«Il Psr Puglia 2014-2020 va modificato anche per permettere all’area tarantina di uscire dal disastro ambientale connesso all’inquinamento della grande industria». È una sorta di “clausola ambientale” quella che Luca Lazzàro, presidente di Confagricoltura Taranto, mette sul tavolo della Regione Puglia. E’, di fatto, la proposta più caratterizzante inserita nel “pacchetto” che Confagricoltura regionale ha presentato per modificare, in meglio, un Psr che sinora non ha spiccato il volo, mostrando diverse criticità in fase di applicazione.
«Uno strumento risultato inadatto, in particolare, nel “leggere” le specificità dei diversi territori – afferma una nota della organizzazione datoriale. In questa direzione, però, Confagricoltura Taranto ha già incassato un primo parziale risultato per le isole amministrative, per le quali – spiega Lazzàro – siamo riusciti ad ottenere l’inserimento da parte della Regione tra le aree finanziabili, mentre prima erano escluse, e ora si attende solo l’approvazione in sede UE. Resta tutta da affrontare, invece, la partita complessiva delle aree periurbane del Comune di Taranto, attualmente non finanziabili, e di quelle viciniori dei Comuni di Massafra, Statte, Montemesola e Crispiano, classificate come aree B cioè ad agricoltura intensiva e con bassa priorità di finanziamento nel Psr 2014-2020. «La nostra proposta – dice Lazzàro – è quella di riclassificare tutte queste situazioni come “aree D”, ossia con “Problemi Complessivi di Sviluppo”.
Partendo da considerazioni concrete, ad esempio il fatto che il Comune di Taranto è sceso sotto i 200mila abitanti e, quindi, non è più classificabile come polo urbano (come Bari), ma rientra nella fascia finanziabile, sebbene con bassa priorità, al pari di Brindisi, Lecce e Foggia. Senza dimenticare la “questione ambientale”: E’ necessario – rimarca il presidente di Confagricoltura Taranto – che la Regione Puglia prenda atto che l’area di Taranto, Massafra, Statte, Crispiano e Montemesola versa in una difficile situazione ambientale, sociale ed economica collegata direttamente alla presenza inquinante del colosso dell’acciaio. Un giovane imprenditore agricolo che oggi investe a Taranto o Statte va sostenuto e incentivato, perché ha un coraggio enorme e sta contribuendo fattivamente a ridisegnare il futuro di Taranto. Per capire quanto l’asimmetria del Psr sia stridente rispetto alla realtà, basti pensare che attualmente le uniche “aree D” in Puglia sono i Monti Dauni e il Gargano, ma non mi pare che esista alcuna altra zona d’Italia, come invece succede a Taranto, su cui sia vigente un divieto di pascolo per un raggio di 20 km attorno ad un grande complesso industriale: più svantaggiati di così….
Insomma, Confagricoltura Taranto chiede che per l’agricoltura del capoluogo ionico e della sua provincia si cambi decisamente passo: Solo con fatti e azioni concrete – rimarca Lazzàro – si presterà la dovuta attenzione nei confronti di Taranto: di pezzi di carta e vuote promesse abbiamo già i cassetti pieni. Ma per realizzare tutto questo bisogna rinegoziare il Psr Puglia con Bruxelles e con il supporto del Mipaaf. Ricordo che al tempo della conversione in legge del primo decreto salva-Ilva, noi chiedemmo di introdurre nel Tavolo Istituzionale per lo sviluppo dell’area di Taranto anche il Mipaaf, proprio per difendere gli interessi delle aziende agricole. Allora ci venne detto di no, perché l’agricoltura non c’entrava nulla con l’inquinamento: ora questa tesi non è più sostenibile.
Il Psr Puglia – conclude Lazzàro – è lo strumento migliore per finanziare un’agricoltura che sta pagando dazio alla vertenza ambientale e, se veramente si vuole cambiare Taranto, è il momento per cominciare a farlo seriamente».