C’è chi compra grano italiano e chi quello straniero. A Taranto, nei giorni scorsi, l’esempio positivo del contratto di filiera che impegna Barilla ad acquistare dai produttori ionici ad un prezzo minimo garantito, mentre a Bari – è notizia di queste ore – sbarcano 20mila tonnellate di frumento bulgaro che, invece, garantiscono ben poco.
«Ecco perché – attacca Luca Lazzàro, presidente di Confagricoltura Taranto – è necessario puntare sul grano nazionale per fare prodotti italiani: è l’unica garanzia vera per chi produce e per chi consuma.
La differenza – continua il presidente – quando poi si va ad acquistare pane, pasta e prodotti da forno nessuno la conosce: in etichetta non c’è l’obbligo d’origine per la semola. Ma l’effetto lo conoscono benissimo i nostri agricoltori che stanno assistendo al crollo del prezzo del loro grano ormai da diversi mesi.
I prezzi medi, secondo le ultime rilevazioni Ismea, sono calati nell’ordine del 41-45% per le diverse varietà di grano duro e del 15-19% per il tenero. Numeri preoccupanti che fanno il paio con quelli certificati, in direzione opposta, da una ricerca del Centro Studi di Confagricoltura: l’importazione di frumento estero è infatti cresciuto in volume del 53% e in valore del 79,3% in tre anni (dal 2012 al 2015), con un picco di 2,7 milioni di tonnellate nel 2014.
Per Lazzàro il segnale lanciato dal colosso Barilla va nella direzione giusta: «Realizzare una filiera tutta italiana basata su qualità e sicurezza alimentare è possibile se si riconosce il ruolo cruciale dei produttori in un sistema reciprocamente vantaggioso. Per questo motivo bisogna aiutare e sostenere i contratti di filiera e le aziende che vi aderiscono, perché è l’unico modo per garantire un prezzo equo e un reddito dignitoso al lavoro di migliaia di agricoltori.
Al tempo stesso, è urgente mettere un freno all’importazione dall’estero e alle possibili manovre speculative. La Commissione Unica Nazionale speriamo sia uno strumento utile in tal senso, ma bisogna accelerare sul versante dell’etichettatura trasparente e della tutela della filiera cerealicola italiana e pugliese in particolare, su cui chiediamo l’intervento concreto della Giunta regionale.
Chi invece vuol produrre o acquistare un made in Italy dimezzato lo faccia pure, ma per favore – conclude Lazzàro – ammaini il Tricolore».