«Ci aspettavamo che la “giornata di lavoro” indetta dal Commissario Straordinario per le bonifiche di Taranto fosse l’occasione scelta dalla dottoressa Vera Corbelli per illustrare alla città le linee guida di un cronoprogramma per la bonifica del mar Piccolo. Così non è stato.» Ad affermarlo in una nota ufficiale è Legambiente Taranto.
«Il commissario per le bonifiche – scrive sul suo sito internet l’associazione ambientalista ionica – si è limitata, sul mar Piccolo, a ripetere quanto già illustratoci durante un incontro svoltosi ormai quattro mesi fa: l’unica indicazione concreta resta quella della pulizia e dello sminamento dei fondali, da tempo annunciata ma che ancora non vede la luce. Per il resto nulla. Nessuna indicazione. Nessuna scelta. Nessuna previsione. Solo la reiterazione della scontata affermazione della complessità del mar Piccolo e della necessità di studiarlo con grande attenzione prima di effettuare qualsiasi intervento. Un fatto semplicemente sconcertante, inaccettabile considerato il tempo già trascorso
Basta ricordare poche date. L’istituzione del Commissario straordinario per le bonifiche risale a gennaio 2013, quando il Governo Monti nomina l’ingegner Alfio Pini, Capo del Corpo dei Vigili del Fuoco e istituisce una cabina di regia per realizzare gli interventi urgenti di bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione di Taranto. La consegna da parte di ARPA Puglia alla Cabina di regia dellostudio commissionatole sul Mar Piccolo, propedeutico alla bonifica, data aprile 2014 (anche se lo studio è stato reso pubblico solo a novembre 2014, dopo essere stato “secretato” per mesi). La nomina della dottoressa Vera Corbelli al posto del dimissionario Pini è del luglio 2014.
Siamo arrivati a luglio 2015 – ricorda la nota di Legambiente Taranto – e a un convegno pubblico, quindi, solo per constatare che dopo due anni e mezzo di commissario straordinario la bonifica del Mar Piccolo di Taranto resta un mero oggetto retorico, che due anni e mezzo non sono stati sufficienti per predisporre un cronoprogramma di interventi, che la responsabilità di effettuare delle scelte sembra restare lettera morta. Colpisce la differenza con le attività poste in campo per il porto di Taranto dove invece, positivamente, si è effettivamente agito. La bonifica dell’area del mar Piccolo a Taranto, gravato dai veleni dell’Arsenale Militare, degli ex Cantieri Navali di Fincantieri e del siderurgico, poteva rappresentare un momento di ripresa per una città in ginocchio. Ben 119 milioni di euro erano stati destinati complessivamente alla bonifica dell’area di Taranto inserita già dal 1990 fra quelle ad elevato rischio ambientale e dal 1998 fra i Siti di interesse nazionale. Di più: la bonifica del mar Piccolo poteva e, per noi, può ancora, diventare l’emblema della rinascita di una città martoriata. Ma il tempo continua a trascorrere inutilmente senza che venga effettuata una scelta, senza che vengano posti in essere interventi con il rischio che le risorse stanziate, già insufficienti, possano essere “distratte” o andare perdute.
Siamo perfettamente consapevoli della complessità dell’ecosistema rappresentato dal mar Piccolo e delle problematicità che tutti gli interventi ipotizzabili (bio remediation, capping, dragaggi) presentano: ma questo non può essere una giustificazione per non assumere decisioni, per non effettuare possibili sperimentazioni, per non indicare con chiarezza i tempi in cui dagli studi si passi agli interventi.Insomma: così non va.
A marzo 2015 il settimo decreto Ilva ha abolito la Cabina di regia e stabilito che il Commissario straordinario per la bonifica debba predisporre un Programma di misure, a medio e lungo termine, per la bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione dell’intera area di Taranto.
Stiamo ancora aspettando quello per il mar Piccolo – conclude la nota di Legambiente Taranto: non vorremmo che il tutto, come in moltissimi altri casi relativi alle bonifiche, si esaurisse in una miniera di studi foriera esclusivamente di nuovi studi, senza concretezza alcuna.
Alle istituzioni locali, dal Comune alla Regione, chiediamo di far sentire la propria voce, di assumersi il proprio, ineludibile, pezzo di responsabilità. Non si può continuare ad attendere in silenzio.»