha mutato la propria pelle. Lascio una militanza seria e convinta perché spazi di militanza, in questo PD, non ne vedo più. Lo faccio con molto rammarico.» Lo scrive Anna Rita Lemma, esponente del Partito Democratico tarantino e già consigliere regionale, mentre all’orizzonte si profilano cambiamenti nella segreteria provinciale ionica.
«Il mio impegno nel PD – scrive la Lemma, come nei DS sino a qualche anno fa, è sempre stato caratterizzato da estremo rispetto dei ruoli, cercando il leale confronto.
Non ho mai rinunciato a posizioni limpide sui temi locali e nazionali, espresse nei luoghi deputati come sui media, senza ricercare in accordi paralleli (o non espliciti) soluzioni o prese di posizione in merito alla linea da assumere in nome e per conto del PD.
Così facendo, ho sempre provato a sostenere nel mio partito la coerente attuazione dei suoi principi fondanti.
Ma oggi mi fermo qui.
La strada intrapresa dal PD non è la mia strada.
Non è quella di chi il PD lo ha fondato pensando ad una grande aggregazione di centrosinistra.
Troppe oramai le scelte di Governo, mai discusse e condivise con i livelli dirigenti territoriali, che mi vedono apertamente dissentire: scuola, jobs act, riforma del Senato, legge elettorale, tanto per citare i casi rilevanti.
Tutto ciò a fronte di una maggioranza parlamentare che vede il PD sempre più garantito da componenti di centrodestra organiche o in puntuale sostegno all’azione legislativa di un Governo nato in barba a qualsiasi minima regola di rappresentanza democratica.
L’invito a votare sul caso Azzollini ‘secondo coscienza’ respingendo così la richiesta di arresto – avallata già in commissione dopo l’analisi dei documenti – per un senatore della Repubblica, è apparso l’ultima contraddizione con il mandato elettorale che ci ha visti votare e far votare il PD alle ultime Politiche.
Un Partito è autenticamente democratico se è garantista dei diritti dei cittadini che vuole rappresentare e governare.
Questo è l’unico garantismo di cui mi sento portavoce.
E delle scelte locali, cosa dire? – aggiunge la Lemma.
Ho detto e scritto tanto. Il caso Ilva è esemplare.
Una vicenda gestita in modo incoerente, conflittuale e verticistico. Anche in questo caso le mie posizioni sono sempre state pubbliche, limpide.
Infine, le elezioni regionali vissute da me in un contesto PD (provinciale e cittadino) ostile.
I circoli territoriali di fatto mi hanno ostacolata quando non esplicitamente impedito di incontrare tesserati ed attivisti (forse perché in molti casi inesistenti?) nonostante avessi formalizzato la richiesta, in un clima nel quale dirigenti territoriali consigliavano di candidarmi in altre liste, le indicazioni del segretario regionale sono state disattese.
Anche l’analisi degli esiti elettorali, affidati al personale quanto discutibilissimo giudizio di qualche singolo, ha teso a minimizzare l’importante risultato da me conseguito, proprio perché tutto conquistato in assenza del PD di Taranto.
Ho sempre pensato che le battaglie andassero condotte dall’interno.
Forse in questo PD illudersi è stato un errore.
Ma come sempre ho preferito tenere la barra dritta, pagando anche questa coerenza e correttezza con un elettorato che non considera più il PD attendibile ed affidabile .
La modificazione genetica del PD è ormai conclamata ed io penso che non ci siano più anticorpi sufficienti per riportare il partito alle sue ragioni fondative.
La forma per me è sostanza – conclude Anna Rita Lemma- ed è impossibile continuare a militare in un partito solo per conservare una rendita di posizione.
Io sono la stessa Anna Rita che ha militato imparando nel DS e che nel suo piccolo ha saputo costruire un esempio tangibile di buona politica.
Qui mi fermo e da qui voglio ricominciare.»